A quello che si dice del mare in inverno non ho mai creduto. Anzi, lo preferisco così: la sabbia fredda che si fa pantofola sui miei piedi nudi, un soffice massaggio che attutisce e rallenta i passi; io che mi aggrappo al suono della risacca come fosse un corrimano capace di guidarmi e di tenermi al sicuro, lontana da strade affollate e piene di fretta inutile. Il tepore delicato del sole sul viso che mi lambisce senza la malagrazia estiva. E, sopra a tutto questo, il silenzio salmastro appuntato al cielo dagli stridii dei gabbiani e delle procellarie che pattugliano il confine tra il mondo d'aria e quello d'acqua per cogliere gli incauti che quel sacro confine non temono.
Il mare mi ricorda che c'è un immenso altro mondo, sempre nuovo eppure antichissimo proprio qui vicino, a portata di mano, appena sotto la superficie. Un mondo in cui si sopravvive solo divorandosi a vicenda, e dove a volte anche un sasso o un pezzo di scoglio può decidere chi vive.
È un mondo che lungo il bagnasciuga mi tenta con flutti voraci che mi sospingono e mi attirano, perennemente indecisi se rifiutarmi o prendermi con loro.
Di questo mare sconfinato e magnifico percepisco l'immensa forza. È qui anche ora, dissimulata in una placida risacca in cui piccole onde svogliate giocano con i granelli di questa sabbia che una volta era montagna. La rocca non c'è più, mentre il mare resta, immutato. 
Inspiro a fondo e sento che il mare è anche nell'aria che riporta verso terra fantasmi sperduti da secoli. Ormai incapaci di ritrovare la loro terra frugano la costa con gli occhi e coi lamenti in cerca di una casa che non li attende più. Li ha raccolti percorrendo distanze infinite, unendo sponde estranee e quando la respiro mi lascia percepirne i ricordi, salati e lontani come lacrime di naufraghi; qualcuno disperato, e altri ebbri di una felicità che avevano dato ormai per smarrita.
Distratta da queste voci senza tempo non mi sono accorta che il giorno è ormai sconfitto e mentre il tramonto prepara la sera, mi dona l'estremo bacio prima della notte.
Ecco: l'ultimo raggio mi lascia, l'ultimo tepore sulla pelle cessa. E finalmente col buio i miei occhi spenti vedranno quanto i loro, ora saranno uguali. 
E io, che da sempre ho appreso l'arte di orientarmi nella notte eterna che mi ha fatta sua dalla nascita, li prenderò per mano guidandoli in salvo fino al sorgere del nuovo giorno.

Tutti i racconti

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