Certo Oz, certo. Ma senti, perché non provi questa. E’ una doppio malto, argentina. La faccio io. Dal malto alla birra, dalla Patagonia alla patta aperta sul mio water.    
La fai proprio tu?    
Certo Oz! Due volte all’anno prendo un volo per l’Argentina. Dormo trenta giorni nella prateria con il vento sulla schiena. Sento gli schioppi dei bracconieri che inseguono i puma che inseguono le pecore che cercano di divorare il mio malto. Parto prima che sorga il sole per ammazzare i bracconieri.    
Non dovresti ammazzare i puma?    
No Oz, i bracconieri ammazzano i puma che ammazzano le pecore che mangiano il mio malto.    
Ma i bracconieri sono persone.    
Il malto, Oz. E’ quello il punto. Le pecore mi fanno perdere soldi, moltissimi soldi. E i bracconieri non sono dei filantropi.    
Ma i bracconieri soffrono. E l’altro giorno per strada una tizia mi ha convinto che allevare le bestie è sbagliato, o forse è addirittura peccato. O forse è un peccato allevarle quando le puoi trovare allo stato brado. Adesso che ci penso forse intendeva quello. Insomma di sicuro non è bene.    
Poco importa, io sparo a quegli affari schifosi, sale e bestemmie. Poi vedi se ci provano ancora!    
Ma non potresti persuadere i bracconieri a non uccidere i puma?    
I soldi Oz. I bracconieri guadagnano, Oz. Tutti oggi guadagnano, Oz. A parte te, tutti provano a mettere in tasca qualcosa. Ma quando loro guadagnano io ci perdo. Quindi li scaccio via.    
Ma non potresti dargli dei soldi?    
Col cazzo. Torniamo al punto.    
Giusto Pavel.    
Mi segui?    
Ti seguo, vai.    
Quando sono laggiù all’alba parto veloce in sella al mio criollo bruno. Il sole sorge veloce mentre la luna sfuma da qualche parte, romanticamente. Stormi di uccelli si levano dal suolo. Dopo quattro ore arrivo al nido dell’aquila. Dopo otto ore ho male al culo. Dopo dodici ore vedo il fumo di un falò abbandonato dai bracconieri. Ormai è troppo tardi. Decido di tornare. L’ansia mi attanaglia. Sferzo il mio criollo. Lo lancio al galoppo sulla prateria. Decine di chilometri di erba e vento. Erba e vento. E pericoli ovunque. Scorpioni, serpenti, puma feroci, bracconieri, sabbie mobili, preti francescani, allevatori di bestiame, coltivatori abusivi, cacciatori di ufo, esploratori, teorici del catastrofismo, teorici del marxismo, ex gerarchi nazisti, gente di ogni dove, animali di ogni dove, tutti prima o poi finiscono in Patagonia, tutti finiscono laggiù per questioni losche. Quando finalmente ritorno al mio terreno è già passato un altro giorno. Sono distrutto, mi apposto con la carabina su un picco. Quei bastardi torneranno, prima o poi torneranno. Sento il puzzo di una scoreggia di bracconiere. Sparo un colpo di avvertimento - Bang! - Poi mi addormento qualche ora. Giusto il tempo di riprendermi per un’altra giornata. E questa vita per mesi. Tutti i giorni così. Con il sedere in frantumi. E lo faccio solo per questo posto, per l’Occidente assetato, per quelli come te, capisci Oz?    
Cavolo Pavel, tu si che fai le cose con passione.    
Esatto, passione.    
Pavel mi serve un consiglio.   
Dimmi.    
Devo sapere se…    
Eccoli qua, passavo giusto per un saluto - dice Ernesto dopo essere entrato ed aver abbordato il bancone.  

    

Si alza un sipario immaginario. Sullo sfondo Ernesto. Ha sessantotto anni, ogni tanto balbetta. Beve da quando ha iniziato a lavorare a sedici anni. Ci tiene a ricordare di aver fatto il militare. Entra e si siede incespicando tra gli sgabelli di fianco ad Oz. 

 

Come va Oz?    
Insomma, come al solito.    
Eccoti la tua.

    
Ernesto afferra con la mano destra la birra. Quella spillata al volo da Pavel. Questa sbava un po’ fuori, poi piano piano si quieta e torna calma nel boccale. Quindi porge la sinistra a Oz per salutarlo. Ma la ritrae subito e appoggia la birra al bancone.

    
Oh scusa, quasi dimenticavo. Magari siete superstiziosi.

   
Ernesto stringe la mano ai due con la destra. Quindi inizia.

   
Un’estate ero in vacanza in Sardegna. Stavo salutando un mio amico e gli ho dato la mano sinistra. E lui - Sei matto? Non sai che porta male salutare con la sinistra?    
Ah si? - dice Oz    
A quanto pare si.    
Si, questa la sapevo. Interviene Pavel. C’era un qualche nobilastro o arciduca o qualcosa del genere che un giorno, salutando un altro nobilastro come lui, gli porse la sinistra. L’altro sovrappensiero contraccambiò ma, mentre i due si avvicinavano per il saluto, questo venne colpito dal pugnale che il primo teneva nella destra. Insomma la classica storia da isolani in lotta con il mondo.   
Proprio così.   
    
Oz pendeva ancora dalle labbra di Pavel. Era agganciato a quel pensiero. Qualcosa però non tornava.   
    
Scusa Pavel, ma se il pugnale era nella destra, allora non bisognerebbe salutarsi con la sinistra?    
Cosa dici? Beh…aspetta. Cazzo Oz, forse hai ragione.    
Eh eh eh - ridacchiava Ernesto digrignando i denti.       
Eh si! Se il pugnale è nella destra il saluto va fatto con la sinistra. Rincarava Oz compiaciuto.    
Ma no! Ma no! Il tranello è nella mano sinistra. Il nobile l’aveva ingannato con un segno di pace, un gesto d’affetto che nascondeva la fregatura.     
Già già, hai ragione Pavel. Proprio una fregatura.    
Sentite sono passato solo per un saluto e devo andare. Ci vediamo. Questa bevetevela voi.  

 

E così come era arrivato Ernesto se ne andava. Ernesto non usciva mai deliberatamente con qualcuno. Lui “passava”. Arrivava salutava, diceva due cose superflue, e andava. Sembrava avesse sempre in ballo qualcosa. In realtà tutto il giorno passava. E ridacchiava. Da un posto all’altro Ernesto salutava e andava. Si fermava solo in due occasioni, facilmente riconducibili ad una. La notte, quando dormiva. Il pomeriggio, quando riposava. Il resto del tempo passava. E faceva cose.     

   
 

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