Era tardi. Eravamo a letto. Mi sono addormentato con il suono delle sue ultime parole. Sembrava  quasi che non le avessi sentite. Mi sbagliavo.

“In terapia quando un uomo adulto piange è quasi sempre per via di suo padre. Odiato o amato, vivo o morto.

Padri e figli sono i protagonisti di un racconto d’amore non corrisposto; una storia raccontata con desiderio, rabbia, tristezza e vergogna. Noi siamo testimoni di questa brama che i figli hanno, a tutte le età, di essere amati e apprezzati dai propri padri.”

Il ricordo visivo più lontano che ho di mio padre – ed io con lui – ci vede insieme sulla poltrona, io accovacciato al suo fianco e lui con un libro con la copertina verde poggiato sulle sue ginocchia e che con un dito di una mano scorre le parole che mi legge. E il mio dito segue il suo. Io non sapevo ancora leggere ma ero talmente preso dal suo gesto, dalla sua voce, dal calore del suo corpo, dal grande amore che sentivo nella sua voce che imparavo a memoria, quasi istantaneamente, ogni lettera e ogni parola. Così quando venivano le “amiche di mia madre” a giocare a carte – e questo avveniva praticamente ogni pomeriggio mentre mio padre era al lavoro – mia madre mi tirava dentro un siparietto. “Dai! fai vedere come leggi” e io aprivo il libro, cercavo la pagina e con il dito ripetevo a memoria tutte le parole che il calore, i gesti e l’amore di mio padre mi avevano stampato nella mente. E nel cuore.

Poi l’idillio finì.

Crescendo: non venivo su come mio padre avrebbe voluto. 

Adesso, pensando ai comportamenti bizzarri di allora, mi domando come dar torto a miei genitori se cominciavano a temere di avere l’unico figlio malato di mente.

Solo che la reazione a questo timore era assolutamente diversa tra mia madre e mio padre. 

Per mio padre ero, più semplicemente, un inetto in senso assoluto e me lo diceva chiaro e tondo in ogni occasione. Questo, d’altronde, corrispondeva assolutamente alla verità dei fatti.

Mio padre, molto probabilmente con lo scopo virtuoso di risvegliarmi da quello che ai suoi occhi appariva come una forma di coma esistenziale, me lo ripeteva ogni volta che incorrevo, sotto i suoi occhi, in qualche incidente domestico o finivo lungo disteso scendendo gli ultimi scalini del palazzo dove abitavamo: "sei proprio un inetto!"  esclamava con un tono di rassegnata riprovazione, che mi faceva ancora più male del termine in sé.

Mettendomi nei suoi panni penso che io dovevo sembrargli una specie di sentenza di una legge del contrappasso. Lui, chiamato dal padre Primo, perchè il primogenito di cinque fratelli, rimasto orfano di madre a dodici anni, che per andare a scuola doveva fare quasi mezz’ora di sentiero di montagna, da solo anche quando era piccolo, rappresentava il polo esistenziale opposto a quello del suo unico figlio maschio.

Primo aveva imparato prestissimo a fare tutto da solo, per lui e per i suoi fratelli.

Non fumava, non beveva, correva i 400 metri e aveva vinto molte gare e un campionato regionale. Corpo asciutto, un passo atletico, mangiava verdura e frutta e camminava sempre e soltanto a piedi.

Me lo ricordo così: corpo asciutto e passo atletico anche da vecchio.

Primo faceva quello che a lui sembrava essere il dovere di un padre: scuotermi, incoraggiarmi  a modo suo, spianarmi la strada verso il futuro che lui aveva progettato per me: trovarmi un lavoro adeguato alle sue aspettative di status, comprarmi una casa, tentare di condizionare le mie scelte matrimoniali. “Il matrimonio è un trampolino di lancio per la vita!”, andava ripetendo.

E io lo deludevo puntualmente. Vidi nei suoi occhi il dolore più acuto quando gli comunicai che avrei lasciato la facoltà di Ingegneria infrangendo, così, il suo sogno più grande: avere un figlio ingegnere e vederlo accedere, in ferrovia, a quei posti dirigenziali che a lui, solo diplomato, erano preclusi. 

Dopo l’abbandono del corso di laurea in ingegneria non mi parlò per due anni. Aveva deciso di non sprecare parole, come non aveva mai sprecato con me carezze o coccole, lui che non doveva averne avute tante e che non conosceva il linguaggio della tenerezza muta degli abbracci.

