A volte nel fondo buio delle serate estive c'è un arcano silenzio. Nell'umidità cavernosa delle ventitré solo qualche piccolo gruppuscolo di giovani rompe il ritmo cantando a squarciagola canzoni che non riconosco. E a quei canti risponde un abbaiare guerriero di cani da giardino, che s'accaniscono contro barriere di siepi, addosso a ringhiere arrugginite.

Dopo, quando tutto questo passa, s'insinua piano piano il canto remoto di qualche rapace notturno. Un “huhu” isolato, cui segue un secondo “huhu” dopo qualche decina di secondi. È allora che nella mia insonnia si inserisce un ricordo infantile: io che guardo con la bocca a ventosa sulla vetrina dei dolci di pasta di màndorla ad imitazione dei fichi, dell'uva, delle arance e dei limoni. Erano (sempre nel mio ricordo) indistinguibili dai frutti veri se non per una leggera patina che li rendeva opachi e meno vivaci. Altri invece, quelli che al centro, sovrana, mostravano una enorme ciliegia candita, avevano il normale aspetto dei biscotti; a forma di stella, di rombo o ricamati come fossero merletti di filigrana.

Entravamo in quelle pasticcerie di Taormina con gli occhi strabuzzati. Sembravamo una comitiva di bambini golosi in una sorta di regno fatato che profumava a tal punto da far esplodere di colpo quella che non si può definire fame, ma brama, cupidigia.

Quei pasticceri erano talmente abili ad arredare le loro miracolose botteghe, che l'insieme dei colori, unito al senso dell'olfatto, scatenava nei sensi degli avventori una sorta di sommossa delle papille e della saliva, che scendeva senza controllo dalla bocca alla gola.
Oro, rosso, giallo vivo; macchie brune di cioccolata e nastri; praline e confetti candidi o rosati. Qua e là un asinello con il suo carretto carico di dobloni di màndorla e canditi e teste di turcomanni ornate da grappoli rossi di caramelle.

Cosa prendiamo” chiedeva mio padre. Non lo faceva con la supponenza del padre costretto ad accontentare la golosità del figlio. In lui c'era la voglia di avere e soprattutto di condividere con noi quello che lui non aveva potuto avere da bambino e da ragazzo.

Lo immagino quando da militare passava magro con la bustina in mano e guardava le stesse vetrine senza una lira in tasca. Quando per “diciotto mesi e diciotto giorni” non poté permettersi che qualche bicchiere d'acqua fresca con due gocce contate di anice.

Ora questa sua voglia di avere era una sorta di rivalsa, ma una rivalsa buona. Non volta a sé ma a noi che eravamo con lui.

Voleva che la Sicilia che lui amava ci entrasse in qualche modo nel cuore. Non era consapevole, il mio buon papà, che qualsiasi cosa noi condividessimo con lui entrava come un treno in corsa direttamente nella nostra anima; perché l'anima accoglie sorridente tutto ciò che riceve con sincerità.

E allora io indicavo o questo o quello e quello e lui rideva di cuore.

“Buono, buono! Non possiamo comprare tutto il negozio! Guarda bene e scegli una cosa: ma una cosa soltanto. Poi altre cose buone ce le facciamo mettere in una confezione e le portiamo a casa

Il mio indice piccolo e paffuto indicava quasi sempre un frutto di pasta reale. Non credo ci sia al mondo qualcosa di più piacevolmente scandaloso. La pasta reale è un peccato divino. Qualcosa che per profumo, sapore e consistenza al morso e al palato si può certamente equiparare ad una sorta di Paradiso del gusto.

Issavo in alto quel mandarino profumato di màndorla e al primo morso chiudevo gli occhi. Era una reazione che nasceva in me spontanea. Chiudere gli occhi come per far sì che quell'attimo durasse in eterno. E ad ogni morso lo guardavo quel frutto, perché diminuiva e io non volevo che diminuisse. Volevo un miracolo che lo facesse ricreare mentre si consumava. Volevo un'orgia di marzapane; volevo essere soffocato dall'amaro zuccheroso di quelle màndorle.

