Il pretore Albinus era stato trasferito in una delle province ai confini dell’impero. La sua cattiva condotta in Roma aveva convinto il senato che era meglio per lui uscire di scena senza clamori. Non volevano privarsi di un funzionario tutto sommato capace e in grado di assolvere il suo compito, solo che in una città come Roma la concorrenza era tale che i pettegolezzi, le male lingue e l’invidia di suoi simili avevano minato la fiducia nel palazzo del potere. Per evitare che la cosa degenerasse gli era stato assegnato il comando di una delle provincie più lontane dalla capitale.

Dopo un viaggio con la famiglia al seguito durato circa dieci giorni attraverso il territorio nazionale arrivarono nella terra degli etruschi italici, al confine con le pianure del nord. La provincia era una di quelle difficili da gestire, il territorio era prevalentemente montuoso, distese di boschi a perdita d’occhio, strade quasi inesistenti e una popolazione di uomini abituati a vivere sui monti. Gente che non voleva o non sapeva vivere con gli agi e il lusso al quale erano abituati i cittadini di Roma.

La moglie di Albinus appena arrivati cominciò subito a lamentarsi di quello che vide. Le case non erano costruite secondo il criterio che i padroni abitassero al piano terra con i giardini e le camere lontano dalle cucine che invece erano ai piani alti per non soffrire dei fumi. Le case di montagna erano piccole, raccolte e con un numero di stanze molto ridotto per non disperdere il calore, anche le stalle erano adiacenti per ricavarne in parte calore. Lei era una patrizia romana e non voleva vivere in quel modo da barbari.

<Hai visto a cosa ci ha portato la tua inettitudine? Un pretore di Roma che non ha saputo conservare un minimo di dignità e di potere, ti hanno sbattuto quassù come un oggetto che non serve più. Io non resterò a lungo in questo posto isolato dal mondo.>

<Taci donna, non sai che cosa dici. Devi piuttosto ringraziare che ci hanno concesso di ritirarci senza dover subire l’umiliazione di un processo o di qualcosa di ancora più terribile. È vero, ho fatto qualche errore di valutazione, ma il mio precedente operato è stato apprezzato dal senato così mi hanno offerto questa opportunità, quindi ti consiglio vivamente di darti da fare e allestire questa domus come si conviene al nostro rango, si tratta solo di modificare il nostro modo di vivere, almeno fino a quando non cambieranno i vertici del potere a Roma, allora potremmo pensare di ritornare.>

<Ora devo uscire e prendere parte al comitato di accoglienza, ci sono i maggiori esponenti dei notabili che mi vogliono offrire il benvenuto di rito. Tu datti da fare per mettere a posto la casa, fra non molto dovremo cominciare a invitare gente e devono vedere la magnificenza di Roma di cui io sono un rappresentante.>

<Uffa! Quante chiacchiere che fai marito, questi quattro bifolchi montanari cosa vuoi che sappiano dei fasti di Roma. Vai e fatti valere, che almeno ci portino rispetto, tu sei la massima autorità e nessuno deve metterla in discussione.>

Quando ebbe finito di parlare si allontanò con piglio autoritario, decisa aprendere possesso di quella strana casa che non aveva nulla della sua splendida villa sull’Appia alle porte di Roma.

<Domitilla, Galeria e anche tu Rufia, venite con me, facciamo un giro d’ispezione, vediamo cosa possiamo modificare in questo che mi sembra un lupanare.>

<Le tre schiave si affrettarono a seguire la loro padrona, conoscevano bene la sua proverbiale acidità nel comando, era meglio obbedire e in fretta.>

Dopo alcuni giorni di intenso lavoro, mentre Albinus intratteneva i suoi subalterni per impartire gli ordini, Apuleia aveva sistemato in parte la dimora che doveva ospitarla chissà per quanto tempo.

<Bene mia cara Apuleia, vedo che sei riuscita a rendere presentabile questa casa. Sia lode a Giove, allora potremo invitare un po’ persone, sarà meglio entrare nelle loro simpatie se vogliamo restare in questa comunità. Con le provviste come siamo messi? Hai dato disposizioni in merito?  Mi sembra che fra le tue ancelle Rufia sia quella più capace di muoversi tra il popolino, se non sbaglio lei è nativa di queste parti.>

<Sì, mi ha detto che è contenta di poter tornare nella sua terra, avrà più occasioni di poter vedere qualche familiare, se sono rimasti in vita. Non cambiare discorso, non fare il furbo con me Albinus, io mi sono prestata a riordinare questa topaia perché non potevo fare altrimenti, ci devo vivere anche io, ma ciò non cambia il mio pensiero, qui non mi piace. Siamo in piena campagna, circondati da montagne, non ci sono strade, niente da fare tutto il giorno, nemmeno un bagno termale, come manterrò la mia linea e la mia bellezza se non ho nemmeno l’acqua? Questo tutto per colpa tua, quello che accadrà sarà sempre colpa tua ricordalo quando me ne sarò andata. Non so quanto potrò resistere in queste condizioni.>

<Credo che tu abbia parlato troppo Apuleia, ora basta! Non è offendendo me o imprecando che cambierai la situazione, stai calma e prendi quello che abbiamo, cerca di trovare del bello anche in questo luogo che ancora non conosciamo. Siamo appena arrivati, diamoci del tempo per perlustrare la zona, non si può mai sapere cosa ci riserva il territorio, chiedi a Rufia di descriverti le cose che si possono fare. È pronto il pasto?>

<Non saprei, ho dato ordini in merito ma non so cosa hanno fatto, credo delle verdure che alcuni valligiani hanno portato in omaggio, non c’è stato il tempo di provvedere.  Voglio mandare Rufia al mercato proprio per questo.>

<Bene donna, le cose cominciano bene sotto l’occhio tutelare dei Lari, procura di non far mai mancare l’olio davanti alle are a loro dedicate. Non vogliamo certo inimicarci gli Dei, vero cara?>

Nei giorni successivi la vita piano piano si stava incanalando su un iter di quasi normalità, restava sempre la faccia dura e aspra di Apuleia che ancora non si arrendeva. Aveva chiesto alla sua ancella di spiegarle le attrattive di quella regione e lei si era dilungata sulla bellezza delle montagne, la salubrità dei boschi, la freschezza delle acque e il cibo genuino che la gente del posto coltivava con amore. Un tipo di cereale adatto per le zuppe molto buono e nutriente, i funghi, le castagne, i legumi delle colline erano i migliori in assoluto. Ogni giorno la schiava le parlava di queste cose, Apuleia ascoltava ma ancora non si convinceva, lei era abituata a condurre una vita più agiata, non aveva mai dato importanza a cose come il cibo e le sue caratteristiche. Le sue giornate romane erano dedicate in maggior parte alla cura della sua persona, alle terme dove manteneva la sua pelle eburnea e chiacchierava con le amiche matrone.  

 

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