Ogni uomo ha uno e un solo posto al mondo.

(Pensieri, Thomas J. Plight)

 

Mi sentivo rinato, rimesso al mondo. La vita aveva assunto un sapore di vaga felicità e le avevo dato una mano dipingendo il mondo con una bella mano di rosa confetto. Ero affacciato al balcone, immerso nell’ozio tranquillo che mi permetteva di godere della visione – o meglio della sua illusione – di uno spicchio di mare, in basso, filtrato dalle fronde in festa di querce e pini.

Il balcone aveva il gusto delle cose povere, curate in modo da acquistare un decoro spendibile tra anime semplici. Due latte di conserva di pomodori ospitavano mentuccia, basilico, rosmarino. L’ottima esposizione aveva giustificato un festone di aglio e uno di pomodori, così simili ai trofei che, nella mia fantasia, mi ero attribuito da bambino. C’erano stati momenti in cui avevo odiato quel trionfo di profumi, ma ero rinato – appunto – e ne apprezzavo il laminarsi d’oro.

I rintocchi del campanile della Chiesa dell’Assunta mi ricordarono come fossero le sette di sera. Tra le rade persone in strada notai una mia lontana zia acquisita. Non era mai stata una bellezza zia Carmelina, che usavo chiamare Lina anni prima: una gobba le aveva impedito la normalità amorosa delle sue coetanee, condannandola a sposare il fratello di mia madre. Una pura di spirito con la segreta aspirazione al martirio, glielo avevo sempre letto negli occhi, meno nei comportamenti e nel modo di ragionare. Vestiva una casacca informe color carta da zucchero, praticamente una divisa dedicata alle Messe dei giorni non comandati. Mio zio Peppe era l’unica ameba di una famiglia che aveva fatto dell’iperattività sfortunata la propria bandiera: l’unica cosa ad attirare zia Lina doveva essere stata la prospettiva di una vita sacrificata, vissuta come una sorta di espiazione con al fianco una persona accidiosa, completamente dedita a se stesso e con il culto del sonnellino pomeridiano.

Una questione di interesse ci aveva diviso, rarefacendo le nostre frequentazione da una ogni anno a una ogni vita: per questa avevamo già dato in abbondanza, non ci restava che rincontrarsi al funerale per compiangerci anche se, vista la differenza di età – a suo sfavore – coltivavo la ragionevole speranza di fare io la parte del coccodrillo.

La guardavo in una luce diversa, decisi di salutarla. Mi sbracciai.

“Zia Lina, ciao” le urlai dal secondo piano.

Mi guardò perplessa, il rosario per poco non le cadde di mano, ma fece finta di ignorarmi, dopo una fulminea occhiata in giro per controllare che una vita dedicata alla santificazione della propria immagine non fosse andata in fumo per un saluto non restituito. Si tranquillizzò, sentendo di essere stata aiutata dallo Spirito Santo. Calcò la veletta a raccogliere i fili d’argento rimastile e continuò per la sua personale strada di santità.

“Zia Lina” ripetei flebile, a me stesso più che alla figura curva che scompariva svoltando in via Roma.

Niente.

 

---

 

Una settimana prima ero pieno di speranze, riposte in uno stato di disordine apparente nella sacca verde marcio che portavo a tracolla: disegni, poesie, racconti, idee.

Il pullman che mi avrebbe portato a Napoli aveva un’aria infelice e solitaria, quasi sovietica a ben guardare, da paradiso del proletariato. Ai miei occhi era diventato una sorta di purgatorio, un rito di passaggio dalle finiture marroni e giallo sporco. Ero l’unico passeggero salito a Vico e dividevo il rimasuglio di odore di sudore e sigarette con un autista muto. Tale mi era sembrato quando aveva lasciato aleggiare nell’aria una di quelle domande che si fanno così, per diradare i cattivi pensieri parlottando con un altro.

“Ci mettiamo molto per Napoli?”