Ma tutto ciò che dà gioia irrimediabilmente ha fine. Non è la stessa cosa per ciò che ci addolora. Le cose negative perseverano, assillano e tormentano a lungo. Quelle buone no: finiscono presto. E non è vero che ci ricordiamo di più le cose o le persone ostili. È che nella vita queste ultime sono in maggior numero (assai maggiore) di quelle generose ed altruiste.

Se io penso alla mia famiglia, facendo un semplice conto sulle dita delle mani, posso dire con estrema certezza che solo mio padre ha dimostrato negli anni costantemente e faticosamente, ma con una ostinazione guerriera, di essere un'anima che spargeva positività intorno a sé. Gli altri vi si abbeveravano come ad una fonte meravigliosa e non furono paghi fino a che questa non disseccò. E nonostante videro che oramai era prosciugata, continuarono a grattare e a grattare, cercando gocce e così facendo lo fecero morire.

Io ero lì quando morì. Cercavo angosciosamente di dare acqua a quella fonte. Mi disperavo che oramai non accostasse più le labbra vizze al bicchiere. Ma una fonte che dona acqua, non accetta acqua che torna in essa. E' capace solo di donarla. Nessuno gli ha insegnato la malizia di servirsene.

E quando il frutto finiva immancabilmente mi leccavo la punta delle dita. Era l'ultima, disperata cerca di un desiderio esaudito di cui però, non siamo mai completamente paghi.


 

Anni dopo parcheggiai davanti ad una famosa pasticceria romana. È un ricordo vivido. Entrai e vidi alla mia destra un cesto di paglia con una cascata di frutta mandorlata di ogni dimensione.

“Mi da mezzo chilo di questi?”

La ragazza prese una busta candida, la allargò con le mani con un gesto rapido, come chi ne ha l'abitudine e con aria distratta e distante (del tutto inconsapevole) mise le mani in quella cesta prendendo a caso. Era una pesca miracolosa. Prese una pesca ma rimpiansi il fico; scelse l'arancia e io rimpiansi la prugna. Presi l'involto e mi precipitai in macchina. Guidai fino al mare ogni tanto guardando alla mia destra, sul sedile del passeggero, l'involucro tentatore. Arrivai fin quasi alla riva. Lontano, dietro ad un groppo di nuvole azzurre, lampeggiava.

Aprii e infilai la mano all'interno. Ne trassi un simulacro di banana che mordicchiai sulla punta, come per farne sfregio: con crudeltà e foia. Presto fu il momento della mela, che ingollai con il peccato sulla lingua e poi del fico, che leccai avidamente dalla fessura lasciata aperta come se fosse davvero un frutto maturo caduto dalla pianta.

Sotto il temporale che picchiava sui vetri consumai un grappolo d'uva dal colore leggermente acerbo. Preso dalla disperazione sollevai il sacchetto e feci finire sulla lingua le scaglie minime che erano restate. Sorridevo soddisfatto, come colui che ha appena terminato di amare essendo ricambiato. Avevo in fondo alla gola il sottofondo di quel sapore. Avevo lo stomaco vinto, succube, dolente.

Avevo tutto.

Tutti i racconti

1
1
6

Pasta reale

15 August 2025

A volte nel fondo buio delle serate estive c'è un arcano silenzio. Nell'umidità cavernosa delle ventitré solo qualche piccolo gruppuscolo di giovani rompe il ritmo cantando a squarciagola canzoni che non riconosco. E a quei canti risponde un abbaiare guerriero di cani da giardino, che s'accaniscono [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

1
1
7

Un grande amico

15 August 2025

Dopo una giornata in ufficio, avevo proprio voglia di fare due passi. Camminavo senza meta, con lo sguardo basso e le mani in tasca. — Ninuzzo! Uè, Ninuzzo! Mi volto. Un uomo sulla cinquantina si avvicina con passo deciso. Ha un completo bianco un po’ appariscente, camicia nera sbottonata fino [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

1
1
4

Domenica 31/8/2025 last kiss (1/2)

15 August 2025

Sono arrivato tardi, dopo le nove il parcheggio è un incubo, io stavo pensando di mettere la macchina sotto alle fresche frasche, invece già è tanto se trovo un angolo ombreggiato, i ricordi del passato ti fanno fare delle imbecillità senza pari, il posto dove andavo al mare quando ero piccolo, [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

