È magra, 175 centimetri di altezza.
Sui 40 anni.
L’accento è veronese.
Una costituzione minuta, un poco androgina.
Porta i capelli cortissimi, un taglio maschile, tinto color rosso mogano.
Un naso prominente, con due piercing che la rendono particolare.
L’azzurro degli occhi lo intuisci, ma li butta all’indietro e non se li lascia guardare mai.
La minigonna nera non nasconde una lunga cicatrice sulla coscia sinistra. Pare incisa a fuoco con la lama di un coltello.
Il braccio ha piccoli tatuaggi: stelline, scritte, simboli.
È in crisi d’astinenza.
Quello seduto accanto a lei nel corridoio di questo treno è del Burkina Faso; parla perfettamente in italiano ed è velocissimo nel cogliere le sfumature.
Ha come delle antenne che captano ogni minimo sguardo, come un ramarro in attesa.
Sulla trentina. T-shirt rossa, jeans con tagli decorativi.
Sfuggente ma presente.
Tempo due fermate e lei gli propone un telefono a 30 euro in cambio di una dose che ne costa 50 e che lui può darle.
Lei è in tensione, lui è calmo.
Lui distoglie la sua attenzione parlando con amabile cortesia alla ragazzina diciottenne dai capelli lunghissimi, seduta nel posto accanto.
Capisci che è tutt’altro che stolto.
Lei torna all’attacco.
È un telefono nuovo, ha pochi mesi.
Gli toglie la scheda, glielo allunga e gli raccomanda di pulirlo per bene.
Lui fa un cenno di assenso, di chi conosce bene il daffare.
Lei appunta due numeri su un foglietto e fruga nel piccolo zainetto ciò che le è rimasto da vendersi.
È una bella donna.
Cade un poco in trance, apprendendo che per arrivare a Vicenza serve ancora mezz’ora.
Su questo treno si soffoca dal caldo. Lei chiede se può andare a dormire da lui, è scappata via.
Non saprei dire da chi o da cosa.
Credo che sia una donna abituata ad imprese di sopravvivenza estrema.
Lui pare il saggio del villaggio e continua a conversare con la ragazzina. Poi si gira e le conferma che può andare a casa sua, glielo dice con la flemma con la quale risponderebbe ad un famigliare.
Lei ha un borsone blu scuro, con dentro un po’ di vestiario, gli dice che ha tutto lì.
Tutti i suoi averi sono lì.
Lui ispeziona il contenuto con l’esperienza di un doganiere provetto e le fa cenno che ca va bien!
Può andare da lui.
Scendono insieme a Vicenza, per arrivare al supermercato servono ancora 10 minuti.
Lei è impaziente, lo è ogni secondo di più.
Scendono al volo nel caldo umido di una sera d’estate, di sciopero.
Lei pare felice, lui anche.
L’unica triste sono io.
Seduta ad ore 12.