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È già un bel po' di tempo che sono in questa casa. Mi ricordo che mi avevano trasportato dentro una scatola e mi avevano strappato a mia madre e ai guaiti capricciosi dei miei fratelli. Che paura! Mentre erano passati pochi giorni da quando ero venuto alla luce, mi sono ritrovato da solo, con un bimbo che cercava di darmi un po' di latte con un biberon di plastica e che mi accarezzava. Avrei preferito il latte di mamma al sapore acidulo di quel latte, probabilmente di un altro animale e le coccole di chi mi aveva messo al mondo alle carezze artificiali di un bimbo, carezze sebbene piacevoli ma poco sincere. Mi dicevano che ero stato fortunato ad incappare in quella famiglia perché avrei avuto croccantini e scatolette ogni giorno e le cure mediche nei momenti di malattia. Mi era arrivata anche la notizia che un mio fratello era stato donato ad un carnefice, che lo teneva legato tutto il giorno ed abitava in campagna fra periodi di fame e di freddo e di zecche e pulci. Una mia sorellina era invece sfuggita alla sua padrona ed era finita sotto una macchina, che neanche si era fermata nonostante l'intralcio fra le ruote. Io, invece, abitavo dentro una cuccia in legno e dormivo su una cesta di vimini. Ero lì, a sorbire i capricci di quel bambino, che forse considerandomi un peluche, mi coccolava e a volte mi prendeva per la coda e mi scaraventava contro il muro. E poi mi afferrava per un orecchio e...che dolore!, si divertiva a farmi piangere. Una continua tortura la convivenza in quella casa. Del resto i suoi genitori mi avevano regalato al loro piccolo durante il suo compleanno e lui mi considerava un giocattolo particolare assieme agli altri giocattoli. Passarono i giorni, i mesi. Mi ritrovai cresciuto e nonostante conducessi una vita tranquilla, c'erano quei momenti di alta infedeltà che mi lasciavano di sasso. A poco a poco mi affezionai a quel bambino e lo protessi da tanti pericoli. Passarono i giorni, i mesi e le stagioni. E nel giorno del mio primo anno ricevetti una sorpresa inaspettata. - No, non si può più tenere in casa. E poi dobbiamo partire per le vacanze e non intendo scarrozzare il cane che, talaltro, pagherebbe completamente la tariffa quasi come un ospite. - Ed al bambino? Non ci pensi al bambino? - Al bambino diremo che si è allontanato e non è ritornato più. Gli compreremo stavolta un peluche. Vedrai che si consolerà e non avrà più l'incombenza di dargli da mangiare ed io di scenderlo tre volte al giorno al freddo e al gelo per i suoi bisogni. - Mah, come dici tu... L'indomani mattina mi ritrovai in macchina assieme al papà del bambino. Diceva" vedrai che faremo una bella passeggiata" e partimmo. Non ero abituato alla scarrozzata in macchina e scopri che soffrivo il mal di macchina. Vedevo che tutto mi girava ed avevo un senso di nausea, che non avevo mai provato prima, forse solo quando avevo mangiato un'erba amara e stetti per due giorni con il mal di pancia. Il viaggio fu lunghissimo, forse abbiamo pure espatriato. E mi ritrovai per strada, fra macchine che sfrecciavano come proiettili, affamato, spaventato, deluso. Abbandonato. Avevo ancora il collare al collo e non sapevo dove andare. Mi accoccolai vicino un paracarro e piansi. Mi sarei sorbito ancora le angherie di quel bambino pur di essergli accanto, avrei fatto la guardia per il papà del bambino pur di essere con loro. Ma niente. Ormai era tutto finito. Non sapevo dove mi trovassi. Non sapevo dove andare. Rimasi lì, per parecchie ore mentre il gelo della notte mi faceva tremare e la fame mi attanagliava. Perlustrai la zona e riuscii a trovare un osso preistorico tanto quanto era secco e duro. Mi accontentai. Cacciai un topolino. È questo fu il mio primo pasto da selvaggio. Rimpiansi il latte. Rimpiansi le botte del bimbo e le sue contraddittorie carezze. Rimpiansi la vita passata. Stetti in quel luogo per parecchi giorni fin quando mi convinsi che la vita deve continuare. Lo show deve continuare. E mi avventurai per attraversare quella strada. Annusavo una pista da seguire. Niente. Persi tempo sopra la carreggiata quando arrivò un proiettile d'automobile che frenò e mi fece volare oltre cento metri. Caddi rovinosamente nell'asfalto. Cominciai a perdere sangue. Pensai al bambino. Stava bene? Aveva pianto quando aveva scoperto che il suo cane non c'era più? Come avrebbe fatto senza di me? Non capii più niente. La macchina proseguì la sua corsa. E pensai ancora ....l'omissione di soccorso? Chiamate il 118! Niente di tutto questo. Rimasi senza vita su quell'asfalto mentre altre autovetture mi scansavano nel buio. Solo un passante in bicicletta, vedendomi, ebbe compassione del mio cadavere e mi trascinò oltre il ciglio della strada. E così si concluse la mia vita, questa fu la mia breve vita di cane. Avevo compiuto da poco un anno e già mi avevano considerato ingombrante per le loro maledette vacanze. E voi, se mai avrete un cane e vi sembrerà dopo qualche tempo che ormai è diventato ingombrante perché è cresciuto, affidatelo ad un canile, portatelo dove possa vivere dignitosamente da cane ma non abbandonatelo, ve ne prego. - -
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Utente Anonimo
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