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Notte vomitevole, irrespirabile come quel luglio 2003.
Hanno un bel dire che questi tucùl siano freschi perché hanno la spiaggia vicina, maledetti loro. Caldo, caldo, caldissimi.
Immagini che passano davanti agli occhi sbarrati come un vecchio film in bianco e nero, ricordi confusi, avvolti di malinconia.
Non mi posso neanche coricare per terra: scotta. Datemi un'amaca!
La stronza dorme. Russa persino. Cosa vuol dire avere vent'anni!
Ho voglia di riprendere quell'aereo improbabile che ci ha portato qui.
Continua a russare, col seno che si muove ritmicamente nella penombra. Un gran bel seno, pagato a peso d'oro. Un seno che prenderà il volo, quando arriverà un altro vecchio capace di pagare conti ancora più salati di quelli che ho saldato io.
Comunque questo seno è stato capace di far rinascere tenerezza e passione, incontrandomi nei giorni della rassegnazione di averle perdute.
Vediamo se sarà anche capace di sbattermi in mezzo a una strada.
Sono le sei e mi alzo. Mi guardo nello specchio madido di umidità, domandandomi se ho più voglia di sputare o di abbracciarmi.
La bambina continua a dormire, inconsapevole.
Quasi quasi me la trombo di nuovo.
(dedicato al Professor Unrat)
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