Vi percorreva la banchina fino in fondo, fin dove era possibile. Lo faceva ormai spesso, due volte alla settimana, quando non anche tre, a seconda dei periodi.
Del resto non gli costava nulla. Lavorava proprio lì a fianco, nei pressi di quella Stazione Centrale di Milano che fin da piccolino lo aveva affascinato.
Lo colpiva soprattutto il contrasto tra la mole imponente dell’edificio con le sue decorazioni che richiamavano una grandezza forse solo agognata ma mai goduta e il senso di leggerezza della parte dei binari, con l’enorme cupola di metallo e vetro.
E, pensava sempre con un sorriso ogni volta che l’argomento gli veniva alla mente, nonostante tale manifesta diversità non riusciva a preferire l’una o l’altra parte.
Non aveva un binario particolare che preferiva seguire per la sua passeggiata. Ne sceglieva uno a caso ogni volta, affidandosi un po’ all’istinto, un po’ alle persone o agli avvenimenti che vedeva.
Ma lo faceva senza pensarci troppo su. Arrivava all’ingresso, dava una rapida occhiata in giro e senza mai fermarsi prendeva una decisione. Di solito prediligeva percorrere i binari con qualche treno fermo in modo da potersi mescolare con i viaggiatori che andavano e venivano e con il mondo che si portavano dietro.
Ora camminava lentamente, lungo la banchina di un treno in partenza, diretto da qualche parte della Francia, probabilmente Parigi, che da lì a cinque minuti si sarebbe messo in moto.
Le persone erano ormai salite quasi tutte e si erano sistemate. Solo pochi capannelli erano rimasti o perché ritardatari o perché restii ad accomiatarsi da parenti e amici.
“Mi raccomando, chiama quando arrivi e fammi sapere” diceva un uomo ad una ragazza che si faceva abbracciare, “Si, si parto ora, speriamo in un viaggio comodo che subito quando arrivo ho un appuntamento di lavoro” si lamentava un uomo poco più avanti parlando al cellulare.
E poi qualcosa di incomprensibile detto da due ragazzi tedeschi che sistemavano i loro zaini ed erano appena giunti per partire.
Non aveva fretta. Era uscito presto dal lavoro approfittando della giornata tranquilla e non aveva nulla da fare. A casa la cena era già pronta. Gli bastava scaldarla.
Giunse nella sua camminata a uno dei sottopassi che puntellavano le piattaforme. Chissà, forse servivano per andare da un binario all’altro senza attraversarli in superficie. O forse, chissà, una volta erano usati e adesso no. O forse ancora, adesso sono usati dagli addetti ai lavori come scorciatoie. Boh, non sapeva darsi una risposta.
Buffo gli parve allora tutto ciò, perché dopo tanto tempo era la prima volta che pensava ad una cosa del genere.
Incontrò una ragazza, intenta a trafficare con una mappa della città. Era una turista francese appena arrivata e che cercava di orientarsi su cosa vedere appena uscita dalla stazione. Le parlò, gli offrì il suo aiuto, il suo francese, la sua conoscenza e ci scambiò due chiacchere. La parigina, come ebbe a scoprire, lo ringraziò e lo salutò proseguendo per la sua strada. Lui andò per la sua.
Fece un cenno di saluto ai facchini che ormai o troppo abituati o troppo affaccendati, non gli facevano neanche più caso.
E pensare che la prima volta che aveva passeggiato sulla banchina ne aveva attirati di sguardi incuriositi! Uno si era anche avvicinato chiedendogli cosa facesse e alla sua risposta così semplice (“Faccio un giro fino in fondo alla banchina e me ne torno indietro…”), si era allontanato con un grugnito, pur sincerandosi però che non avesse manie suicide.
Ora, invece, tutti sapevano e quindi anche loro tiravano dritto per la loro strada.
Ecco, gli ultimi metri e poi…spettacolo.
Tralicci e binari che si fondono insieme in un’opera più che mai metropolitana, torri ed edifici vecchi e nuovi simbolo di una Milano ormai andata, case in lontananza che costeggiano la ferrovia con buona pace dei loro abitanti… tutto in una splendida giornata di sole, l’ideale per vedere tutto questo.
Rimase lì a fissare il colpo d’occhio per un po’ di tempo con il treno di quel binario che dopo poco si mise in moto, scivolandogli accanto e sollevando una leggera brezza, quanto mai gradita per combattere l’afa.
Rimase così. Ancora qualche istante.
Poi, lentamente com’era venuto e con il treno che scorreva ormai giunto alla fine della sua lunghezza, iniziò il suo ritorno verso l’entrata.
Ancora qualche istante dove il qualcuno si faceva uno.
L’inizio del binario. Era arrivato.
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