Pioveva a dirotto da più di un'ora, Totò da dietro i vetri allungava lo sguardo fino all'inizio del viottolo che portava dritto al cancello della villa dove risiedeva da quando era nato.
Era un po' in ansia per quel tragitto che Serena doveva percorrere da sola, dalla fermata dello scuola-bus, proprio all'inizio del viottolo, fino al portone di casa. Stava per imbrunire, eh sì, in inverno alle 5 è già scuro, specie in quel piccolo borgo poco fuori Bagheria, Baucina, dove la vegetazione gettava ombre pesanti seppur ben conosciute e innocue.
Ecco, la luce dei fari e un forte squillo di clacson segnalò l'arrivo dello scuola-bus e allora Totò sgranò gli occhi in trepida attesa. Tre secondi (interminabili) e Serena apparve ciondolante sotto il peso dello zaino, l'ombrello in una mano e l'altra a trattenere il cappuccio dell'impermeabile giallo. La seguì con gli occhi Totò, s'inteneriva sempre a questo rito del rientro da scuola.
La sua mente volò all'indietro... balzò nel tempo fino a 14 anni prima, quando sua figlia Giulia, ancora allieva dell'Accademia di Belle Arti di Palermo, tornò a casa con gli occhi che le brillavano, e con un leggero batticuore ma con decisione disse:
"Mi devo sposare... sì mi devo sposare… lo voglio... sono incinta!"
Totò per un attimo si sentì tremare le gambe mentre sua moglie, Rosetta, lanciò un urlo e si accasciò sul divano.
"Rosetta... Rosetta... ti porto un po' d'acqua... stai calma", e tentò di rianimarla con piccoli buffetti sulle guance e bagnandole la fronte, ma allo stesso tempo sentì un'ondata di tenerezza e con lo sguardo abbracciò la figlia.
Quelli che seguirono furono giorni pieni di novità, conobbero Gianluca, si iniziarono i preparativi per le nozze.
Fu un bel periodo, Gianluca era socievole, in gamba, aveva già avviato un piccolo studio di architettura assieme a due colleghi e poi si vedeva, si sentiva, che amava Giulia, le cui rotondità si accentuavano ogni giorno di più.
"Carissimo Gianluca, "Totò" mi devi chiamare, per me sei già come un figlio, ti stai prendendo la persona a cui tengo di più, curala bene, ne sarai ripagato in felicità"
Aveva gli occhi lucidi Gianluca, che il papà lo aveva perso da piccolo.
Ancor prima di poter rispondere si sentì abbracciare amorevolmente, lo sognava, lo sognava da tanto tempo un abbraccio così, avvolgente, rassicurante, familiare. Ricambiò calorosamente.
Anche i preparativi per la casa furono piacevoli, certo, con un architetto tutto era più facile! La nuova famigliola si stabilì in una piccola costruzione vicino alla villa, quelle che una volta servivano come magazzini per i limoni e le arance. Tre ampi locali e due più piccoli su due piani che in pochi mesi furono trasformate in una deliziosa casetta circondata da alte pale di fichidindia, vicina sì ma completamente indipendente.
Arrivò cosi il giorno delle nozze, Giulia era al sesto mese di gravidanza, sentiva già un po' di fatica per l'afa che ancora a settembre c'è in quella terra di Sicilia dove il sole brilla e scalda per quasi tutto l'anno e dove già in quel periodo si sente nell'aria il profumo della zagara.
Pochi i parenti, di più gli amici, cibo, musica, fiori, fino a notte a ballar.
Stanca era Giulia, ma felice. Tutti lo erano.
Mancavano pochi giorni al Natale di quell'anno così movimentato, era il 23, l'antivigilia, poco dopo cena, e Gianluca, felicissimo e veloce andò a prelevare l'antica ostetrica di famiglia, Caterina, che pur essendo in pensione svolgeva ancora il suo lavoro con infinita dedizione e competenza, per come aveva fatto tutta la vita.
"Ho paura, non ce la faccio" urlò Giulia, "noooo" disse l'ostetrica, "già si vede la testa, ma quanti capelli ha questa bella creatura, ha già fatto la messa in piega? È uscita, è nata, è nata. Dio sia benedetto"
Serena riempì la villa di felicità, somigliava alla mamma ma coi capelli chiarissimi come quelli di Gianluca.
Fra una poppata e un cambio pannolino Giulia prese la laurea in Belle Arti e, con l'aiuto nei nonni, felicissimi, cominciò a collaborare col marito nello studio di architettura, occupandosi dei casi di restauro.