Stava tranquillamente seduta sul divano a chiacchierare con noi e all'improvviso scatta in piedi, si fionda al citofono e chiede "chi è?"!
Ma chi sarà!, dico io, non ha mica suonato, il citofono!
"Ma no, l'ho sentito! ...non ha suonato?" 
"No mamma, te lo sei immaginato. E noi ridiamo, haha!
Le accade spesso, immagina di sentire il campanello o il telefono o che qualcuno la stia chiamando da un'altra stanza.
Povera mamma, è un po' sorda... un bel po', a dire il vero. Non dovremmo ridere ma ci prende sempre di sorpresa, sembra di vedere "le comiche", quelle di una volta.
Ogni volta che stiamo tutti insieme, lei finge di sentire i nostri discorsi, parliamo a voce alta ma non serve a molto. Sorride se noi sorridiamo, ride se noi ridiamo oppure sembra riflettere o assume  un'espressione vagamente indignata o, ancora, un'espressione triste se le nostre facce lasciano trasparire poco ma non ridono: è evidente che non parliamo di una cosa divertente... allora parla anche lei, dice non c'entrano con le stupidaggini che stiamo dicendo noi. Spesso il tempo si riempie dicendo cose inutili.
Dev'essere dura e anche dolorosa per lei questa condizione che non le permette di essere pienamente presente, a tempo, che non le permette di capire e la costringe ad adeguarsi al nostro linguaggio del corpo per non dover ammettere che non sente ciò che diciamo...
Mio fratello è decisamente crudele: emette dei suoni senza senso, muove appena le labbra, l'espressione neutra e lei si sente smarrita, deve chiedere "cosa?" oppure tenta di indovinare una risposta adeguata e lui la prende in giro, mia cognata scoppia a ridere, le zie anche...
E chissà invece cosa mia madre sente "dentro"?
Dispiacere, sicuro, un senso di colpa, anche (non è colpa sua se non ci sente, cazzo!) e umiliazione.
Quando finalmente ci rendemmo conto che aveva bisogno di aiuto, di un apparecchio acustico, forse di un intervento, erano passati degli anni e lei aveva accumulato già abbastanza dolore e isolamento. Chissà che  dispiacere provava nel non sentire i discorsi di famiglia e non potervi partecipare, o andare a fare la spesa elencando tutto d'un fiato al banco della gastronomia ciò che doveva comprare per non ricevere domande a cui non avrebbe saputo rispondere, per evitare di suscitare ilarità o pena, per non dover vedere quelle reazioni umilianti sulle facce della gente.
Anch'io ridevo, allora. Non mi rendevo conto di certe cose, mi adeguavo al "branco" finché non ho realizzato che ero nella sua stessa condizione, però al contrario: sentivo di non essere ascoltata. Sempre fuori tempo, con pensieri solitari, riflessioni solo mie, idee solo mie che avevo smesso di tentare di comunicare perché loro, i miei familiari, mi consideravano diversa. 
Lo ero, lo sono. Per loro sono "una diversa" ma non sanno quanto è limitato il loro pensiero; corto, arido e privo di fantasia o partecipazione vera, incapace di vedere al di là del vialetto di casa...
Le etichette sono una cosa triste, tendono a definire una persona, sono una violenza che non si dovrebbe subire mai.
Mia madre venne sottoposta a un intervento ma fu inutile; il timpano ricostruito si lacerò presto, fuori discussione operare anche l'altro orecchio.
Quindi, apparecchio acustico. Cominciò un'interminabile serie di visite ed esami (che lei percepiva come una prova da superare, anche mentendo) per trovare l'apparecchio non dico giusto ma di qualità appena sufficiente per farle arrivare qualche parola intera. E noi, ignoranti, che non ci sforzavamo neppure un po' per aiutarla, ignoranti!. Un apparecchio acustico é utile ma le persone che hai attorno ti devono dare una mano, devono scandire bene le parole, parlare lentamente, muovere bene le labbra affinché tu le possa leggere. Queste attenzioni sono forse più importanti di una protesi. E'fondamentale parlare lentamente alle persone che non odono, in modo tranquillo, senza alzare la voce (è inutile, no?) e senza mostrare impazienza... parlare con un po' di amore.
Ah, potergli chiudere la bocca quando dicono cazzate! Quando tentano di offenderti, di sminuirti, di isolarti...
Tempo fa la mamma venne in vacanza da me, abito lontano, al mare, ed io, esasperata, dispiaciuta per lei ma soprattutto arrabbiata con i miei per la loro miopia, la portai a fare un esame audiometrico in un centro specializzato qui, dove vivo. In quel centro le persone erano gentili e pazienti e spiegarono a me come aiutare mia madre. Intuitivamente, con lei parlavo quasi nel modo giusto scandendo le parole e già un po' funzionava.
Di certo erano evitabili le espressioni di fastidio e nervosismo che l'ignoranza mi stampava sulla faccia e facevano rimpicciolire mia madre (come lei faceva rimpicciolire me quand'ero bambina con le sue, di espressioni; quelle di muta disapprovazione e di disprezzo) fino a renderla una vecchietta indifesa mentre lei è orgogliosa ed è sempre stata combattiva.
Mi hanno insegnato poche cose, ma di grande, grandissima importanza. E mia madre, finalmente, riconosceva ogni parola!
Ora le parlo standole sempre bene di fronte, la mia bocca accompagna in modo deciso ogni suono che emetto, parlo lentamente e mi aiuto gesticolando, accompagnando le parole anche con il corpo e, ecco una cosa che fa ridere davvero, lei mi dice: "nNn c'è bisogno di tutta questa mimica, non sono così sorda!". Hahahahahaaa!! Ora mi fa ridere, ma in modo completamente diverso, mi sento felice di ridere perché fa la spiritosa e non è più costretta a fingere, è libera di fare "battute a tempo".
Sono felice di non deriderla più, di essermi liberata di questo pesante grumo di ignoranza che mi portavo addosso come la rogna e di un po' della rabbia che ho sempre provato pensando a lei.
Adesso, in quelle poche settimane in cui stiamo insieme, a casa mia al mare, sono felice di ridere... con lei.

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