Aprile 1974.

Una raccomandata.

“La S.V. è invitata a presentarsi il giorno 23 aprile p.v. per discutere di una Sua eventuale assunzione presso questo Istituto.”

A grandi linee questo era il testo.

Com’era possibile! Non avevo fatto alcuna domanda di assunzione in banca!

Anzi, dopo il diploma in Ragioneria mi ero iscritto a Filosofia, per studiare Psicologia e Sociologia, insegnare e finalmente... cambiare il mondo!

 

Ma gli eventi spesso agiscono sopra di noi e dei nostri pensieri.

 

Seguivo i corsi di Psicologia e Sociologia della Letteratura, ma avevo frequentato anche il corso di Letteratura su Verga e Svevo, che doveva essere il primo esame in programma il 24 maggio, ma arrivai a Milano il 20 e così saltai l'esame... e anche i successivi.

 

Qualche anno prima aveva perso il padre, accorsato commerciante della zona, e per la madre e per i sei figli, col tempo, la situazione economica stava diventando difficile.

Dopo il diploma, conseguito a luglio dell’anno prima, si era concentrato, oltre che sullo studio, sulla collaborazione presso il negozio di famiglia e sull’impegno socio-culturale (doposcuola gratuito, per scelta politica, e organizzazione di cineforum).

 

Ricevere quella lettera mi procurò non pochi disagi interiori.

Avrei potuto cestinarla e non farne notizia in famiglia. Nessuno la aveva vista e avrei continuato a studiare (e sognare ?!).

Ma non potevo rischiare, così mi recai al mio appuntamento con la vita (nel bene e nel male).

 

Al quinto piano di quel famoso Palazzo del Centro, vicino a Piazza Plebiscito e ai Quartieri Spagnoli,  c’erano gli uffici della Direzione Generale del più grande Istituto di Credito del Mezzogiorno d'Italia. 

Ero un po’ emozionato e intimorito (e faceva un gran caldo!), ma tutto si risolse in modo molto burocratico.

 

Avevano censito i dati dei diplomati in Ragioneria dell’ultimo anno, ricevendo le generalità dagli stessi Istituti Tecnici Commerciali.

 

Così, il mio 47/60 mi era valsa la chiamata.

Un po’ frettolosamente un funzionario mi spiegò che la Banca aveva deciso di assumere qualche centinaio d’impiegati da collocare in tutta Italia.

 

Capirà in seguito che fra i prescelti c’erano diversi “nominati” che bisognava assumere per incanalarli in una fulgida carriera. E non potevano essere assunti soltanto loro! Troppo sputtanante!

 

Tornai a casa e comunicai la notizia. Tutti contenti e soddisfatti.

Ero il quinto dei sei e due si erano sposati, quindi era preferibile, conveniente e senza dubbio opportuno accettare le possibilità che la vita stava offrendo.

 

La seconda convocazione fu per il 13 maggio, ancora più fredda.

Il solito funzionario mi consegnò una lettera con poche parole: “Questa è sua la lettera di assunzione. Qui troverà l’elenco dei documenti da presentare. Ce li potrà far avere anche in seguito. Si presenti lunedì 20 maggio a Milano. Buona fortuna!”.

 

Così, a ventidue anni, la mia vita è sconvolta (nel bene e nel male).

Cosa ne sarà degli studi fatti, dell’impegno sociale, dei sogni di cambiamento universale?

“In fondo, pensai, potrò continuare anche a Milano a cercare di vivere ciò che penso!“.

 

Si concesse pochi secondi per decidere. Accettò.

 

Tornai a casa e fu un fremito generale per preparare documenti, biglietto del treno, un vestito da comprare (in banca si andrà in giacca e cravatta?).

E mi chiedevo, senza trovare risposta, come potesse essere che una Banca così importante ti potesse assumere senza conoscerti e senza chiedere credenziali. Un mistero.

D’altra parte, credenziali non ne potevo produrre, a parte uno zio console a Chiasso, ma forse, per loro, poteva non essere un dato rilevante. 

 

Arrivò la domenica mattina.

Sembravo l’eroe dei due Mondi in partenza per l’America.

I congiunti e tanti amici mi accompagnarono alla Stazione.

Non avevo la valigia di cartone degli emigranti, ma ne utilizzai una enorme color crema, la stessa usata tre anni prima per quell’interminabile viaggio in treno fino a Londra.

Questa volta la distanza era ben inferiore: il Rapido delle 12 sarebbe arrivato a Milano alle 21.

 

Salutai tutti con tranquillità. Si poteva tornare senza difficoltà per il fine settimana, pensavo.

Oltretutto, non avendo una fidanzata da dovere o volere ricordare, potevo partire con qualche pensiero in meno.

 

Il viaggio fu tranquillo. Qualche panino, un po’ d’acqua, un giornale e a Milano abbastanza in orario.

Avendo ottimo senso di orientamento e chiedendo qualche informazione arrivai facilmente, con metro e bus, a Baggio, presso parenti di mio cognato che mi avrebbero ospitato per i primi tempi.

Il viaggio era stato chiaramente poco rilassante (ma mai come quello di tre anni prima!) e andai a letto quasi subito, dopo cena.

 

Che cosa sarebbe successo nella/della sua vita a partire dal giorno dopo?

Con questo pensiero si addormentò, per l’ultima notte da… disoccupato!

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