Izzy dormiva nel sopore mattutino, sembrava avvolta in una dolce trappola di vapore umido bianco.

La sua casa era nascosta tra alberi dalla chioma fitta e metallica, quasi alieni. Gli animali si muovevano su zampe silenziose, ovattate, solo qualche striscia di sangue o di bava presagiva il loro passaggio in quella zona.

Izzy era l'unica a non possedere il grande condizionatore d'aria che giganteggiava su ogni abitazione, altrimenti salvatore di vita e di respiro degli abitanti di quella città.

Tutto dipendeva da loro ormai: quante boccate di aria fornire, che programmi di tempo metereologico predisporre, come far svegliare i cittadini, se buoni o cattivi a seconda del tocco di umore regolato. La città dei grandi condizionatori d'aria era la più grande provincia dello stato e non finiva di accrescersi purtroppo. Anche in altri stati la loro egemonia iniziava a spargere echi di aria surgelata per invogliare ad appartenervi.

E più aumentavano, più il caldo aumentava con loro, alimentato da loro, sovvenzionato e cresciuto con loro.

Gli insetti poi erano diventati oggetti fastidiosi, composti da leghe minerali e metalliche indistruttibili. Un'aura di puro idiota sincronismo esistenziale con le macchine infernali faceva sì che gli esseri umani si trasformassero in esilaranti replicanti sempre più soli.

Ma Izzy era una ragazza molto più che unica, preferiva morire di caldo pur di non soggiogarsi al potere di quegli aggeggi prepotenti. Sapeva che non sarebbe stata se stessa, che non avrebbe avuto la sua libertà di scegliere con chi stare, preferiva vivere con il suo cervello e, forse, morire con consapevolezza indipendente, piuttosto che con rimbambimenro cellulare sottoguidato.

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