Anita guardava Daniele mangiare. Inzuppava i biscotti nel latte immergendo anche la prima falange delle dita e piccole gocce cadevano nel tragitto tra la tazza e la bocca bagnando la tovaglietta di plastica. Carlotta invece era più precisa, stava attenta a non sporcare e beveva a piccoli sorsi, prima soffiando piano sulla superficie calda. Per entrambi quello che stava per cominciare era l'ultimo anno di un ciclo scolastico, materna per Daniele e primaria per Carlotta. Anita li guardava – nemmeno troppo di soppiatto – considerando l'idea che la vita se ne scorreva via troppo veloce senza dar modo di soffermarsi e coglierne un po'. 'Bisognerebbe farne dei mazzolini e metterli a seccare' pensava, così avrebbe potuto riguardarli ogni tanto e rivivere alcuni momenti che si erano davvero meritati quella polaroid. I colori sarebbero stati sbiaditi, i profumo volati via, ma la sola vista avrebbe rievocato sentimenti e sensazioni che, fugaci, di rado si imprimono nella memoria riuscendo a rimanere vividi a lungo. Guardava Carlotta con i suoi capelli lunghi e lisci, gli stessi del padre, e le unghie che la sera prima aveva dipinto accuratamente con uno smalto color lillà. Stava abbandonando il guscio dell'infanzia per scivolare via verso un'età più complicata ma anche di condivisione femminile. Daniele invece era ancora rannicchiato nel suo essere bimbo, tutto preso dai giocattoli dei supereroi e dal Nintendo DS con Super Mario. Era nel pieno della fase dell'infanzia in cui non si è né abbastanza grandi né abbastanza piccoli, quando alcune cose non vanno più fatte e altre, invece, bisogna impararle. Così doveva smettere di fare i capricci per guardare i cartoni in tv e cominciare a essere più autonomo; smettere di protestare per ogni cosa con quell'atteggiamento ribelle e determinato e provare ad addormentarsi da solo. Però le piaceva stendersi vicino a lui la sera, quando le diceva “solo fino a che non mi addormento, poi vai via” e allora si stringevano nel lettino e lui le abbracciava il collo infilando le dita nei capelli ed il respiro tra i suoi. Piccoli, erano ancora piccoli tutto sommato, anche se spesso si atteggiavano a grandi. Si era chiesta molte volte, negli ultimi otto mesi, se quello che era successo alla loro famiglia li avesse costretti a crescere troppo alla svelta. Niente di grave per carità, la separazione al giorno d'oggi è molto frequente ma quella consapevolezza non la rincuorava per niente e non l'avrebbe mai fatto. A cinque e dieci anni erano costretti a dividersi i fine settimana, le feste e le case, a vivere due vite loro malgrado. Si dovevano adeguare, non c'era altra soluzione, esattamente come aveva dovuto fare lei. Solo che loro avevano una marcia in più, uno spirito di adattamento migliore e più evoluto forse, sicuramente la capacità di prendersi il meglio dal peggio. A lei questo non era ancora riuscito, era indietro anni luce rispetto a loro. Forse perché la botta per lei era stata diversa, non più forte ma più intensa, e l'oscillazione dell'assestamento non era ancora riuscita a fermarsi. Mentre loro erano lì, seduti tranquilli a mangiare e guardare i cartoni, lei teneva ancora in mano la sua tazza di tè (ormai freddo) chiedendosi se anche il suo ormai ex marito stesse facendo colazione.

«Avete finito?» domandò ai figli, entrambi annuirono all'unisono. «Di corsa a prepararvi allora.» Carlotta e Daniele scesero dalle sedie e tornarono in camera mentre Anita rimise a posto la tavola.

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