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“Ce ne sono rimaste poche..” dissi accendendone un'altra. Lei si era già rivestita e cominciò a mettere le sue cose nella borsa. Alle cinque doveva prendere l'aereo per Milano, per fortuna che questa volta ci sarebbe rimasta solo un paio di settimane, giusto il tempo necessario per firmare e mettere in ordine i centinaia di documenti del divorzio. Erano passati due anni e ancora non aveva scritto la parola fine a tutta quella storia. “ Tornerò per la fine del mese tesoro, tu intanto cerca di concludere quel discorso con Marco, il prossimo mese bisogna cominciare a lavorare seriamente”. Io non risposi e spensi la sigaretta nel posacenere avviandomi verso il bagno. Chissà perché le donne hanno sempre fretta di rivestirsi per prime: si coprono il seno con un braccio come se non sapessimo come siano fatte al buio, adoro le donne ma certe cose non le capisco. Facciamo sesso da due anni di nascosto e ancora non si faceva guardare nuda da me. Che si fotta, per Dio! “ Sbrigati l'aereo parte fra mezz'ora!” Eravamo nel motel distante solo due chilometri dall'aeroporto, un po' per evitare di farci vedere, un po' per evitare di perdere del tempo utile per il sesso. Per non perdere dell'altro evitavo di togliere i calzini, odiavo non farlo ma si sa che quando li togli perdi del tempo dopo per rimetterli nel verso giusto. Le valigie erano già in macchina, pagai e lasciai sul comodino della stanza da letto un po' di soldi per chi l'avesse pulita. Il sesso fa schifo solo se lo fa qualcun altro, quindi cercavo di essere gentile con chi avesse dovuto fare il lavoro sporco. La accompagnai al check in cercando di stare al passo dei suoi tacchi quattordici e della sua chioma bionda ossigenata. Guardai la fila di persone che stavano partendo per Milano. C'erano anche dei bambini e qualche ragazzo sulla ventina con la propria ragazza oltre agli ormai numerosi uomini d'affari che prendevano i posti di terza classe. Pensai che fosse bella Milano anche se l'avevo vista solo in cartolina. Non ho viaggiato molto, in vent'anni sono stato una volta sola a Barcellona con degli amici e l'unica cosa che ricordo era che fuori da quello splendido bar irlandese si poteva fumare solo dopo aver superato il metro di distanza dall'uscita. La Sagrada Familia mi apparì davanti come un castello di sabbia bagnata e pensare che quella cazzata non era nemmeno finita: “Gli artisti sono davvero delle persone strane”, pensai; Dalì ebbe sicuramente la stessa impressione ma non poteva di certo ordinare di ridurla in cenere. Mancavano circa dieci minuti all'imbarco e lei era una delle prime in fila. Sapevo cosa le stesse passando per la mente in quel momento: le bionde hanno due cose in testa: i capelli e la lista dei vestiti da mettere durante un periodo di permanenza fuori città. Non puoi farci niente, sembra che nascano con una predisposizione per i vestiti, ma non si può certo dire che non sappiano come si fa. Non ho mai visto una bionda vestita male. Laura non era poi così stupida, aveva scoperto che il marito la tradiva dalla differenza di chilometri e dai ritardi dal lavoro sempre più lunghi. Non era gelosa, si fidava di se stessa. Ci salutammo velocemente, non c'era tempo per le smancerie da film e poi erano solo due settimane, forse. Io avevo ancora tempo prima che scadesse il cartellino del parcheggio quindi decisi di andare al bar a prendere un caffè. La zona fumatori era come al solito in ristrutturazione e dovetti per forza uscire fuori. Faceva freddo quel pomeriggio e decisi di dimezzarmi il tempo per riprendermi da quelle dodici ore con lei e di rimettermi in strada per tornare a casa il prima possibile. Avevo bisogno di un cacciavite per alzare e abbassare il finestrino dell'auto, i soldi per la riparazione andavano a