Quando scoprii che Anna mi tradiva con Luca, soffrii fino a perdere di vista me stesso. Non le dissi nulla per tenermela ancora accanto ma la gelosia mi rese pazzo. 

 

Presi a frequentare delle prostitute per placare la voglia di lei. Andavo con ragazze straniere che caricavo nelle zone buie della città. Sapevo che non avrei trovato pace ma ero sconvolto dalla rabbia. Una sera ne portai una a casa. Anna sarebbe rientrata tardi per una riunione di lavoro. L'ennesima bugia per passare la notte con Luca. Decisi di farmi raggiungere da una puttana del giro che conoscevo. Arrivò Carmen, la brasiliana con i capelli ossigenati e le tette rifatte. Era un bel giocattolo da maneggiare. Porca e disinibita, era una delle poche a cui piaceva essere pagata per fare sesso. Accettava qualsiasi condizione. Lo facemmo sul tavolo della cucina. Fu una scopata memorabile ma il godimento lasciò spazio alla vergogna quando Anna sopraggiunse. 

 

Era rientrata prima del previsto. Aveva assistito alla scena dal soggiorno. Con una voce roca, quasi metallica, mi chiese di andarmene. Se avessi dato retta all'istinto, avrei spaccato tutta la casa invece, come un robot, feci una doccia e uscii.

In seguito cercammo di perdonarci a vicenda ma non ci riuscimmo. Anna si ammalò di depressione. Una mattina mi chiamò la domestica per dirmi che era svenuta. L’ambulanza l'aveva portata in ospedale. Una crisi d’ansia. La curarono e la affidarono a una nota psicologa, Giulia Valenti. Iniziò a riprendersi. L'ultima volta che la vidi era uno splendore. La maturità le aveva regalato nuovo fascino. Da mesi non vivevamo più insieme ma continuavo ad amarla. Sapevo che sarebbe tornata da me, presto o tardi. Ma ciò non si avverò perché morì in un incidente d’auto. Uno scontro frontale che la fece soffocare nel fumo dell’esplosione. 


Rimasi scioccato e iniziai a stare male. Soffrivo di disturbi sempre più ricorrenti. Il medico mi disse che era colpa dello stress. Non feci esami. Sapevo quale era la causa dei miei disturbi: la follia d'amore per Anna. 

Quando Giulia Valenti mi contattò, tanti ricordi affiorarono nella mia mente. Voleva parlarmi. Mi chiese di raggiungerla in ospedale. Mi confessò di lei e Anna e vidi negli occhi della psicologa amore e nostalgia. Ora viveva con un'altra donna, Eva. Mi chiese come mai avessi una brutta cera. Anche lei era meno bella di come me la ricordassi. Così, con il tono che solo i medici riescono ad assumere, mi diede la notizia: aveva l’Aids. 


Le date dei test a cui si sottoponeva periodicamente non lasciavano spazio a dubbi. Aveva contratto il virus da Anna. La psicologa rimase in silenzio a lungo fissandomi con i suoi occhi azzurri. 

 

Si alzò, si diresse verso la finestra e, guardando verso il viale alberato, mi disse: "Fabio, da quanto tempo sapeva di aver contratto l'Aids? Solo un imbecille può scopare con una puttana senza precauzioni e lei non lo è. L'ha fatto di proposito. Ha pianificato la sua morte e quella di Anna". E, voltandosi verso di me, aggiunse: "Ha fatto morire un'altra volta quella povera creatura. Lei è pazzo. La denuncerò!"


Quelle furono le ultime parole di Giulia prima dello sparo.

 

 

 

 

[N.d.R. per meglio apprezzare il testo si consiglia di leggere i racconti precedenti dell'autrice]

 

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