1
1
4

Lo strano caso della signorina C. (3 di 3)

15 August 2025

Aveva capito. Sconsolato uscì dall’ufficio e tornò nel modesto albergo dove aveva preso alloggio provvisorio. Ora c’erano cose più importanti a cui badare, non ultima trovare un lavoro, dal momento che il modesto gruzzolo che aveva portato con sé gli sarebbe bastato sì e no un paio di settimane, [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

4
2
18

La Selva Oscura : lo strano caso dell'Ovivorus montanae

14 August 2025

Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l'etterno dolore, per me si va tra la perduta gente. Dante, Commedia, Canto III, 1-3 Lo strano animaletto del Montana di Angela Thatcher, Divulgative Paleontology, Settembre, 2034 Un piccolo mammifero, lungo appena 15 centimetri e del peso di [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

6
5
22

Lucia

14 August 2025

Eh sì, la storia di Lucia la conoscono tutti in paese, non ne parlano volentieri perché dicono che i morti vanno lasciati in pace, però se incontri la persona giusta e la lasci parlare, puoi stare sicuro che prima o poi il discorso cadrà sulla storia di Lucia. Cambia addirittura il tono della voce, [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Ondine: Con il mistero si inizia e con il mistero si finisce, in un susseguirsi di [...]

  • Dario Mazzolini: grazie amici per i commenti. Sto pensando al dopo. Ho qualche idea... ciao

1
1
8

Lo strano caso della signorina C. (2 di 3)

14 August 2025

Concetto, però, non era niente affatto femmina, anzi lui non sapeva neanche che per lo Stato era un individuo diverso da come appariva. E non se ne avvide se non quando divenne adulto. Per dirla tutta, Concetto aveva sofferto non poco l’imposizione di quel nome piuttosto raro, vuoi perché appunto [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

2
2
16

Lo strano caso della signorina C. (1 di 3)

13 August 2025

Ildebrando Farnesi, a dispetto dell’altisonante nome e dell’illustre cognome, era in realtà un uomo semplice, per non dire sempliciotto. A dire il vero, la sua casata era stata potente in epoche remote; tuttavia, manteneva ancora una certa influenza nel paesino di Roccafelice e solo in virtù di [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

2
2
29

Caschi il mondo

13 August 2025

Era un bel pomeriggio di ottobre a Viareggio. Scesi dall'autobus e mi diressi verso la casa di Franco. Suonai il campanello. Come si aprì la porta me lo vidi davanti. Non riuscii a dire le parole che mi ero preparata. Per l'emozione buttai subito fuori il rospo. “Ciao” dissi entrando “Cosa ci fai [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Paolo Ferazzoli PRFF: I like.
    Se qualcuno cerca in questa storia originalità, di certo [...]

  • Vittorio: si hai ragione non ci sono tratti originali, d'altronde volevo raccontare [...]

1
2
15

Il capo 3/3

12 August 2025

Naturalmente gli unici che avevano qualche probabilità di farcela eravamo io e Lorenzo, perché eravamo gli unici maschi, anche considerando Lorenza che era una specie di maschietto sotto le sembianze di una femmina. “Ci scambieremo le parti una volta alla casa, non voglio che rischi solo tu”, affermò [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

0
1
13

I 5 cavalieri prescelti: da eroi a mostri

Storia di invenzione di David, 12 anni.

12 August 2025

In principio c'erano due bambini: Gesù e Florian. Crebbero e col tempo le loro strade si divisero, perché fra i due era nato e si era sviluppato l'odio a causa delle loro visioni discordanti sul mondo. Gesù era dedito all'amore e alla creazione, come suo fratello Florian che però non si curava [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

2
2
20

Il capo 2/3

11 August 2025

Fino ad allora avevamo giocato agli indiani con una specie di capanna gialla che avevamo sistemato sul suo balcone. Gli era stata regalata da suo padre per il compleanno, ma era così stretta all'interno che ci si poteva stare al massimo in due e in piedi. Naturalmente erano solo Enrico e Lorenza [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

Torna su