La sera quando torni riapri la tua valigetta per gustare finalmente in santa pace le tue parole preferite: acquisti: quanti acquisti hai fatto? Potere: quanto hai accresciuto Il tuo potere? Il tuo contante spendibile? Tanto da poter mostrare sufficiente Good standing e stoffa da leadership. Ma basta una persona soltanto, una donna, tua moglie, a distruggerlo tutto quanto il tuo potere sbattendoti in faccia ogni sera la minestra fredda che ormai è diventato il vostro rapporto: i 900 watt del microonde non bastano a riscaldarla, la rendono invece schifosa, rancida e inevitabile più che mai; sei scettico per principio, ricordatelo; dividi con scrupolo il sesso dall’amore come dividi i tuoi capelli in due masse schiacciate con uno spartiacque tracciato tenendo il pettinino inclinato tutte le sacrosante mattine davanti ai miei occhi; è ovvio che per te, un matrimonio, non può che risolversi in questa cosa qui.

 

Allora ti rannicchi sul divano davanti alla tv; non vuoi sentire ancora la mia voce dallo specchio intenzionata a cancellare le parole dentro la tua valigetta e alzi il volume; perché tuo figlio non l’hai mai conosciuto veramente, considerandolo un essere a te inferiore per età e tutto il resto; uno sfigato, come dici tu, che passa tutto il suo tempo tra libri e computer ; non ne valeva la pena perderci troppo tempo, entrarci in confidenza; solo, tu, padre, hai da insegnare; lui è un frutto insipido, un insulso fagotto che pure cerca di dare un senso alla propria vita quando tu, sai benissimo, la vita non averne alcuno; perciò ti rannicchi e alzi il volume. Ti visualizzi mentre chiuso in bagno fai animalescamente sesso con la segretaria, la gonna alzata, i collant che devi stare attento a non strappare nonostante tutto, le mutandine di raso, infine l’annientamento senza volto che ti fa sprofondare nel pizzo del suo reggiseno; una tirata di sciacquone per far finta di niente con gli altri, lei un’aggiustatina al trucco, ed è fatta. Torni ad essere dio di te stesso. Una vetta circondata dal nulla.

 

Finalmente ti addormenti. In realtà è ipnosi da tv, del cervello sedato dalle pubblicità occulte. Quando ti riprendi vai a letto, passaggio obbligato davanti allo specchio, ma non ti volti, e questo non ti fa chiudere occhio tutta la notte.

 

Oggi ti sei svegliato presto, già carico di odio generico, e hai deciso finalmente di affrontarmi. Hai bisogno di sfogarti, di iniettare il tuo veleno nella prima cosa che si muove nel raggio di un miglio ma a quest’ora trovi solo me; mi sono offerto io volontario d’altronde: è questo che mi rinfacci? Io, a mia volta insonne, quale vittima sacrificale; il tuo riflesso nello specchio, lo scrittore; e tu il personaggio. Finalmente occhi negli occhi, una parola via l’altra, adesso lo sai, perché se non mangi vieni mangiato, se non compri vieni comprato, se non leggi vieni letto: non è questa la tua filosofia? Con un pugno mi prendi in pieno senza che io ne rimanga minimamente colpito; diciamo che era prevedibile. Vuoi vedere chi c’è dentro lo specchio. O meglio: vuoi la conferma che non ci sia nessuno, cosa di cui già sei intimamente convinto. Quello che invece non puoi sapere è che c’è ancora una parola nascosta in fondo alla valigetta; ce l’ho lasciata apposta per rovinarti il pasto, la lenta digestione che comportano tutti quei no, costringerti a vomitare tutta l’intera tua esistenza e a ricominciare da capo, ricominciare da zero.

 

Un’ammissione di colpa. Ecco cosa ti ci vuole innanzitutto.

 

Da scrittore ho questo piccolo vantaggio su di te, eheheh: decidere il seguito della storia.

 

Tua moglie ancora una volta non ti trova nel letto. Infilando la destra nella sinistra e viceversa striscia con le ciabatte fino alle scale dove tu la scorgi emergere dalla penombra lunare come un’Erinni. Ha deciso. Vuole sapere la verità. Ti volti a guardarla e i suoi occhi allucinati e sfatti dal sonno si accendono di rabbia. Perché sulla faccia hai una nuova espressione. Beffarda, direi. Chiaro che la stai sfidando. Prendi figlio e gatto, presenti anch’essi sulla scena, come testimoni di quanto stai per dire e lo dici:

 

"Ebbene sì" sì, dici, il tuo primo, vero si "Me la sono scopata! Almeno tre volte!"

 

 

A questo punto potresti. Invece no. Non vuoi darmi la soddisfazione. Mostrarti sconfitto. La cosa mi disturba. Le urla di tua moglie non le senti nemmeno. Un interrogativo ti si è acceso dentro. Da buon scettico, hai subodorato immediatamente il tranello, il perverso meccanismo del finale a sorpresa, e vuoi rigirarmelo contro. Ormai siamo in guerra. Decidi di rispondere colpo di scena su colpo di scena, qualcosa magari di meno spettacolare ma più definitivo. Qualcosa che mi metta a tacere, proprio me, lo scrittore.

 

Mentre aspetti sul marciapiede l’arrivo del taxi che ti porterà in albergo, apri la tua valigetta. Ridi di gusto perché dentro c’è il tuo portatile. Quello che usi per connetterti al mondo, giocare in borsa, tenerti costantemente aggiornato. Ma non questa volta. Questa volta entri in un file word fittamente vergato. Per accedere serve la password, che mostri di conoscere alla perfezione. È il nome di mia madre. Ti specchi per un attimo nello schermo poi con il tasto freccetta arrivi in fondo e scegli. Ecco quello che fai, scegli, in modo del tutto autonomo, una parola, anzi, la parola, trasgredendo alla regola che la vorrebbe di mio uso esclusivo. Regola di cui te ne freghi. È colpa mia. Ho armato io la tua mano rivelandoti troppe cose e dimenticando un fondamentale dettaglio. Con un lampo di genio ci arrivi, basta digitare un tasto. Perché l’ultima parola rimasta non è “sì”. Mi sbagliavo. L’ultima parola rimasta è anche l’unica possibile da parte tua, e la sola in grado di sovrapporre le nostre esistenze, i nostri destini, rendendoci uguali e opposti.

 

Pronunciandolo a bassa voce clicchi, quattro lettere, un suono, una presa di coscienza, e dopo aver sottoscritto tutto, dalla mia corsa pazza in mezzo alla strada, al taxi che mi investe, a me (lo scrittore, tuo figlio), che finisco dritto sotto le ruote nel disperato tentativo di fermarti, riportarti a casa, concederti un’altra chance, ecco che lo clicchi: CANC; file eliminato; avviare pulizia del sistema.

 

 

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