La pioggia batte sul vetro tra me e il buio. Lo sto aspettando a cena e lo stufato è quasi pronto. Mi sono messa un reggicalze di pizzo costoso e raffinato, so che lo apprezzerà.

Due fari puntano verso casa mia e, per un attimo, credo che sia arrivato. Ma la macchina gira più avanti. Dovrò aspettare ancora qualche minuto. Cioè, ha già mezz’ora di ritardo e non si è neanche degnato di avvisare. Ho dovuto spegnere il forno e la carne si sta raffreddando. Pazienza, la riscalderemo con il microonde.

Mi metto di vedetta alla finestra dopo aver cercato inutilmente di chiamarlo. Si sarà scaricato il telefonino.

Le dieci e venti. So che non verrà più. Nell’attesa, ho sentito il buonumore che se andava gradualmente, come un rubinetto aperto. Sto pensando che ho preparato la casa e il mio corpo per nulla, tanto nessuno li vedrà.

Per cinque o sei volte, vedo dei fari venirmi incontro, però cambiano percorso quasi davanti al mio portone. Anche lui avrà cambiato strada per andare da una con più tette di me. Ma gliela farò pagare la prossima volta.

Questo pensiero, che non riesce a consolarmi, mi accompagna a letto verso le due del mattino. Ho bevuto il vino che avevo preparato per lui e guardato gli stupidi programmi che trasmettono a tarda notte. C’è anche un sacco di sesso, allora non sono l’unica a restare sola il sabato sera. Tutta l’energia che ho usato per la cena, per scegliere l’abito giusto e per truccarmi, adesso si è liquefatta sul pavimento. Mi fa scivolare malamente, mentre sto sparecchiando controvoglia. Niente compagnia. Niente paroline dolci e calore che si insinua tra le gambe.

Anche il letto stasera è più freddo del solito. Mi rannicchio da un lato e ritrovo il pensiero della vendetta. Ma non mi scalda e non cancella il fallimento con la conseguente emorragia di autostima. Meno male che domani è domenica. Mi sveglierò alle undici e farò colazione con il dolce preparato per la cena. Passerà molto, molto tempo, prima che accetti un altro appuntamento con un uomo che potrebbe farmi innamorare.

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