Giorgio era finalmente arrivato a destinazione: carcere di Volterra, ala di massima sicurezza. 

Avevano chiuso il presunto mostro in una cella a prova di ogni tentativo di evasione, considerando che se era davvero lui il responsabile dei cinque omicidi commessi, la polizia si trovava davanti a uno psicopatico terribilmente pericoloso.

Giorgio era ancora una volta arrivato in ritardo. Il mostro colpiva sempre quando non era in servizio, ma i colleghi sapevano bene quanto fosse importante per lui porre fine a questo incubo, così lo contattavano immediatamente.

Per lui oramai era un fatto personale, perché la prima vittima era stata una sua cara amica, addirittura ex fidanzata, con cui aveva mantenuto ottimi rapporti. Anche Clara come le altre che l'avevano seguita, era stata trovata mutilata dei seni e con il torace aperto a metà lungo lo sterno, con un colpo di mannaia da macellaio. Probabilmente l'assassino era abituato a maneggiare grossi coltelli e mannaie. 

Il mostro aveva messo in crisi la vita di Giorgio in un momento molto importante, costringendolo a concentrarsi sulla caccia al serial killer. Così l'ispettore aveva dovuto convincere la nuova fidanzata a rinunciare ai loro progetti di matrimonio: a trentacinque anni, età ancora accettabile per mettere su famiglia, Giorgio aveva dovuto invece mettere da parte i suoi sogni a causa di un pazzo, che probabilmente si sentiva rifiutato dalle donne, magari figlio di una prostituta, e per tutto questo partoriva omicidi a ripetizione. 

La sua ragazza aveva faticato ad accettare la situazione che si era creata: "Non capisco perché vuoi rovinare la tua vita per dare la caccia a questo pazzo”. 

Lei non capiva e, sotto sotto, era risentita che la memoria della vecchia fidanzata uccisa dal mostro suscitasse sentimenti ancora cosi profondi nel suo uomo. 

Giorgio cercava di spiegarle che era suo dovere porre fine all'orrore, ma quando proprio lei sembrava non capire, finiva per dire cose che in realtà non pensava: "Mi sembri un mostro anche te, saresti pronta a passare sopra tutto e tutti pur di fare ciò che vuoi”.

Allora lei lo guardava in cagnesco. 

Ma per fortuna stavolta era arrivato il momento di mettere la parola fine a questo incubo. 

Il detenuto, un tipo di mezza età, basso e calvo, sicuramente da sempre in sovrappeso, non poteva essere ancora accusato con certezza, però il fatto di essere stato trovato accanto al cadavere dell'ultima vittima lo rendeva l'indiziato principale. E il modus operandi identico agli altri omicidi non facilitava di certo la sua posizione. 

Giorgio entrò a passi lenti, estremamente lenti, nel corridoio degli orrori: i maggiori assassini catturati dalla omicidi ‘bivaccavano’ in celle di nove metri quadrati, senza finestre che danno all'esterno, solo una piccola grata su una porta di metallo massiccio.

Il presunto mostro attendeva il suo destino nell'ultima cella, dove con le spalle appoggiate al muro del corridoio lo vigilava un celerino armato con una mitragliatrice. Giorgio guardò nella dentro la sua stanza.

"Finalmente ci conosciamo, non puoi immaginare quante volte sei apparso nei miei incubi”.

Il presunto assassino rispose con voce calma ma tremante, la voce di chi ha paura persino di manifestare la propria disperazione; capì subito di avere davanti un poliziotto interessato al suo caso.

"Non è come hanno supposto, non sono stato io ad ucciderla. Mi ero fermato solo per soccorrerla, ma era troppo tardi. Sulle armi del delitto non possono aver trovato le mie impronte”.

In realtà proprio in quel momento stavano terminando le analisi della scientifica sul coltello e la mannaia trovati accanto alla vittima, ma non c'erano impronte, erano stati usati guanti assai spessi. 

"Cosa ci facevi da solo in quella strada buia alle tre di notte?”

Giorgio finse di dare credito alle parole dell'indiziato, ma in cuor suo sapeva di volere solo che il colpevole fosse di fronte a lui, pronto ad offrirgli l'occasione di chiudere questa terribile storia.

"Ero andato con una prostituta. Non ho la macchina e la ragazza mi ha fatto diciamo il piacere di fare il suo servizio in un angolo buio, dietro un albero. Poi mi sono incamminato per rincasare e ho visto il corpo riverso sull'asfalto di una giovane donna. Il resto te l'ho già raccontato”. 

"E prima di arrivare a tarda notte cosa avevi fatto?”

"Niente, ero stato a casa. Volevo dormire, ma poi mi è venuta la voglia di una donna e non sono riuscito ad addormentarmi. Così ho deciso in piena notte di levarmi la soddisfazione”.

"Che tipo mi è toccato; avevi paura di partorire un figlio con una voglia a forma di… cosa?”

Il detenuto non rispose. Il suo sguardo lasciava intendere che non aveva più desiderio di difendersi presso chi non aveva la minima fiducia in lui. Ma la sua storia era troppo assurda, Giorgio non poteva darli credito. Anzi, decise di tornare sul luogo dell'omicidio, dove contava di trovare una prova cruciale, che gli avrebbe permesso di incastrare il maniaco.

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