Si svegliò prestissimo.
Guardò il soffitto, c'era ancora del fumo denso che galleggiava sulle loro teste, dilatandosi ed espandendosi; 
restringendosi e guizzando via al minimo spostamento d'aria, e poi tornava statico, fermo lassù, di nuovo a 
espandersi ed allargarsi, con quella lentezza disarmante.
E gli intossicava i polmoni e gli appestava i vestiti, ma era il loro odore ormai, la loro secrezione primordiale, fatta di un confuso mix di alcolici, beveroni d'ogni sorta; di erba e fumo, di sigarette amare.
Essenza di caos numero 5. 
Le felpe ne erano impregnate, loro ne trasudavano l'essenza.
A fatica riuscì a mettersi in piedi; ricadde sul letto. Si rialzò. Si strofinò la faccia, ricercò nella sua testa un qualcosa da fare, un obbiettivo da perseguire, e non c'era che casino, dentro e fuori. 
Inciampò in delle scarpe, quelle di Cass. Poi nelle sue. 
Si fermò nel bel mezzo della stanza, rassegnato all'idea di essersi alzato senza alcun motivo tangibile. Era semplicemente passato da una decisione discutibile ad una peggiore, fino a quella pessima di alzarsi dal letto, senza però aver nulla da fare, o da dire... o qualche insulsa faccenda legata alla vita quotidiana d'un comune mortale da sbrigare.
Quel giorno era - poteva - essere totalmente suo, come la notte appena passata. Insieme avevano fatto casino e si erano devastati, avevano riso e si erano fissati, nel cuore della città, agitandosi e rincorrendosi da un locale all'altro, da una festa all'altra, sbucando dai vicoli. 
Aveva ricordi confusi, di luci abbaglianti, musica profonda; un mal di testa tamburellante alle tempie, dove 
più rompe i coglioni.
Allora tornò a letto e si infilò pigramente sotto le lenzuola cercando di portarsele alle spalle, abbandonando però l'impresa a metà. Restò immobile, muto, con lo sguardo perso su Cass, sul suo viso, i suoi occhi ancora chiusi, la lentezza del suo respiro. 
Lei si svegliò quasi un'ora dopo, nel pieno della mattinata, quando era ormai evidente che sarebbe stata una tipica lugubre giornata di Marzo all'insegna della pioggia più fredda e gelida. 
Dischiuse gli occhi con sublime lentezza, si stiracchiò, si voltò verso di lui con un'espressione di totale, pura, empatica complicità.
"Sei qui...". Sussurrò, con l'accenno di un timido e assonnato sorriso.
"Anche tu." rispose lui, sfiorandole le guance. Aspettò che lei si mettesse a sedere sul letto, poi si alzò e andò a preparare del caffè. 
Al suo ritorno lei stava accendendo uno spinello.
"L'ho fregato a un tipo ieri sera, fuori dal locale.."
Lui si limitò a guardarla con un misto si soddisfazione e preoccupazione. Le mostrò un portafogli, poi porgendole la tazzina : "Anch'io l'ho fregato fuori dal locale... siamo a posto fino a venerdì."
Bevvero il caffè, fumarono lo spinello, poi lei raccontò a lui una storia, mentre gli accarezzava i capelli. Erano entrambi distesi sul letto, immersi in quella confusione; ai loro occhi appariva come il luogo più sicuro, silenzioso e appartato del mondo.
E probabilmente lo era. Il loro rapporto dava alle cose una strana luce. Dopo un po’ andarono a darsi una ripulita. Più tardi la mattinata si ingrigì sempre più, l'aria era carica si pioggia, un velo di seta bianca avvolse ogni cosa, in lontananza, al di là del parco. 
I grattacieli sembravano spenti e inutili come giocattoli senza batteria.
Cass si raccolse i capelli in una coda alta, ben stretti e tirati. Quando tornò in camera lui la vide e non poté fare a meno di restare nuovamente folgorato, come tante altre volte era già accaduto. 
La vedeva, la guardava, la fissava. Scrutava i suoi occhi di ghiaccio e ne restava stregato. Scattava un qualcosa di incomprensibile, inspiegabile, di cui nessun essere umano era mai stato vittima. 
La loro era ossessione, fiamma in costante ed eterna combustione, bisogno imprescindibile, simbiosi delle anime.
La sollevò per i fianchi, lei gli si avvinghiò alla vita, incrociando i piedi e aggrappandosi saldamente alle sue spalle. Fecero l'amore, immersi nell'armonia assoluta di quella realtà alternativa, in quell'appartamento inspiegabilmente sospeso al di sopra di tutte le cose, futili ed ingombranti. Ed era tutto immerso e zuppo d'elettricità, di vibrazioni che scuotevano l'anima. E di orgasmi urlati sulla pelle dell'altro, espressi a morsi e baci e strette, laddove le parole non avevano più utilità. Smarrimento. Romanticismo decadente, puro. Poesia fottuta. L'aria ne era pervasa, sotto forma di fumo. Restarono lì a guardarsi, lui sul fianco sinistro, lei sul destro, faccia a faccia.
I loro corpi stretti, il loro odore come una droga di cui aver bisogno reciprocamente, le loro anime a fondersi.

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