Quando Alberto vide l’Ufo non si chiese se fosse reale.
Se l’era domandato un sacco di volte, mentre si avvicinava di soppiatto dopo averne scorto la sagoma luminosa, quasi accecante, adagiarsi senza rumore nel pascolo appena sopra il podere del Frigerio, oltre il boschetto di abeti, e si era risposto di sì.
Ciò che si chiese – una domanda che lo poneva pericolosamente in bilico tra la follia ed una grave forma di deformazione professionale – fu se l’alieno avesse pagato i diritti d’autore alla Toei Animation… o forse era la Bandai?
Perché quello che vedeva non era un Ufo qualunque, ma Atlas Ufo Robot.
Goldrake, insomma.
Si fece più sotto, avanzando nella radura, incapace di distogliere lo sguardo dalle forme che, con assoluta, inaspettata precisione, ricordava in ogni dettaglio.
Erano esatte, sorprendentemente nitide, sorprendentemente concrete, in colori quasi privi di ombre e di sfumature, luccicanti nel sole di primavera.
«L’ho tenuto bene, vero?» disse una voce alle sue spalle.
Non c’era ragione perché Alberto stramazzasse a terra dalla sorpresa; non dopo aver visto un disco volante del diametro di oltre trenta metri che avrebbe dovuto esistere solo nei cartoni animati, tuttavia cadere al suolo fu esattamente quello che fece.
«La manutenzione è un lavoraccio, amico, mio, ma… be’, non è forse qualcosa di cui andare orgogliosi?».
Actarus (o Duke Fleed o Goldrake o come diavolo si chiamasse – in tanti anni Alberto non l’aveva mai capito) uscì allo scoperto, tenendo il casco sotto il braccio e schermandosi il viso con la mano finché non fu all’ombra delle ali che reggevano le lame rotanti.
Alberto arretrò di qualche metro, strisciando sul posteriore, poi lasciò perdere.
Actarus gli si accomodò accanto, sedendosi sull’erba umida di rugiada e fissando il gigantesco robot alloggiato nella pancia del disco. Qualche foglia, mossa dal vento, andò a posarsi sul filo dei magli perforanti, nel punto in cui aderivano agli avambracci.
«Ho deciso di prendermi una vacanza» disse Actarus. Anche la voce era come Alberto la ricordava. Nelle vicinanze, però, non si vedeva nessun doppiatore.
«Sai com’è» proseguì Actarus. «Ricostruire un pianeta è una gran seccatura. Devi pianificare una politica d’immigrazione, predisporre un piano industriale, cercare finanziamenti, allacciare buone relazioni diplomatiche, progettare un piano di governo del territorio, pensare alla tutela dell’ambiente, al reperimento e alla gestione delle risorse… insomma, un mare di scartoffie da compilare».
Strappò un filo d’erba e prese a masticarne un’estremità, lentamente.
«Mia sorella s’è sposata sai? Adesso ha tre marmocchi che mi fanno dannare… zio di qua, zio di là…».
Actarus sospirò. Anche la tuta era esattamente quella che Alberto ricordava, ma non gli tirava un po’ sui fianchi, adesso? E non era una stempiatura, quella che vedeva? E tra i capelli, ancora lunghi, dal taglio vagamente hippie, non c’erano dei fili bianchi?
«Eh sì, amico mio» disse Actarus piantandogli gli occhi in faccia (e Alberto ebbe modo di notare, con dolorosa nitidezza, le zampe di gallina che li incorniciavano) «quando viaggi alla velocità della luce il tempo rallenta, ma lassù, su Fleed, scorre come in qualunque altro posto e questa è una dannata legge che vige in ogni posto del maledetto universo».
Piegò il filo d’erba e ci soffiò dentro, tirandone fuori una specie di nenia.
«Alle volte mi sorprendo a chiedermi come sarebbero andate le cose se non avessi affettato quello zuzzurellone di Re Vega con l’alabarda spaziale e lui fosse ancora lassù, da qualche parte, a escogitare piani per la conquista dell’Universo … un chewingum?».
Si frugò in uno scomparto della cintura (sì, gli tirava un po’, decisamente) e ne estrasse una barretta avvolta in carta argentata, porgendola ad Alberto.
«È il tuo gusto preferito, se non sbaglio» spiegò «menta piperita. O negli anni hai cambiato idea?».
Non l’aveva fatto. Alberto lo scartò e, lentamente, prese a masticare.
«Oh sì» continuò Actarus posando lo sguardo sulle doppie corna di Goldrake, illuminate dal sole morente «per lui è tutta un’altra cosa, ma per noi…».
Scagliò via il filo d’erba e prese una gomma da masticare anche per sé.
«La giovinezza è come un chewingum. Puoi stirarla, puoi allungarla, ma non all’infinito e, a un certo punto – un momento che ti coglie sempre di sorpresa e, soprattutto, troppo presto – ti accorgi che il sapore non c’è più, tanto che ti chiedi se è davvero esistito o se è stato solo un’illusione venduta per qualche centesimo».
Gonfiò un pallone e lo fece scoppiare, per poi riprendere a masticare, ma con più intensità e meno gusto.
«Allora pensi che era meglio quando combattevi contro i mostri lanciati da Vega, quando pensavi che avresti trascorso l’esistenza intera a vagabondare tra le stelle... oh, le distanze erano infinite, certo, ma avevi la vita a disposizione e non era più che sufficiente?... così ti dici che puoi ancora salire su Goldrake, anche se forse non ci sono più mostri da combattere e lo spazio è un vuoto freddo e deserto come quello che ti capita di sentire nel cuore a una certa ora della notte. Pensi che potresti salire su quel dannato Ufo Robot e partire, tanto da qualche parte arriverai, ma forse non importa poi tanto… Ma poi pensi a tutto il resto. A quello che lasci. Alle responsabilità. Immagino che sia così anche per te. Le ragioni per cui stai qui. Le cose per cui rimani…».
Si alzò in piedi con gesto elastico, agile (avrebbe potuto essere uno dei suoi balzi spaziali, oh sì, forse non come ai vecchi tempi, ma quasi) e appallottolò il chewingum dentro la carta argentata.
«Be’, io invece ho deciso di farmi un altro giro».
Estrasse un aggeggio notevolmente simile al telecomando di un’auto (e che, come Alberto ebbe modo di notare, stava al posto della pistola laser) e lo puntò verso la sommità del disco, appena sotto la pinna vermiglia striata di nero.
Schiacciò un tasto (il telecomando trillò, proprio come quello di un’auto) e una specie di raggio traente si adagiò ronzando sull’erba.
«Ho fatto montare un sedile supplementare» disse Actarus «e, anche se viaggiamo a velocità fotonica, non devi neppure allacciare la cintura di sicurezza».
Si avvicinò al cono di luce, poi, prima di entrare, si voltò verso Alberto.
«So che cosa stai pensando… che cosa stai di nuovo pensando» disse «ti stai chiedendo se è reale».
Accennò a Goldrake, adagiato sul pascolo dietro il podere del Frigerio. «Se devi decidere se salire o no è una domanda sbagliata».
Actarus indossò il casco. Dietro la visiera gli occhi erano gli stessi che Alberto ricordava dall’infanzia. Assolutamente gli stessi.
«Quello che devi chiederti è se è importante che lo sia».

 

Non potevo non riproporlo in occasione del reboot, 47 anni dopo la prima messa in onda. 

Tutti i racconti

0
0
2

Debunker (1/4)

07 December 2025

Babbo Natale era intirizzito e di malumore. O meglio, lo era il Cogliati, in piedi, vestito da Babbo Natale, all’angolo tra Piazza Grande e Via Vittorio Emanuele II. Per fortuna, però, non si vedeva. La barba finta nascondeva tutto. Peccato prudesse come se dentro ci fosse una nidiata di pulci. [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

0
0
3

Il condominio 1/3

07 December 2025

Il rito dell’inquilino del piano di sopra era sempre lo stesso: lo sciacquone del bagno a scandire il tempo, le pantofole trascinate sul pavimento. Ogni sera, alle ventitré precise, quel suono monotono rassicurava Vittorio: il mondo là fuori era caotico, ma sopra di lui qualcuno seguiva ancora [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

2
3
14

C'era una volta Jorn, la sua casa, i suoi amici, la favola continua...

E adesso una casa museo per continuare a sognare

06 December 2025

Amici lettori, oggi vi porterò in un luogo speciale, un luogo posto in alto su una collina dalla quale si vede il mare, un luogo affascinante con una storia, anzi con più storie, un luogo da favola e come una vera favola questo racconto breve lo inizierò così. C'era una volta un artista nordico, [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Maria Merlo: Il tuo racconto mi ha talmente incuriosito che ho subito cercato informazioni [...]

  • GiuliaCango: Bellissima ricostruzione della vita di questo artista danese che non conoscevo [...]

6
10
24

La vera ricchezza

Il ricordo e la saggezza di mia madre.

06 December 2025

Mia madre si chiamava Anna. Era una donna di grande saggezza e ha sempre avuto un approccio specifico nei confronti del denaro. Per lei non era altro che uno strumento, un mezzo per raggiungere il benessere e mai un traguardo. Da lei sempre presente ho appreso tante cose, anche il significato [...]

Tempo di lettura: 8 minuti

4
7
35

Il gilet giallo

05 December 2025

È passato tanto tempo e adesso ho la tua età di quando ci siamo visti l’ultima volta. Di quando ci siamo salutati in cima alla salita, quella che odiavi ma che affrontavi ogni volta come una sfida personale alla gravità — e forse anche alla vecchiaia. Me lo ricordo ancora: portavi un gilet giallo [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Dax: bello ma....si parla del padre ondel nonno del protagonista?Like

  • An Old Luca: Come scrive giustamente Paolo: impeccabile.
    Coinvolgente, scorrevole e [...]

5
9
59

Piccoli miracoli di Natale

05 December 2025

È la sera dell’antivigilia. Fuori fa un freddo assurdo, mentre nel terminal sembra di stare in una sauna. La ressa di chi parte per le vacanze o torna a casa dalla famiglia rende l’ambiente non solo estremamente rumoroso, ma anche soffocante. C’è tutto ciò che non desidero dopo una giornata di [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Walter Fest: Smoki, per "Lampo" intendesi, "guizzo, fulmine, saetta....insomma [...]

  • La Gigia: Ciao Smoki, complimenti per il racconto. Mi sono piaciuti i personaggi con [...]

2
8
38

Nulla Dies Sine Linea

04 December 2025

L’appuntamento era stato fissato per le due di quel pomeriggio. Naturalmente la mia ansia era cresciuta di ora in ora, proporzionalmente al bisogno di confrontarmi con lui. Arrivai al Café de Flore in larghissimo anticipo e, per provare ad ingannare l'attesa, mi accomodai ad uno dei tavolini [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

3
9
25

Volevo essere William Shatner 2/2

04 December 2025

A poco a poco, la leggerezza si spense. Gli amici cominciarono a evitarmi, stanchi di quel modo di fare che ormai appariva rigido e innaturale. Io non me ne accorgevo, o forse sì, ma non sapevo più come tornare indietro. Era come se quel ruolo mi fosse rimasto addosso, un’abitudine del corpo e [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • Maria Merlo: Una cosa del genere, sì. Ma chissà quante altre strade ci sono. [...]

  • thecarnival: Grazie comunque mi fa piacere e moltissimo vi ispiri delle idee vuol dire che [...]

4
6
37

In una parola, rassegnati.

03 December 2025

In una parola, rassegnati. Da quando sei cresciuta, il tuo carattere non cambierà, nessuno può realmente cambiare e se non ci credi, non prendertela con me ma con i numeri. La statistica ci insegna che nessuno cambia, sai? E gli strizzacervelli sono i primi a saperlo: lo sai che per ottenere una [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Maria Merlo: Stile deciso e buona gestione del tema scelto. Bravo.

  • ducapaso: Elena, Paolo, Spettatrice, Dax, Maria, grazie a tutti voi, ho apprezzato ognuno [...]

3
6
22

Volevo essere William Shatner 1/2

03 December 2025

Ricordo ancora quando accadde la prima volta, e come quel personaggio, o meglio, tutta quella mentalità, entrò nella mia vita. Era un pomeriggio come tanti altri e non avevo voglia di fare i compiti. Fuori il cielo era grigio; non avevo voglia di uscire e accesi la TV. Erano le 18, evidentemente, [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Rubrus: Qualche annetto fa anche io scrissi un racconto simile, ma più cupo. [...]

  • thecarnival: grazie del commento Rubrus;))) se trovi quel racconto sarei molto curioso;) [...]

6
9
39

Di stagista in stagista

Giu
02 December 2025

Giorno uno della mia presenza in azienda. Mi sistemarono in un angolo molto luminoso, proprio vicinissimo alla finestra per permettermi di avere la giusta luce quotidiana di cui avevo bisogno. Devo ammettere che mi piaceva molto la postazione che avevano scelto per me, avevo sentito dire che decisero [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • Rubrus: Secondo racconto che ha per oggetto un pianta. Tenero e gradevole, riesce a [...]

  • Davide Cibic: E’ ufficiale, le piante vivono! Spesso si dice che per il buon andamento [...]

3
12
30

La Clorofilladinia

02 December 2025

“Vedrai,” mi hanno detto gli amici, “prima o poi incontrerai una Clorofilladinia. A chi va ad abitare vicino al Secchia può capitare.” Ed eccola qui. Sale da me, entra in questa stanza passando dalla finestra. Non l’ho sentita sulle scale, e così oggi la conosco per la prima volta. L’ho vista attraversare [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

  • Elena D.: Bel racconto, intenso e che incuriosisce molto parola dopo parola !

  • GiuliaCango: Grazie ancora

Torna su