Abito in una via privata con poco traffico e quando salgo in terrazza sono stupita dal silenzio in cui è immersa la natura. Gli uccelli che volteggiano nel cielo non fanno rumore. Le grandi palme che danzano al silenzioso sospirare del vento sono mute. Il sole, la luna e le stelle sorgono, tramontano e brillano senza far chiasso. I fiori si schiudono ed esplodono in sordina. La crescita degli alberi è forse annunciata da un’insegna pubblicitaria? La celebrazione che sento venire dalle zolle profonde della terra è senza parole, ma ritrovo poi questo stesso silenzio nel canto degli uccelli, nel ticchettio della pioggia, nello scrosciare dei tuoni, nel profumo dei fiori, nel cinguettio dei ruscelli e nel costante sciacquio del mare.

 

Anche il cielo, eterno e immobile, penetra ogni dove e ogni cosa dal dentro e dal fuori in silenzio. Non ho parole per descrivere l’amore che gli porto: la sua quieta bellezza mi affascina e il suo mistero mi attira come una calamita. 

“Quando ti guardo, o cielo, sopra di me come vorrei, o cielo, essere te!” .

Cosa mi spinge a scrivere queste righe e cosa vuol dire per me essere “cielo”?

 

Mi sembra di essere sospesa nel vuoto della vita con la testa all’ingiù, perché è nel cielo che sprofondo sfrontatamente le mie radici: antico ma sempre fresco, libero, immutabile, non invecchia mai. Azzurro e immenso anche quando nascosto da nubi è diventato, a forza di guardarlo e senza che me ne accorgessi, una connessione con l’infinito. Essere cielo, solo per la libertà di esistere. E sento che il corpo, da fedele compagno, mi lascerà libera di raggiungerlo, quando sarà il momento.

 

Sento il cielo come testimone della mia esistenza e di tutta la vita su questa terra, ma anche come una cappa di protezione. Certo la vita non esisterebbe senza di lui! Mi stupisce perché contiene, accoglie e protegge ogni cosa senza giudicare, interferire o incoraggiare. Prendiamo le nuvole per esempio: è nel cielo che trovano la loro ragione di esistere e senza apparenti radici, ma contenute dall’infinito, con brio ed eleganza si spostano allegramente in lungo e in largo, camuffandosi nei modi più impensati, in una danza silenziosa quasi al rallentatore. Anche le nuvole mi hanno dato da riflettere su cosa ci faccio io in questa grandiosa sinfonia silenziosa.

 

Non mi sento forse radicata in un vuoto dal sapore di terra, senza famiglia, senza patria, spinta senza apparente direzione dal soffio misterioso della vita, ma al tempo stesso sostenuta e protetta dall’infinito? Certo lasciata sola con me stessa, ho l’insicurezza come compagna, ma, forse anche grazie all’età, posso vivere senza obiettivi da raggiungere, ideali da difendere, progetti da sostenere. Tutto cambia troppo velocemente dentro e fuori di me e anche i miei attaccamenti non durano mai a lungo.

 

Ma quale non fu il mio stupore quando per la prima volta, anni fa, in una meditazione guidata, ci fu chiesto di entrare dal terzo occhio nel nostro cielo interiore, immenso come quello fuori di noi. Chi l’avrebbe mai immaginato che potessimo contenere l’infinito e tutto l’universo? Ricordo ora che un maestro, all’invito di andare ad ammirare fuori casa i bellissimi fiori piantati per lui, rispose che ne vedeva di molto più belli a occhi chiusi! Wow! I sensi che guardano dentro… una realtà altra…!

 

E così intanto osservo le nuvole come delle presenze aeree amiche e sento che, come a loro, tutto mi è permesso sotto questo cielo e posso finalmente completare le mie righe: “Come mi guardi tu, o cielo, come vorrei che io guardassi me!”

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