La luce tenue del corridoio illuminava il pavimento lucido dove, in un angolo, riposava abbandonata una bottiglietta d’acqua mezza vuota.

Il silenzio riempiva lo spazio un po’ spettrale del reparto, un silenzio pieno di attesa, un silenzio senza parenti e senza carrelli, un silenzio con gli ascensori fermi.

Lei era nel piccolo studio, la seconda guardia in una settimana, una sostituzione non desiderata e mal digerita.

Lui a casa, sicuramente davanti alla tv o forse con il PC acceso, a lavorare per colpa della solitudine.

 

“Antonella, quello del letto 33 si sta lamentando per dei forti dolori.

E’ una colecisti operata ieri, sembra tutto OK, apparentemente non ci sono segni strani a parte un gonfiore e un lieve arrossamento vicino alla ferita……”

 

“Arrivo………”

 

Il tono della voce era quello di chi viene svegliato nel pieno della notte, ma lei era sveglia e non avrebbe dormito, anche se lo desiderava tanto.

Andò nella stanza vicina e cercò la cartella nello schedario.

Nulla di particolare, tutto senza problemi: “colecistectomia laparoscopica su un paziente di settantacinque anni”…, tutto secondo la prassi, i colleghi non segnalavano nulla di particolare e anche la terapia era la solita.

 

“Settantacinque anni…….la stessa età di mio padre” pensò e si avviò verso la stanza in fondo al corridoio.

 

C’era buio, solo la luce sul letto illuminava un volto pallidissimo dove brillavano due grandi occhi verdi.

Dal letto a fianco si sentiva russare forte…….

Guardò ancora il volto e quegli occhi verdi: “Chissà come sarà stato da giovane……”

Con questo pensiero sollevò la coperta e gli scopri il fianco, lui non si lamentava ma il suo viso mostrava, con gran pudore, tutta la sua sofferenza.

Controllò la ferita, era a posto; palpò l’addome delicatamente senza rilevare nulla di anomalo poi si accorse di quel punto messo un po’ di traverso – non tutti i chirurghi sono anche bravi sarti – una sciocchezza ma dolorosa.

 

“Guarda è quel punto messo male. Diamogli un antidolorifico, poi domattina quando smonto avviserò in modo che lo mettano a posto…..”

 

Si abbassò verso quegli occhi che la fissavano e, con dolcezza, accarezzò quei radi capelli bianchi appoggiati sulla fronte: “Ora le diamo qualche cosa per calmare il dolore ma stia tranquillo non è niente, domani mattina i miei colleghi sistemeranno tutto……”

 

Le pieghe del suo viso si rasserenarono:

“Grazie dottoressa. Sa, ho una figlia proprio come lei, mi sembra di avere vicino la mia “bambina”….”

Sollevò adagio la mano e la toccò lievemente sul braccio aggiustando una piccola piega del camice.

Si fissarono per un secondo lungo un’eternità.

 

Rientrò nel piccolo studio e guardò l’orologio: le tre e mezza, doveva cercare di dormire.

Si sedette sulla poltrona spense la luce e distese le gambe pensando agli occhi verdi di quell’uomo che poteva essere il suo papà.

 

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