Colsi al volo il vento della ribellione anti-autoritaria del ’68 per contrappormi a lui in tutto e d'altra parte mio padre, per quanto riguarda il giudizio globale su di me, non mancava mai di comunicarmelo, iniziando le nostre conversazioni telefoniche, negli anni sempre più rare, con uno sbrigativo: “tu che sei un cretino”.

Lui è morto più tardi di mia madre, seppure lei fosse più giovane di lui di più di dieci anni. Io da anni non abitavo più a Napoli e le mie visite a lui, nei diciassette anni in cui abitò da solo nel palazzo dei ferrovieri di Via Gino Doria al Vomero, si diradarono sempre di più.

Lo seppellii in fretta, sicuro che, assieme al suo corpo, avrei sepolto cinquant’anni di frustrazione, amarezze e rabbia.

Non è stato così. Primo, mio padre, mi è esploso nel testa e nel cuore inaspettatamente. Ho rivisto la sua assoluta dedizione alla famiglia: per lui non comprava niente (l’unico vezzo erano due cappelli Borsalino), il suo unico hobby era la lettura di saggi, aveva valori civili radicati: sono certo che fu il primo che, ancora prima di comprare la televisione, si diede da fare per pagare il canone,  non portava a casa dal suo ufficio nemmeno una matita, era ossequioso e gentile con tutti – non l’ho mai sentito inveire contro qualcuno.

E poi mi adorava. E gli capitava di vergognarsi di un amore così trabocchevole – e, ai suoi occhi, mai corrisposto – da nasconderselo dietro un fare brusco e liquidatorio. Nonostante l’assoluta divergenza di opinioni con me, quando andai via di casa per andare a vivere con quella che sarebbe poi divenuta la mia prima moglie, non ancora laureato e senza alcun sostentamento, di nascosto di mia madre scendeva dal Vomero in autobus fino al Rettifilo (e chi è di Napoli sa che non è una passeggiata comoda) per lasciarmi davanti alla porta di una casa bohémien, ricavata sul tetto di una palazzo fatiscente di Via Baldacchini, due buste di spesa alimentare.

Sebbene diverso e lontano da me su tutto, lui per me c’era e ci sarebbe stato sempre. Come deve essere un padre; come ho imparato da lui: che l’amore per un figlio non è (solo) coccole, parole, belle frasi e dolcezze ma è sostegno pratico, aiuto nel momento del bisogno, presenza quando è necessaria fino al sacrificio di sé.

Se è vero che il figlio, ogni figlio, ha bisogno di sentirsi accettato dal padre e ricerca questa accettazione per tutta la vita, sono convinto che anche un padre ha bisogno di qualcosa dal figlio.

Ha bisogno di essere perdonato.

Per tutti gli errori, le mancanze, le frasi sbagliate, le assenze, le aspettative, per le cose mai dette e per le cose fatte male.

Avrei voluto poter perdonare mio padre. Non ce l’ho fatta e ho capito troppo tardi cosa mi sono perso.

Auguro alle mie figlie di non esser costrette a mandare il loro perdono al cielo, mordendo il cuscino, singhiozzando di notte.

Come faccio io.

Tutti i racconti

2
2
8

Gemellaggio 3/3

21 November 2025

«Mi fanno venire i brividi» disse Max «animali a sangue freddo». «Però...» intervenne Ambra preparandosi per andare a dormire. «Hanno ragione, lo so. Me la ricordo la teoria dell’estro nascosto. Ventesimo secolo, se ben ricordo. Solo che vederla applicare così... «Animali a sangue freddo. Mi fanno [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

  • Paolo Ferazzoli PRFF: I like.
    Bello!
    Piacevole da leggere, con una svolta finale che lascia [...]

  • Rubrus: Siamo qui perchè - secondo la teoria Alvarez - Kelly, tuttora la più [...]

1
1
8

La bella sigaraia (3/4)

21 November 2025

Purtroppo, qualche giorno dopo mi accorsi di essermi sbagliato un’altra volta, leggendo sullo stesso odiato quotidiano: ORRORE SUL FIUME HUDSON! Il terribile assassinio della bella Mary Rogers sconvolge New York! New York, 25 luglio 1841 Una tranquilla e luminosa domenica d’estate si è tinta [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

3
1
17

Gemellaggio 2/3

20 November 2025

«Abbiamo un detto, sulla Terra: “Il medico pietoso fa la piaga purulenta”. E, dato che l’idea è vostra...». Srexis esitò, poi disse «Ecco… è come mangiate, tanto per cominciare». «Come?» Ambra era decisamente sorpresa. Avevano gustato il cibo locale senza troppa difficoltà. Certo, non avevano adoperato [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

2
2
14

La bella sigaraia (2/4)

