Il negozio è molto più grande di quanto non possa sembrare vedendolo dall’esterno. La cassa è situata su un bancone in vetro.

Guarda quante schifezze che vende questa qui, commento dentro di me osservando caramelle e dolciumi con nomi incomprensibili. Dietro vedo le mensole di cui mi parlava, piene di oggetti tipici della Cina. Ci sono le lanterne in tessuto tonde e rosse, con ideogrammi neri ricamati sopra; il gatto con l’aria felice che muove la zampa avanti e indietro; quella specie di fantasmino che appendono alle finestre per cacciare i demoni; ci sono pure i ventagli rotondi tipici della Cina e un set di oggetti che sembrano quelli utilizzati durante la cerimonia del té. Poi c’è un posto vuoto.

- Il vaso era lì - esordisce la vecchia indicandolo.

- Hāi āyí. Nǐ wèishéme bǎ zhège báirén fùnǚ dài dào zhèlǐ? -

Una ragazza, avrà vent’anni, compare da dietro una porta con appeso sopra un grosso segnale di senso vietato con sotto scritto “私人 – 不允許訪問”. Non è molto alta, ma ha degli stupendi capelli neri e lisci che le arrivano alle spalle, con un seno generoso e una vita stretta. Si vede che è cinese, ma i suoi lineamenti sembrano tendere di più verso quelli di noi occidentali.

- Buonasera, sono l’agente Berti della Polizia Municipale - mi presento.

- ‘sela - risponde la ragazza sbuffando.

- Lei è mia nipote Zhen, signorina. -

Non sono signorina, sono un’agente per te!

- Zhè shì shénme yìsi? -

Odio quando parlano in un’altra lingua davanti a me. Lo trovo un grandissimo segno di maleducazione.

Cos’è, non vi volete far capire? Sei coinvolta anche tu nella tresca fra tua zia e mio marito?

- Tua zia mi ha detto del furto del vaso. Mi diceva anche che nel negozio avete installato delle telecamere di sorveglianza - la incalzo.

Quanto prenderei a schiaffi pure te, se potessi.

Devo stare sulle scatole a questa ragazza. Mi guarda dall’alto in basso. I suoi occhi si stringono fino a formare due fessure, come se volesse evitare che la rabbia le fuoriuscisse dalle sclere. Scuote la testa, come se non approvasse la mia presenza.

- Se potessi visionare le registrazioni di oggi pomeriggio e acquisirle potrei scoprire chi ha rubato il vaso e fare in modo di recuperarlo.

- Dànshì zhè shì shénme yìsi? Fāsòng tā! -

La vecchia zia la guarda con compassione.

- Su, da brava, fa’ vedere le registrazioni all’agente. Non vuoi che il vaso sia ritrovato? -

- Non mi intelessa! Lei non le vede! -

Mi passa oltre, tentando di tirarmi una spallata. La evito e cerco di afferrarla, ma è agile e riesce a sgattaiolare via. In quell’attimo infinitesimo in cui mi passa accanto però, ecco che lo sento. Lo sento ancora. Quell’odore, quel profumo. Quel puzzo intenso di profumo di Marsiglia. L’odore del tradimento di mio marito. E della mia vergogna.

Anche lei? Perché ce l’ha anche lei addosso? Come mai è così forte? Cosa vuol dire? Che significa?

- Questo è intralcio alla giustizia! - le urlo dietro - Verrai denunciata! Ne subirai le conseguenze! -

- Nǐ tā mā de! - mi risponde, mostrandomi il dito medio.

Ed in più ci aggiungiamo oltraggio a pubblico ufficiale.

- La perdoni agente, è solo una ragazzina - cerca di scusarla la vecchia.

- Una ragazzina impertinente - rispondo scocciata - dovrò fare rapporto. -

La cosa che mi sta turbando però, più che quel comportamento maleducato, è l'odore.

- Ma vi piace così tanto il profumo di Marsiglia a voi cinesi? - chiedo senza neanche accorgermene. Mi metto la mano sulla bocca, come se potesse far tornare indietro il suono delle mie parole.