finire in sigarette e preservativi. Non potevo di certo risparmiare sulla salute dei miei vizi, anche loro hanno bisogno di essere allevati come dei bambini. Alcuni di loro arrivano inaspettati ed indesiderati, ma la maggior parte delle volte si decide di tenerli. Ti fanno pena quando li vedi piangere mentre escono da quel buco, come se fossero tutti già a conoscenza che il mondo fa schifo e che non avrebbero mai voluto nascere con la stessa desolazione che avevano i tuoi nello scoprire che il preservativo era bucato. Avrei voluto rimanere in aeroporto per due settimane ed aspettarla li per poterla riabbracciare, ma non era possibile. Natalie mi stava aspettando a gambe aperte, non potevo farla aspettare molto. Scesi dalla macchina e cercai di entrare in casa il prima possibile per evitare di farmi vedere dai vicini: erano già incazzati di sentire a tutto volume quel suo orrendo cd di Vasco. Che ne sapevano loro che arrivava all'orgasmo solo cosi. Aprii la porta e la trovai seduta sul tavolo, con le gambe incrociate e le unghie quasi conficcate nel legno; aveva addosso la mia camicia preferita e di sicuro aveva rovistato anche nel secondo cassetto ed aveva trovato le manette. Volevo farle una sorpresa. Mi guardava come se volesse uccidermi a furia di morsi e graffiarmi alla fine con le sue unghie appena sistemate. Doveva pur provarle su qualcosa. Stavolta erano di un blu acceso e prepotente, le picchiettava in continuazione contro il tavolo. Mentre mi avvicinavo a lei mi accorsi per fortuna troppo tardi del braccio nascosto dietro la spalla. Troppo tardi per tornare indietro. In un attimo mi ritrovo ammanettato al piede del tavolo con lei che salta e ride per tutta la casa: sarebbe venuta a riprendermi più tardi. Era pazza e adoravo le sue manie, mi aveva fatto una sorpresa, ma avevo ancora due settimane per ricambiare il favore. Feci il mio dovere da schiavo del suo dannato sesso e andai a ripulire la stanza dal macello che aveva fatto. Quella bastarda aveva strappato le maniche della camicia perché secondo lei la facevano sembrare una bambina, erano troppo lunghe sia per lei che per me. Aveva ragione però. Stava distesa a fumare sul divano con una calma mai vista, con quel trucco rovinato e i capelli in disordine. Decisi di lasciar stare per un po' la stanza e godermi quel momento di pace fumando una sigaretta. “Devo dirti una cosa Giorgio...” buttò lentamente fuori dalla bocca il fumo ed aspettai di ascoltare cos'aveva da dirmi. "Devo andare via da qui per un paio d'anni, ho bisogno di provare nuove esperienze, nuove persone, ho ormai venticinque anni e non posso stare ferma qui per sempre." Avevo appena acceso la sigaretta e avevo già perso la voglia di fumare. Rimasi in silenzio per un minuto o poco più. Dissi: “ Fantastico, e dove vorresti andare?” “Non lo so, forse Milano. Mio cugino ha detto che c'è un ottima scuola di moda. Vorrei provare ad entrarci.” Ero abbastanza scettico sul suo significato di moda, non era di certo come tutte le altre ragazze, al massimo avrebbe potuto fare la modella, non la stilista. “Bene, allora andate tutti a Milano...” “Tutti? Tutti chi?!” Ogni tanto mi scappava una parola di troppo e lei cominciava ad innervosirsi, saltava a piedi uniti sulle gambe e mi bloccava le braccia sul divano. Da li in poi la vera tortura: domande, richieste, giri di persone ed orari che mi facevano impazzire. Sarebbe stata una benedizione se fosse andata via per un paio d'anni. Fatto sta che era troppo bella quando s'incazzava: adoravo farmi calpestare dalla sua forza, non che non avessi le palle di prendere il controllo della situazione; mi devastava la casa, ma metteva in ordine la mia testa come se nulla fosse. Senza di lei sarebbero state solo quattro mura arancioni.
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