Si ritrovò così a camminare per quelle strette via ciottolose con uno sconosciuto, ma non si sentiva a disagio, anche perché lui non le camminava accanto, piuttosto si muoveva con piccoli balzi da una parte all’altra della strada, come fosse stato un bambino: Clara trovava divertente quella sua bizzarra andatura.

“ Non mi ha detto neppure come si chiama”, domandò lei.

“ E non glielo dirò! abbiamo poco tempo, non sprechiamolo con le solite domande noiose “.

Chiara sorrise. “ Mi scusi, ma lei mi sembra un po’ matto “.

“ Grazie!” .

“ Guardi che non era un complimento “.

“ Per me lo è. Non lo sarebbe stato se mi avesse detto 'lei mi sembra molto normale' ”.

“ Quindi, non ci diremo nulla? “.

“ Le dirò cosa faccio: sono un inventore “.

“ Sì, certo “, rispose lei con un mezzo sorriso, “ inventore di cosa? “.

“ Di sogni, la gente non sogna più, si è intristita ”.

“ E come fa a inventare i sogni? “.

Lui ci pensò un po’ su: “ In realtà non li invento, aiuto le persone che li hanno a crederci un po’ di più... lei che sogno ha? “.

“ Io non ho sogni, ho già tutto quello che voglio “.

“ Impossibile “, disse lui, poi aggiunse: “ Mi ha mancato di rispetto! “.

“ Chi? Io?”.

“ Sì, lei! Sorrideva del mio mestiere, per questo merita una punizione “.

“ Una punizione? E di che tipo? “.

“ Deve saltellare sul posto a piedi uniti avanti e indietro per tre volte”.

“ Cosa? Ma non ci penso proprio”.

“ Ha ragione, mi scusi, lei ha una certa età e probabilmente non riesce più ad essere agile “.

Clara si sentì colpita nell’orgoglio: “ A parte che ho solo trentaquattro anni e vado in palestra tre volte a settimana, sono energica come una ventenne”. Si sfilò i sandali con il tacco e, accolta la sfida, si mise a saltellare. Il ragazzo rimase a guardarla soddisfatto, ma si distrasse quasi subito.

“ Cosa guardi? “, gli chiese Clara con un leggero fiato affaticato: aveva smesso di dargli del lei.

“ I citofoni... lo facevi mai lo scherzo di suonare e scappare via?”.

“Sì, che idiozia “. Lo vide allungare l’indice della mano destra dritto verso i campanelli di un’abitazione.

“ No, non farl... “ non riuscì a finire la frase che lui ne aveva già pigiati tre o quattro e correva via a gambe levate. “ Corriiii!“, le urlò.

Clara, scalza, con le scarpe in mano, si mise a inseguirlo. Corsero per tutta la via fino a quando non si ritrovarono all’ingresso dell’albergo dove Clara alloggiava. Lei rideva.

“ Ma che ti ha preso? Pensa che figura se ci beccavano “. Lui sollevò  le spalle, facendo intendere che non gli importava. “ La mia missione è compiuta: ti ho fatta ridere e arrivare a destinazione sana e salva “.

“ Grazie, sono stata bene “.

Ci fu un attimo di silenzio poi Clara, forse per via dell'adrenalina che le aveva messo quella corsa, si sentì di fargli una confidenza.

“ In realtà un sogno ce l'ho: vorrei essere madre, ma non ci riesco".

Lui si fece serio, la guardò negli occhi, le prese il viso tra le mani, la baciò sulla fronte e disse: “ E lo sarai: sarai una splendida madre “.

Clara fu risvegliata da quel momento quasi incantato dal suono del suo cellulare che aveva dentro la borsetta che teneva a tracollo.

“ Clara, ma dove sei? “.

“ Lorenzo scusa, non volevo farti preoccupare, ma non mi sentivo troppo bene e sono rientrata in albergo “.

“ Va bene, qui abbiamo fatto. Dieci minuti e arrivo “.

Chiuse la chiamata, rialzò lo sguardo e, con suo grande stupore, il ragazzo non c'era più. Salì in camera e si mise alla finestra sperando di riuscire a scorgerlo in lontananza, ma sembrava come essere scomparso.

Quando, poco dopo, Lorenzo rientrò, la trovò ancora così. L'abbracciò da dietro e la baciò sul collo. “ Mi dispiace se ti ho trascurata, ma rimedierò: promesso! E, per la tua pazienza, ti meriti un bel regalo “.

“ Sei tu il mio regalo “.

Si amarono con passione, ma anche con dolcezza, come solo gli innamorati sanno fare.

Clara non rivide mai più quel ragazzo né seppe mai chi fosse e, per un certo periodo, si convinse di esserselo sognato. Con il passare del tempo, però, il pensiero di lui, che era solita chiamare affettuosamente Gabriele, come l'arcangelo, la pervadeva di una gioia infinita perché, esattamente un mese dopo il weekend romano, scoprì di aspettare un bambino.

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