La vecchia mi guarda con la solita serenità, senza turbamento. Ma in quella serenità colgo un pizzico di confusione. Infatti se ne sta lì a guardarmi senza dire niente.

Vecchia stupida, riderai meno quando i video incastreranno te e Mario!

- Signora, mi farebbe vedere dove sono le telecamere? -

- Uh? Ah, certo agente Berti, prego. -

La signora mi fa strada e mi fa vedere la collocazione delle telecamere. Prendo una scale e le studio per un po’. Come sospettavo, sul retro di ogni telecamera c’è un alloggio per una scheda di memoria SD. Rimuovo tutte le schede, spiegando alla vecchia che gliele avrei riportate dopo averle visionate in centrale. Mi congedo e mi avvio verso l’auto d’ordinanza.

- Lo avevo provato a fare una volta un paio di anni fa con l’intenzione di venderlo ai clienti - esordisce lei senza preavviso.

- Uh? - le rispondo, colta alla sprovvista.

- Il profumo di Marsiglia. Me lo aveva chiesto poco fa, non ricorda? È un profumo che piace tanto anche alla mia Zhen. Quando lo feci per la prima volta lei lo annusò spalancando bene le narici e rubò la prima boccetta. “Che buonooo!” mi disse, “questo deve essere mio!”. Da quel giorno me lo chiede regolarmente ogni due settimane. Lo consuma più in fretta di quanto creda.

Forse mi vuol dare una mano dicendomi queste cose, ma sinceramente sono solo più confusa.

Vuole sviare i miei sospetti, ma non ci riuscirà. Adesso guarderò le registrazioni da cima a fondo e poi vedremo se farà ancora l'enigmatica e la saputella!

La saluto con un cenno della mano, poi monto in macchina e sfreccio via.

 

La notte è stata un macello. Al mio ritorno, Giorgio era sparito dietro ad una pila enorme di carte e scartoffie da controllare e da firmare. Per un po’ mi sono offerta di aiutarlo, ma il telefono della mia stanza suonava con una frequenza abbastanza raccapricciante per una città tranquilla come Prato. Fortunatamente nella maggior parte dei casi erano scemenze (fra le telefonate, una mi segnalava la nuova apparizione del fantasma del generale R.F. De Cardona vicino al duomo), ma per tre volte mi sono dovuta scomodare dall’ufficio per recarmi sul luogo da dove veniva la chiamata.

In conclusione, è arrivata la fine del mio turno senza che sia riuscita a visionare le registrazioni del negozio.

Quando torno a casa, sono sola. Mario non è in camera né in cucina e nemmeno in soggiorno.

Ha cominciato presto oggi, penso infastidita.

Prendo il mio portatile dal piccolo tavolino di cristallo davanti al divano e me ne vado su in camera. Potrei stendermi sul letto a guardare tutti i filmati, ma preferisco mettermi sulla scrivania vicino alla porta finestra.

Così potrò rinfrancarmi con la splendida visuale di Galceti.

Getto uno sguardo sul vasto parco poco distante. Nonostante l’orario, si sta già cominciando a popolare di anziani mattinieri e di ragazzini che hanno fatto forca a scuola.

Accendo il computer e attendo un paio di minuti il suo avvio. Sono lì con la mano pronta ad infilare la scheda di memoria nell’apposito slot. L’attesa è così forte che mi ricorda quando, ancora diciassettenne, decisi di aspettare la mezzanotte del 5 gennaio 2008 per acquistare, assieme ad altri fan, l’ultimo libro di Harry Potter.

Inizio a visionare le immagini. Passo un’ora intera a fare avanti ed indietro con i filmati di almeno due delle sei telecamere. Di Mario e della vecchia neanche l’ombra. Vedo solo per brevi istanti Zhen, la nipote, passare davanti agli scaffali.

Stupida io che continuo a guardare queste due telecamere inutili!

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