20 November 2025

Da qualche tempo quell’uomo tornava spesso. Parlava poco, ma i suoi occhi dicevano più di qualunque parola. Non sapevo se temerlo o compatirlo. Avevo sentito dire che scriveva storie strane e che viveva quasi senza soldi. Pensavo a lui, a volte, la sera, quando spegnevo la candela e restavo ad [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

2
3
17

Gemellaggio 1/3

19 November 2025

Se un uomo avesse guardato il seno di Ambra in quel modo, Max gli avrebbe mollato un cazzotto. Probabilmente lo avrebbe fatto anche se si fosse trattato di una donna. Ma Shassta non era né donna né uomo. Non era neppure un essere umano. Ciò non di meno dovette percepire l’irritazione di Max perché [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

  • Rubrus: E' il racconto cui accennavo quando ZR parlava dell'ovivorous montanae. [...]

  • Maria Merlo: Mi piace il taglio psicologico e la focalizzazione sulle problematiche interiori. [...]

2
6
24

La bella sigaraia (1/4)

19 November 2025

L’odore del tabacco mi resta addosso così tenacemente che, per quanto usi il sapone, non riesco a liberarmene. Ma devo convivere anche con altro, oltre a quell’odore che impregna ogni cosa del luogo in cui trascorro dieci ore al giorno della mia vita. Ogni mattina, entrando nell’emporio di Anderson [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

3
8
23

L'uovo 2/2

18 November 2025

Quando si svegliò, depose l’uovo nel giaciglio e andò a lavorare. Rientrato trovò l’uovo ridotto in tanti frammenti. Osservò che non vi erano tracce di liquido né sul giaciglio né sul pavimento. C’erano però alcune piume a terra che Luca seguì fino alla finestra aperta. Fuori, nel giardino, vide [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • Dax: Bello, delicato e mi sono commosso. Non dovevaxmorite Lyra....😢.Like

  • thecarnival: veramente ti sei commosso Dax? ... guarda che mi hai fatto il più grande [...]

3
7
36

Se la vita ti dà limoni... 2/2

18 November 2025

- Federico… Federico... FEDERICO FEDERZONI, SANTIDDIO. - La voce del collega un po' seccato richiama Federico sulla terra. - Eh? - Sbatte le palpebre e si volta verso la scrivania di fianco alla sua. - Ohi, Damiano… dimmi. - - Eh, “Damiano dimmi” un fico secco. - Gli tira un post-it appallottolato. [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

  • Smoki: Sì, infatti, per me non è drammatica - e non era nell'intento, [...]

  • Dax: carino....like

3
6
23

L'uovo 1/2

17 November 2025

Luca pensò di stare ancora sognando. Un uovo era lì, perfetto, con un guscio bianco e lucido, appoggiato accanto a lui sul lenzuolo. Non aveva mai visto un uovo di quelle dimensioni: era alto almeno trenta centimetri. Subito si chiese come quell’uovo fosse finito nel suo letto, poi pensò a uno [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

4
6
44

Se la vita ti dà limoni... 1/2

17 November 2025

Margherita attraversa la piazzetta di corsa. Con lo zainetto che le sbatte sul fianco, entra al Plume con slancio da centometrista, facendo quasi sbattere la porta sul naso di un avventore in procinto di uscire. Gli improperi che lui bofonchia sono coperti dal rumore di accelerazione del bus da [...]

Tempo di lettura: 2 minuti

  • Maria Merlo: Molto carino, aspetto il seguito.

  • Smoki: Grazie!

    Il seguito arriva domani, speriamo mantenga le aspettative! ;)

6
8
63

In fregola

16 November 2025

Qua e là sulla facciata del condominio le luci accese per la cena. Una donna con un cane tra le auto parcheggiate. I lampioni accessi. Poche foglie sui platani. Semaforo verde e attraversiamo la strada. Davanti alla porta del monolocale i nostri corpi entrarono in fregola.

Tempo di lettura: 30 secondi

  • Walter Fest: A Simò, daje nun fà er timido esci allo scoperto, parla, dicce [...]

  • Lo Scrittore: ciak si gira... fermo immagine ..stop! buona la prima va bene così [...]

6
5
31

Emma e i libri che parlano

16 November 2025

Emma aveva imparato a non fare rumore. Non perché qualcuno glielo avesse chiesto, ma perché a volte le parole rimbalzano indietro. O peggio, cadono nel vuoto. Quando parlava, la madre la interrompeva a metà frase: – Più tardi, tesoro, adesso ho da fare. “Più tardi” voleva dire mai. Emma lo sapeva [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

Torna su