Una sera d’estate, una terrazza sul mare, una coppia. Lui cinquantenne, di bell’aspetto, maturo, rassicurante, virile. Lei più giovane, una bellezza levantina, minuta, delicata, sinuosa ed elegante.

< Vieni, cara!? Questa sera, sotto questo cielo stellato ho bisogno di qualche cosa di speciale, di serio, di grande! Ho bisogno di favole! >

< Certo amore, ti raggiungo subito! >, gli risponde lei premurosa ma non sottomessa.

Opportuna occhieggia nel cielo una cometa.

 

    Mille albe, mille soli, mille giorni.

    Mille onde, mille schiume, mille cieli.

    Mille ali, mille voli, mille cieli.

    Mille nidi, mille schiuse, mille stridi

    Quel dì nell’isola dei gabbiani.

 

E tra mille uno a caso, ma sì quello! Anche se non è proprio l’esemplare migliore, così arruffato e con quel caratteraccio. Già di cattivo umore, certo a causa di quel fastidioso mal di pancia provocato sicuramente dall’essere sottoposto ad un eccessivo ingozzamento da parte dei suoi genitori.

Infatti, mamma gabbiano era indaffaratissima a pescare pesciolini tra le onde della baia per trasportarli poi, vivi vivi, fin nel becco del suo capolavoro. Papà gabbiano invece si ergeva fiero e impettito sulla cima più alta della scogliera, vigilando affinchè nulla e nessuno potessero avvicinarsi a turbare la quiete della famigliola e, all’occasione, non esitava a scagliarsi in aggressive picchiate e minacciosi volteggi, evidenziati da rauche strida raccapriccianti, atte a dissuadere l’avvicinarsi di eventuali malintenzionati o di sprovveduti intrusi.

Naturalmente, come per ogni genitore, non c’è al mondo creatura più bella e tesoro più grande del proprio nato e, proprio in rispetto di questa eterna legge della natura, lo chiameremo “Tesoro”. E Tesoro, tra mille luci, mille colori e mille profumi che lo meravigliavano e l’affascinavano, crebbe in questa serena armonia, giocando con i compagni delle covate vicine, rispettando e amando i suoi genitori e i suoi fratelli maggiori, simulandoli sia nel volo che nella pesca.Tutto ciò si profilava nella trepidante attesa del prossimo ferragosto, giorno in cui si sarebbe celebrata la festa del primo volo per le schiuse di quella stagione. Era quello l’evento più agognato dai giovani gabbianotti che, in occasione di quella gaia ricorrenza, acquisivano la maturità. Pertanto Madre Natura aveva già da tempo sostituito la grigiastra peluria dei pulcinelli con lunghe e flessuose penne delle quali Tesoro andava fieramente orgoglioso.

Non poteva trattenere un pizzico di vanità quando in volo radente si rispecchiava, compiacendosi, nell’onda cristallina, o quando “per caso”andava a svolazzare proprio dinanzi alla scogliera dove il gruppo delle gabbianelle soleva radunarsi, suscitando tra di esse risatine sommesse e mormorii d’ammirazione.Tra occhiatine e pudichi rossori, incrociando, a sua volta ”per caso”, il di lui volo, impacciandosi alquanto in goffi e civettuoli voletti che a Tesoro procuravano un irrefrenabile impulso, che andava a sfogare lanciandosi all’ impazzata in acrobatici volteggi che poi terminavano in tuffi spumeggianti come la sua incontenibile gioia. La gabbianella in questione la chiameremo Anny, in onore e merito alla sua bellezza, essendo questo un nome ricorrente tra le leggiadre “Tigrine” Etiopi alle quali appunto assomigliava.

E dopo mille ansie, mille titubanze e mille trepidazioni, sorse l’alba del fatidico giorno. Tesoro quel dì non fu sufficientemente determinato e non si esibì dimostrando la consueta abilità e disinvoltura. Certamente inibito dalla valentia degli altri compagni, sovente si scoordinò nel volo e non fu efficace nella pesca. Avvilito, non presenziò alla festa di fine giornata e sul calare della sera andò a zampettare tutto solo lungo la riva sabbiosa, dove, becchettando distrattamente qualche lucente conchiglietta, rimuginava tristemente deluso sull’insoddisfacente quadro che gli appariva di sé stesso.

Così assorto ed afflitto, andò letteralmente a sbattere contro la sua appassionata gabbianella, la quale, dopo averlo osservato incessantemente durante le esibizioni della giornata, si era maggiormente invaghita del suo sfortunato eroe ed ebbe bisogno di andarlo a raggiungere, certa di fargli cosa gradita. Mille palpiti, mille aneliti, mille fremiti esplosero in mille baci, mille carezze e un'unica passione. Col cuore in tumulto si sedettero vicini, mano nella mano, guardando con occhi sognanti sorgere le stelle, smorzate dall’ audace riverbero di un’ignota cometa, che per la propizia occasione chiameremo Erato, in controluce alla quale parve loro di scorgere due stupendi uccelli volare uniti e felici nel cielo. Un sospiro sgorgò all’ unisono dai loro petti spasimanti d’ amore e, dopo mille promesse, mille giuramenti e mille “per sempre”, tornarono ai rispettivi nidi felici e leggeri, ignari di quanto riservasse loro il destino.

Alle prime luci dell’alba uno scoppio fortissimo, seguito da un interminabile boato, fece sobbalzare e tremare tutta l’isola, compreso il nido dove Tesoro dormiva sognante, destandolo a quella travolgente realtà. Mille deflagrazioni, mille esplosioni e mille spari si susseguivano tra mille bagliori, mille lampi e mille scintille, sconvolgendo in un attimo la pace dei millenni, ma senza poter coinvolgere il sorgere di quell’alba, nitida e pura nella sua totale magnificenza, laddove il sole si levò comunque radioso, indifferente a quel bellico scempio.

Tesoro sfrecciò pazzamente tra schegge e proiettili con l’intento di raggiungere il nido della sua amata. Non trovando resti di corpi esanimi, osò sperare che la sua Anny e la di lei famiglia si fossero messi in salvo. Poi via, saettando nel cielo dell’oblio, il più lontano possibile dall’ isola della delusione, col cuore pieno di rabbia e di diritto al riscatto. Il germe della rassegnazione non contaminò la determinazione di Tesoro che, brandendo la pazzia del sogno, per mille anni cercò Anny per mille monti, mille mari e mille cieli, mozzando il capo a mille effimeri affetti e mille mortificanti delusioni, su, fino al sommo del cielo più alto.

Ivi si fermò e, greve del suo insuccesso, si lasciò cadere inerte sul mondo. Ma quella cometa innamorata che danza tra le stelle, spiando dalle nuvole le nostre storie d’amore, si commosse di tanta sofferenza e catturò Tesoro nella sua coda di poesia. Lo depose sulla riva del mare, gli soffiò un pulviscolo di baci e ondeggiando tra le nubi svanì. Tesoro giacque stremato da mille battaglie, mutilato da mille ferite, massacrato da mille sconfitte, ma vivo...

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