Aveva capito. Sconsolato uscì dall’ufficio e tornò nel modesto albergo dove aveva preso alloggio provvisorio.

Ora c’erano cose più importanti a cui badare, non ultima trovare un lavoro, dal momento che il modesto gruzzolo che aveva portato con sé gli sarebbe bastato sì e no un paio di settimane, tra pigione e farsi da mangiare.

Nella sua stanzetta si guardò allo specchio. Fissandosi negli occhi, senza battere le ciglia, iniziò a vedere una figura diversa, effetto dell’allucinazione provocata dalla fissità dello sguardo. Non si era mai visto così come in quei minuti. A ben vedere, non è che avesse una barba così pronunciata, si poteva definirla peluria incolta, non barba ispida. Non si radeva il viso da almeno due settimane e il risultato era quella peluria biondiccia lunga neanche mezzo centimetro. Sì, anche il pomo d’Adamo non è che fosse così ben visibile e il resto…per esempio gli occhi allungati, le sopracciglia sottili, il naso più all’insù che all’ingiù. Poi, quella folta chioma liscia e bionda, con un ciuffo sulla fronte e cadenti fin sulle spalle. Certo, era la moda hippie di quegli anni settanta, praticamente tutti i maschi senza calvizie portavano capelli lunghi, in alcuni casi più lunghi delle donne. Anzi, le femministe i capelli li portavano corti e indossavano più pantaloni che gonne.

Certo, ma certo! Ecco perché i due dell’anagrafe stentavano a dargli credito, ai loro occhi poteva apparire davvero come una femmina in abiti e atteggiamenti maschili. Sì, ma c’era la prova maestra, quel dettaglio tutto maschile che in un momento d’ira voleva mostrare al funzionario.

Si levò in un battibaleno i pantaloni, terrorizzato all’idea di non trovarlo al suo posto. No, c’era, per fortuna c’era ancora. 

Beh! Oh Dio! Non che fosse molto vistoso, però sufficiente ora a dimostrare la sua mascolinità. Già, ora! Ma com’era al momento della nascita? Un brivido freddo percorse Concetto. E se alla nascita ci fosse stata incertezza nell’attribuzione del sesso?

Per cacciar via quei tristi pensieri, decise di fare una passeggiata in corso Francia. Si soffermò davanti a un grosso negozio. L’insegna riportava “Grandi Magazzini” e un cartello sulla vetrina diceva “Commessa cercasi”.

Concetto entrò e quando ne uscì aveva una borsa colma di vestiti e altri oggetti.

Il giorno seguente si presentò allo stesso negozio.

«Ho letto che cercate una commessa» disse.

«Sì, signorina, però deve parlare con la padrona. Come si chiama?» fu la risposta.

Il giovane riferì il suo nome.

Nel suo ufficio la padrona lo squadrò da capo a piedi.

«Sì, ha una bella presenza, niente da dire! E vedo anche che indossa abiti del nostro negozio. Per iniziare, le vanno bene cinquantamila lire al mese, signorina Concetta, ho capito bene il suo nome?»

«Vanno benissimo! Però preferisco che mi chiami Beatrice, a casa mi hanno sempre chiamata così!»

«Bene, allora cominci subito, Beatrice, benvenuta tra noi. Alessandra? Venga qui un attimo. Accompagni la signorina a vedere il reparto e tolga il cartello dalla vetrina.»

Si dettero la mano; poi Concetta Maria, alias Beatrice, si girò elegantemente sui tacchi e si diresse verso il suo nuovo lavoro.

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