Capitò un giorno che Rufia, di ritorno dal mercato, aveva con sé un fascio di asparagi selvatici. Era primavera e la montagna si risvegliava dal letargo invernale, i primi a uscire erano proprio gli asparagi. 

<ecco – disse Rufia – oggi ho trovato questi asparagi che sono buonissimi e fanno anche bene alla salute, facilitano la fuoriuscita dei liquidi.>

<allora secondo te stupida io dovrei mangiarli e poi andare in giro come una cagna a pisciare nelle terre? A Roma avevo le mie belle terme, quelle si che facevano bene alla salute, non le tue erbe amare!>

< mia signora anche qui abbiamo acque che fanno bene, ci sono i bagni termali, noi ci andavamo sempre quando c’era la necessità di purificarci.>

Nel sentire quelle parole Apuleia scattò come se fosse stata morsa da un serpente, guardò con occhio torvo la spaventata ancella che si ritrasse per paura.

<Avete delle terme e non mi hai detto niente? Perchè non lo hai detto? Hai sentito che sto pregando il pretore di riportarmi a Roma perché non ne posso più di stare chiusa in casa, sai che ci sono delle terme e non me lo hai detto subito? Dovrei farti frustare a sangue per questa negligenza. Ti ordino di far preparare un carro e di portarmi subito dove si trovano, intanto aiutami a preparare dei pepli adatti alla circostanza, non voglio certo sfigurare con voi gente di montagna.>

<Mi perdoni signora, forse non mi sono espressa bene nel dire che ci sono le terme>

<Cosa? Non mi dirai che era una bugia questa volta ti faccio frustare davvero sai.>

<Non è così, le terme ci sono, certo non sono organizzate come quelle di Roma, le nostre sono solo delle semplici fosse nel terreno dove andavamo a bagnarci, ma ormai non ci va più nessuno. Sono abbandonate da tempo.>

La matrona la guardò stupita, quello che sentiva era come un'offesa. Terme che non erano terme, ma vasche all’aperto, come le bufale che allevavano nella terra intorno a Roma avevano bisogno di immergersi come facevano questi montanari. Lei era una romana di rango elevato edoveva stare nell’acqua insieme alla plebe, assurdo! Poi l’aveva colpita l’ultima frase della ragazza, non ci andava nessuno, perché?

<Senti Rufia, a parte il fatto che mi hai tenuto nascosta una notizia importante come questa, ora mi devi dire come mai parli al passato, non sono più usate hai detto.>

<Sì padrona, prima queste terre erano felici e si viveva bene, anche se con i disagi che può portare la montagna, nessuno di noi si lamentava. Poi sono arrivati i romani, perdonatemi, ma è la verità. Ci sono stati molti cambiamenti, alcuni buoni e altri invece hanno contribuito a peggiorare le cose.>

<Come osi dire che noi romani abbiamo portato scompiglio in questi monti? Avete avuto il benessere, le leggi romane che vi proteggono da invasori, state vivendo un periodo di progresso che non avete mai visto in vita vostra e stai anche discutere. Bada a te Rufia, la frusta si avvicina sempre di più. Io avevo solo chiesto perché non vi lavate più alle terme. Rispondi e senza accusare noi.>

<Mea culpa, padrona, ma ho dovuto dire quelle cose che io non penso, erano per rispondere alla vostra domanda. Abbiamo rinunciato ad andare alle terme per la paura mia padrona, solo il terrore ci tiene lontano dal bosco. Tutto è cominciato da quando siete arrivati voi. Dopo il vostro insediamento sono successe cose terribili vicino alle terme. Chi era andato per purificarsi nelle acque non è più tornato. Ci sono state molte sparizioni, in quel bosco ci deve essere un dio malefico. Da allora nessuno ha il coraggio di rischiare.

<Lo sapevo che eravate un popolo di ignavi, la paura! Di cosa poi? Qualcuno ha visto per caso una fiera, una bestia terrificante che mangia gli uomini, o sono solo voci senza nessuna prova?>

L’ancella impaurita dalla violenza della padrona rimase in silenzio, ogni parola detta poteva essere male interpretata, meglio tacere.

<Allora sai che facciamo adesso? Ci andiamo noi, prepara il carro e tutte voi venite con me. Andiamo a caccia di mostri e di Dei cattivi

<No padrona, è molto pericoloso, con il carro non ci si arriva bisogna attraversare il bosco a piedi, io ho troppa paura. Vi prego!>

<Quante lagne che fai, corri piuttosto, obbedisci, vai a preparare ciò che serve.>

Aveva deciso di andare a vedere con i propri occhi quanto aveva detto la schiava, non poteva fidarsi delle parole di un`'`ancella ignorante.

<fai preparare il carro e andiamo, portate delle vesti pulite e qualcosa da mangiare, potremmo far tardi e potrebbe venirci fame lungo la strada. Dimmi Rufia è lontano questo posto?>

<No padrona, forse con il carro possiamo impiegare un’ora di viaggio, poi però dobbiamo lasciarlo, non c’è una strada che porta fin sopra, ci si arriva a piedi per un piccolo sentiero attraverso un bosco.>

<E io dovrei camminare a piedi in un bosco? Ma siete diventate tutte matte all’improvviso? Non posso portare la portantina? Mio marito ha tanti schiavi, ne prendo quattro e andiamo.>

<Non credo sia possibile padrona, il sentiero è stretto e impervio, impossibile portare una lettiga.>      

<D’accordo, per questa volta sorvolo sul fatto che ti sei permessa di mentire alla tua padrona, che questa cosa non si ripeta mai più. Voi dovete solo obbedire e basta, altrimenti per voi c’è la frusta. Allora è pronto il carro?>

<Si padrona, le altre hanno provveduto, possiamo partire.>

Arrivare ai limiti del bosco fu facile. Era una campagna fatta di avvallamenti continui, prati verdi ovunque e di tanto in tanto file di cipressi e alberi da frutto. La strada era buona e deserta, non c’era il solito traffico caotico al quale lei era abituata a Roma. in città fra le bighe dei soldai, i carri dei contadini che venivano in città per vendere le mercanzie al mercato, le carrozze dei nobili e delle loro mogli in giro, le strade erano diventate più pericolose di un fronte di guerra.

Giunsero quando il sole era ancora alto nel cielo, il fresco e l’ombra degli alberi del bosco sembravano invitare i passanti a entrare dentro per godere di quella frescura. Apuleia seguita dalle tre tremanti ancelle si diresse con passo deciso verso un sentiero che s’inoltrava all’interno. Prima di avventurarsi ebbe un attimo di indecisione, si fermò e diede ordini perentori di assicurarsi che i cavalli fossero legati bene, non voleva certo tornare a piedi a casa. Dopo aver percorso un buon tratto di sentiero inciampò in un sasso e ruppe le calzature che non erano proprio adatte per camminare fra le pietre. Non si perse d’animo, ordinò a una delle ancelle di darle le sue, lei poteva benissimo camminare a piedi nudi.

Il cammino per fortuna fu breve. Le quattro donne arrivarono su una specie di pianoro, un altopiano dove al centro c’erano delle vasche scavate nella terra, ognuna era piena d’acqua che emanava dei vapori caldi, ma la superficie dell’acqua era coperta da uno strato di vegetali marci che emanavano un pessimo odore.

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