Trascorro la cosiddetta “magia del natale", insieme a Bruna, la mia compagna, ai ragazzi della mia ex prima moglie defunta e al loro papà, gustando i piatti della tradizione cremonese.

Più del natale però mi piace raccontare di Natale, uno dei pochi amici veri che ho.

Natale è un po strano. A colazione, insieme allo yogurt, gradisce due o tre ostriche con una bella spruzzata di limone. Classe 1962 come il sottoscritto, si chiama così perché appunto è nato il 25 dicembre. A dire il vero, i genitori erano contrari a battezzare il figlio con questo nome, ma lo zio prete ha così poco insistito che alla fine, a malincuore,hanno dovuto cedere. Può sembrare comica la cosa, Natale ha una sorella che, concepita il giorno di pasqua, si chiama ovviamente Pasqua ed ha tre anni in meno del fratello. Infatti quando lo zio prete, sempre quello, fratello della mamma, la signora Teresa, seppe che, in un giorno sacro come la pasqua, i coniugi avevano copulato, complice l'aria primaverile e un buon prosecco, andò su tutte le furie gridando al sacrilegio. La bambina, come atto riparatore, doveva quindi chiamarsi Pasqua e come secondo nome Santina. “Meno male che non abbiamo un altro figlio nato a carnevale, pensava la signora Teresa, mio fratello, fissato con i nomi e con le ricorrenze, sarebbe stato capace di chiamarlo Arlecchino!” Hanno, i genitori, un grande negozio di arte sacra a Roma, aperto dopo il trasferimento da Cremona. Adesso a gestirlo, con una capacità fuori dal comune, è Pasqua, che ha introdotto anche una moderna sartoria accanto alla vendita dei prodotti tradizionali. Ma torniamo a Natale, il cui fisico richiama vagamente un albero di natale: le spalle spioventi, le braccia troppo lunghe e ciondolanti che sembrano i rami ancora spogli di un abete e soprattutto la testa, calva e lucida, da palla di natale. È dotato però di una pazienza bovina che mette a proprio agio le persone, perché per vendere arte sacra, di per sé costosa, di pazienza e di calma ne occorrono tante. Dopo il diploma magistrale io e Natale ci siamo persi di vista; con la famiglia andò a Roma, dove iniziò appunto l'attività commerciale. Capitò una mattina di molti anni dopo: lo vidi passeggiare per la piazza del Duomo. Non ci volle molto per riconoscerlo. L'andatura e la testa lucida erano le sue. Lo raggiunsi "Natale, ciao!". Si girò, gli occhi si illuminarono e mi abbracciò. "Dario, sei tu, quanto tempo!”.

Trovammo un bar dove bere due caffè. Mi raccontò la sua storia.

Era disoccupato, aveva litigato con i suoi ed era stato estromesso dal negozio; conviveva, con scandalo sottaciuto ma ben noto, motivo del furioso litigio, in un appartamento in zona Testaccio con la fidanzata storica, figlia della governante vedova di un Cardinale romano, cliente assiduo del negozio che si faceva portare a casa gli acquisti. Queste incombenze erano affidate a Natale perché non si tirava mai indietro, nonostante il traffico infernale della Capitale. Fu durante una di queste consegne che il mio amico la vide, come dice lui "Bella come il pane! Di una bellezza, Dario, che non ti aspetti, gli occhi leggermente a mandorla e la pelle come ceramica!”. Si era veramente innamorato. Aprì la porta della residenza, dove il Cardinale abitava, per farlo accomodare nell'ampio salone affrescato; si sa che a questi prelati capitolini piacciono le cose belle! E Natale, di cose belle, ne aveva una davanti, in carne e ossa. Era la segretaria del prelato, famoso volto televisivo. “Sono Natale del negozio di arte sacra, devo consegnare un pacco”. “Mi hanno avvertita, puoi lasciarlo qui”. Uscito dalla residenza, ormai a Natale era entrata in testa, come un'idea fissa, questa ragazza, della quale ancora non conosceva il nome. Con un coraggio inaspettato, prima di risalire sul Fiorino, parcheggiato sul marciapiede, tornò di corsa indietro, sbatacchiando le braccia, suonò il campanello del videocitofono, si mise di profilo, perché era il suo lato migliore e aspettò. “Hai dimenticato qualcosa?” Era lei che gli parlava, era la sua voce. “Mi dici il tuo nome?” Mentre pensava alla scusa da trovare per giustificare la domanda, la sconosciuta rispose: “Ester” e riagganciò. Tornato in negozio, Natale pensava ad una strategia per incontrare di nuovo questo angelo. L’illuminazione arrivò in un lampo: prendere in prestito, o meglio rubare, un rosario in madreperla, nonostante il padre lo guardasse con la coda dell'occhio. Con l'abilità di Arsenio Lupin, però, riuscì nell'intento truffaldino e “per una commissione urgente” tornò sul luogo del delitto. Suonò di nuovo al videocitofono, si rimise di profilo cercando di tenere il busto ben eretto. Cosa c'è questa volta?” domandò Ester. “Mi sono dimenticato di consegnare una cosa, mi apri?”. Lo scatto metallico del portone, la scalinata e finalmente la porta della residenza, l'ingresso del paradiso. “È per te” disse, senza pensarci due volte. Al suo angelo comparve sulle guance un leggero rossore. Accolse la corona del rosario con devozione e curiosità, e, con gli occhi bassi, ringraziò. “Ormai è fatta” pensava Natale scendendo con i piedi a papera. Effettivamente aveva fatto breccia nel cuore di Ester, non certo per la sua avvenenza, quanto per la sorpresa non prevista. Natale, bisogna ammetterlo, aveva anche innato il carisma della gentilezza e della simpatia. “Un rosario in madreperla…per me!” pensava Ester. Abitava con la mamma in un'ala dell'appartamento, due camere da letto, un bagno, un salotto e una cucina, anche se, nella propria magnanimità, il signor Cardinale, come lo chiamavano, preferiva che le due donne mangiassero con lui per tenergli compagnia e servirlo. Alla fine, dopo le preghiere di ringraziamento, si alzava da tavola per sedersi sulla poltrona a guardare la televisione, mentre Ester, con la mamma, riordinava. Improvvisamente russava con la bocca aperta.

Ebbe così inizio la storia d'amore dei due ragazzi.

Grazie per avermi ascoltato.

 

 

 

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