Nel buio della sua stanza, il bambino, o meglio, quello che fino a poco tempo prima era un bambino, fissava il soffitto. Dal soggiorno arrivavano voci smorzate, risate adulte che sembravano voler convincere loro stesse della propria allegria. Aveva chiuso gli occhi da tempo, ma non dormiva.

 

Sapeva cosa stava per accadere. Il solito rituale: l’albero che brillava nel buio, i pacchetti che comparivano come per magia, e poi, al mattino, i suoi genitori con quegli occhi pieni di gioia, a osservarlo mentre scartava tutto. Ma ora era diverso. Ora lo sapeva.

 

Quando aveva capito? L’anno scorso? Quello prima? Era stato un dettaglio insignificante, una frase lasciata a metà, un’ombra di esitazione nel volto di sua madre. Eppure, ancora adesso, nel cuore della notte, qualcosa in lui si ostinava a sperare.

 

"E se mi sbagliassi? E se ci fosse davvero qualcosa che non capisco?"

 

Ma dentro di lui una voce rideva. No, non si sbagliava. Era grande ormai, troppo grande per credere alle favole. Ma anche non abbastanza grande per distruggerle.

Faceva finta. Lo faceva per loro, per non deluderli, per lasciarli ancora un po’ dentro quella messinscena che tanto amavano. O forse, lo faceva per se stesso. Perché il mondo, senza quella fragile magia, gli sembrava freddo, come una stanza vuota dopo una festa.

 

Si girò nel letto, il cuore che batteva forte. Sentì i passi leggeri, il fruscio dei pacchetti posati sotto l’albero. La voce di suo padre, il bisbiglio di sua madre. Erano loro, certo. Eppure chiuse gli occhi e si sforzò di vedere altro: un’ombra grande e imponente, un vecchio con un sacco colmo, una slitta che scivolava nel silenzio. Per un istante, ci riuscì.

 

Quando la casa fu di nuovo quieta, si alzò piano. Scese le scale senza far rumore. L’albero brillava nel buio, i pacchetti erano lì, perfettamente disposti. Rimase a guardarli, immobile, un lungo momento.

 

Si inginocchiò accanto all’albero, a metà tra la gioia e il rimpianto. "Grazie, Babbo Natale," sussurrò. Non sapeva a chi stesse parlando. Forse ai suoi genitori, forse a se stesso. Forse a qualcosa di più grande.

 

Poi tornò a letto, il cuore leggermente più caldo. Si chiese se un giorno avrebbe mai avuto il coraggio di dire loro che lo sapeva. Ma non quella notte. Quella notte li avrebbe lasciati felici.

 

E forse, più di tutti, avrebbe lasciato felice se stesso. Perché certe magie non appartengono ai bambini. Certe magie sono una cosa da grandi.

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