Era autunno inoltrato, e la vasta zona di colline boscose era quasi deserta.

 

L’uomo dell'articolato da cava guidava spedito e sicuro lungo la strada forestale.

I suoi avambracci pelosi agivano con consumata sicurezza sui comandi. L’abitacolo ampio ma essenziale era invaso dal fumo della sigaretta forte senza filtro che gli pendeva da un angolo della bocca, dal rumore possente del grosso diesel turbocompresso e dalla luce del sole appena sorto sull’orizzonte che, attraverso il parabrezza chiazzato di aloni e schizzi di fango, si riverberava sui vetri e sulle cornici metalliche dei numerosi indicatori.

L’uomo, che percorreva spesso l’itinerario e lo conosceva bene, riusciva a tenere una media di almeno 35 miglia, anche senza poter vedere chiaramente la strada. Le sue pupille contratte e vigili ricostruivano il percorso attraverso le palpebre cispose socchiuse. Uscendo dalla curva a doppia esse l’uomo spinse a fondo sul pedale del gas, e il pesante mezzo accelerò fino a raggiungere beccheggiando la massima velocità, sbandando leggermente sul terreno a tratti fangoso del lungo rettilineo intercalato da poche curve appena accennate, fra gli alti alberi.

 

L’uomo del trattore forestale procedeva ad andatura sostenuta lungo la pista nel bosco.

Il fondo viscido non rallentava più di tanto il pesante convoglio, e i tre rimorchi carichi di tronchi seguivano con fedeltà le traiettorie impostate. Le mani callose e possenti erano appoggiate, rilassate, una sul volante e l’altra sulla leva del cambio. Lo sguardo fisso in avanti cercava di ricostruire l’andamento tortuoso del percorso: il sole del mattino, basso alle sue spalle, faceva rilucere in modo abbacinante le numerose pozzanghere fangose, rendendo la strada quasi invisibile nelle brume del mattino. Aveva percorso la pista tante volte nella vita, e ormai avrebbe potuto farlo anche ad occhi chiusi. Tra poco ci sarebbe stata la breve salita al passo di Water Cliff, poi, dopo una discesa appena accennata, un tratto in piano con poche curve su cui non era necessario rallentare.

Sui due ampi tornanti che salivano al passo l’uomo dovette ridurre l’andatura, scalando con perizia le marce; poi, giunto alla sommità, il convoglio riprese rapidamente velocità, e si affacciò ormai lanciato dalla semicurva sul lungo rettilineo.

 

Accadde tutto in pochi attimi. I due giganteschi mezzi si proiettarono a velocità impressionante uno verso l’altro, ciascuno ingombrando l’intera careggiata. I conducenti, accecati dai riflessi, accennarono solo all’ultimo una manovra disperata quanto inutile.

Lo schianto fu inevitabile e terrificante; dopo il lungo boato, nella polvere, pezzi delle macchine disintegrate esplosero in tutte le direzioni. Poi entrambe le carcasse si coricarono oltre il ciglio e rotolarono, dapprima con lentezza sinistra e poi sempre più velocemente, lungo il ripido pendio a valle della strada, abbattendo alberi secolari come fossero fuscelli.

 

Dal fondo della gola, nel silenzio irreale seguito al fragore prolungato dell’urto e della rovina, si levò un sottile filo di fumo.

Poco dopo i timidi scoiattoli grigi fecero di nuovo capolino dalle loro tane, nel sole ormai tiepido, alla ricerca di qualcosa di buono da aggiungere alle loro provviste per l’inverno.

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