Ci eravamo messi in cammino alle prime luci dell’alba, io e Brian, mio figlio di sei anni. Avevo dovuto mettere per forza uno zaino sulle spalle anche a lui, il nostro era un lungo cammino e la meta era incerta. Fuggivamo da una situazione che si stava facendo pericolosa, vivere a Belfast stava diventando ogni giorno sempre più difficile.

Pochi giorni prima mia moglie era rimasta coinvolta in uno dei tanti attentati che l’IRA stava effettuando ormai con frequenza giornaliera. La nostra casa adesso era vuota, devastata dall’esplosione, io e il bambino ci eravamo salvati perché non eravamo presenti. Lui era  a scuola e io in giro per cercare di portare a casa qualche  soldo. Ho dovuto spiegare al piccolo la mancanza della madre adducendo scuse, una dietro l’altra, alla fine ho deciso di partire. Non potevo restare in quel posto che non mi offriva nulla di più che un pericolo costante e fame per me e per lui.

Così quella mattina ci siamo messi in cammino io e lui con gli zaini in spalla. Lo vedevo felice di fare una gita, così pensava, voleva comportarsi da uomo e il suo zaino, anche se non molto pesante, lo portava con orgoglio. Le strade che attraversavamo erano semideserte, la gente era prigioniera della paura, transitavano solo automezzi della polizia e in alcuni punti anche dell’esercito. Il mercato era praticamente vuoto, pochi volenterosi si erano messi in piazza per offrire le loro mercanzie provenienti dall’interno, ma erano pronti a scappare in caso di disordini.

Brian camminava impettito cercando di portare il mio passo, e io dovevo ogni tanto rallentare per aspettarlo. Siamo usciti dalla città e appena possibile lui si è fermato sedendosi su un marciapiede. Mi osservava con un’aria quasi di sfida, voleva farmi vedere la sua determinazione, ma le gambe non gli reggevano e aspettava ad alzarsi. mi misi al suo fianco per rincuorarlo.

<<Allora giovanotto siamo stanchi? Hai fatto bene a sederti dobbiamo riposarci ogni tanto, il cammino è lungo e non abbiamo poi tanta fretta.>>

<No papà non sono stanco, è solo che allo zaino si sono allentate le cinture, bisogna sistemarle, mi dai una mano?>>

<<Certo figliolo, vieni qua fammi dare un’occhiata.>>

 Anche io ero un po’ stanco, stanco di quella vita infame, della guerra, dei continui colpi che il destino si ostinava a darmi. La mia dolce sposa, Esther, falciata dalla rabbia e dalla insensibilità di questa gente che per rivendicare, a sentir loro, un loro diritto non badavano a chi veniva travolto da questa cieca furia distruttiva.

Anche se avessero ragione, non dovrebbe essere la popolazione civile il bersaglio della loro guerra. Che andassero a mettere le bombe dove credono, magari anche al parlamento o nel palazzo della regina, ma prendersela con della gente inerme e ignara non li rendeva migliori dei loro perseguitori.

A un mio cenno di andare Brian si alzò e sistemato lo zaino si mise al passo. Seguiva le mie orme sicuro che lo avrei portato in un posto migliore, era piccolo ma non era cieco, aveva visto più volte cosa erano capaci di fare le bombe degli estremisti.

<<Papà allora dove siamo diretti? Se andiamo verso il confine ci troveremo in Inghilterra e non credo che ci faranno passare, non sarebbe meglio andare verso nord, verso la Scozia. Anche loro sembra non gradiscano le manovre inglesi. Io direi di provare verso nord.>>

<<Accidenti ragazzo, che ne sai tu di cosa sta succedendo, eh! mi dici che combini.>>

<<Niente papà, a scuola si parla molto di questa faccenda, le maestre ci spiegano le difficoltà che stiamo affrontando. Mi dispiace per la mamma, non doveva restare a casa quel giorno, se andava al mercato magari si salvava.>>

Restai di sasso, lui sapeva cosa era accaduto e non aveva fatto una piega, neanche una lacrima, una parola, solo la consapevolezza che la madre era morta durante lo scoppio di una bomba nel supermercato sotto casa nostra. Nello scoppio la palazzina era crollata portandosi via Esther e altre trentacinque persone.

Quel piccolo ometto stava dando dimostrazione di una forza d’animo non indifferente, forse era solo il tentativo di relegare quel brutto ricordo nel profondo dell’anima per evitare il dolore della perdita, di fatto mi aveva sconvolto nella sua semplice verità.

Continuammo a camminare il passo si fece più leggero, più sciolto, anche Brian ormai si era lasciato andare e marciava con impegno. Il suo viso era pervaso da una luce che gli veniva da dentro.

La forza di reagire alle avversità lo aveva fatto crescere troppo in fretta, era troppo serio, non accennava a un momento di rilassatezza, andava avanti con gli occhi fissi all’orizzonte convinto che là avrebbe trovato la sola cosa che poteva calmare quel fuoco che al momento gli bruciava il cuore: la pace.

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