Neanche un grugnito di risposta, come se non esistessi in quella notte assurdamente luminosa. Solo la sagoma della parte inferiore del viso era riconoscibile, illuminata dalle luci del cruscotto, ma non riuscivo a discernerne l’età o l’aspetto fisico completo. E neanche ne provai voglia. Era scivolato troppo in basso nella mia classifica personale.

Presi posto e cominciai a pensare, mentre il mio paese si allontanava da me.

Ero in cerca di un segno, dopo aver maturato la decisione di lasciare il mio paese: qualcosa di imprevedibile che mi facesse pensare di stare sbagliando. Mi illudevo di trovarne ad ogni addio di quel giorno.

Il primo pensiero fu per Nunziatina, anche se me ne sfuggì il perché. Ero io ad averla lasciata: lei sarebbe stata pronta a sposarmi e darmi da subito una squadra di calcio personale di marmocchi, anche se la mia unica dote erano i miei sogni fuori posto.

Non mi piaceva.

Non ne apprezzavo il viso ambrato, i suoi capelli scuri, l’espressione malinconica, gli slanci d’amore, l’aria provinciale: se così si sarebbe potuto dire di una persona la cui massima aspirazione era da sempre stata rilevare l’attività di salumiere dei genitori. Ci sarebbe riuscita, a forza di perseverare come cassiera, ne ero sicuro.

Gliel’avevo confessato due ore prima, regalandole forse il primo vero brivido della sua vita. Avrebbe dovuto ringraziarmi per la mia lucida franchezza e invece era scoppiata a piangere come il clichet dell’abbandonata caro ai romanzi d’appendice. Mi ero sorpreso di me stesso: l’avevo abbracciata, baciandole leggermente le guance e versando lacrime che non sapevo di possedere: mi erano sgorgate da una fonte segreta, non certo dalla parte di me che mi stava detestando.

Eppure non ci conoscevamo che da tre mesi, io lo consideravo il frutto appassito di un amore estivo: sapevo pochissimo di lei ma in qualche modo ero già arrivato a disprezzarla, forse senza neanche conoscerla appieno.

Il profumo di lei mi era rimasto impresso: un profumo gentile, lindo, onesto che faceva a pugni con la puzza stantia della gente che mi aveva preceduto sul ridicolo bus.

Anche per i miei era stata una sorpresa, ma il legame lasco che ci univa non sarebbe stato in discussione. Non in quel momento, almeno. Si era allungato da tempo, come una molla pronta per la pensione. Non c’erano affinità particolari – oltre alle funzioni elementari della vita – a irrobustirlo.

Non mi ero aspettato traumi e non ce ne furono. Niente di neanche lontanamente paragonabile con il segno che stavo aspettando.

Mio padre si limitò a guardarmi con disapprovazione, alzando gli occhi dal telegiornale della sera, che parlava dell’ennesimo attentato terroristico. Muto osservatore come sempre, mio padre. Una presenza assente nella mia vita di cui proprio non riuscivo a sentire il rimpianto.

“Mamma, parto, vado a Milano.”

“Quando?”

“Tra un’ora.”

Tutti i racconti

2
2
14

Non eri tu.

02 May 2025

Non eri tu A farmi tremare il cuore Non eri tu A farmi scoppiare in lacrime Non eri tu A tenermi per mano Quando fuori c’era la tempesta E I nostri corpi Erano ignudi sotto la pioggia E le galassie ci guardavano Con rammarico e deferenza, Non eri tu A sussurrare ‘’ti amo’’ Mentre I tuoi occhi mentivano [...]

Tempo di lettura: 30 secondi

  • PRFF: I like.
    Ìn un cuore tradito il disincanto ci induce a non credere [...]

  • Virginia Lupo: molto triste questa poesia.
    bella ma triste.
    Mi permetta di esserle [...]

4
8
15

La metamorfosi

02 May 2025

Non ho piu una faccia. Ho una maschera. