Mi chiamo B.
Sono una cagna, non una cagnolina. Anche se sono di medie dimensioni, questi diminutivi mi sono sempre sembrati riduttivi. Sono fiera della mia natura. Ho 17 anni. "Una bella età!" direbbero molti, ma per me non ha nulla di bello. Sono piena di acciacchi e da qualche anno ho perso l'uso delle zampe posteriori. So che la mia fine non è lontana, ma preferisco non pensarci. Rifletterci troppo significherebbe rovinare quel poco di buono che la vita ha ancora da offrirmi.

Mi mancano le corse nel giardino, le passeggiate con i miei padroncini, ma quando sogno, ed io sogno spesso, corro libera. Mi vedo sulla spiaggia, le zampe affondano nella sabbia mentre mi getto felice nel mare, come facevo da giovane. Nei sogni, sono ancora quella di una volta.

Adesso, quando chiudo gli occhi, tutto diventa più vivido. Rivedo i miei due padroncini, piccoli com'erano un tempo. Erano così diversi l'uno dall’altro, ma entrambi avevano un'energia contagiosa. Lui, con i capelli castani spettinati dal vento, la pelle sempre un po' abbronzata dall’estate passata all'aperto. I suoi occhi curiosi e attenti, sempre pronti a scoprire qualcosa di nuovo. Lei, invece, aveva lunghi capelli biondi che svolazzavano quando correva, e le guance rosse per l’emozione. Era più riflessiva, più tranquilla, ma ogni volta che rideva, lo faceva con tutto il cuore, contagiando chiunque la sentisse.

Giocano con le bolle di sapone, e io, giovane e forte, salto per acchiapparle. Le bolle fluttuano nell'aria, leggere e fragili, e io le inseguo con tutta l'energia di chi non conosce ancora limiti. Le risate dei miei padroncini riempiono il giardino. I loro volti sono pieni di gioia, e quella risata, così sincera, riempie ogni angolo del mio cuore.



 

I miei padroncini erano due bambini, ma ora sono adulti. Mi presero dal canile quando avevo solo pochi mesi. Mi scelsero tra tutti i miei fratelli e sorelle perché ero la più piccola, la più fragile, quella che sembrava avere più bisogno di loro.

Mi hanno dato un amore che non sapevo neppure esistesse. Mi hanno insegnato a giocare, a fidarmi, a sentirmi parte di una famiglia. Ricordo ancora quando mi portarono a casa la prima volta. Tremavo di paura, il cuore mi batteva forte, ma poi arrivarono loro, con quelle mani piccole e gentili. Mi accarezzarono piano e capii subito che sarei stata al sicuro.

Con il tempo, li ho visti crescere. Le loro voci cambiavano. I loro giochi con me si fecero più rari, ma io non li ho mai smessi di amare. Anche se non c’erano più le lunghe passeggiate e le giornate passate a rincorrerci, bastava un loro sguardo, un sorriso, per farmi sentire felice.

Adesso sono adulta, una cagna vecchia, ma continuo a cercare il loro affetto. Anche se le mie zampe posteriori non funzionano più, striscio per casa, trovo ancora i miei angolini preferiti e, soprattutto, il mio nascondiglio. È un piccolo spazio sotto le scale, dove mi rifugio quando voglio stare sola o quando sento il bisogno di sognare ancora.

Nessuno sa del mio nascondiglio. È il mio segreto, un luogo dove posso ancora essere la cagna che correva sulla spiaggia, con il vento tra le orecchie e la sabbia sotto le zampe. In quel rifugio, la vecchiaia non esiste, non esistono le mie gambe immobili. Esisto solo io, libera come lo sono stata un tempo.

E forse, quando verrà il momento, lì, nel mio nascondiglio, mi lascerò andare. Senza paura, senza rimpianti. Solo con la pace di chi ha vissuto, amato e sognato fino all’ultimo respiro.



 

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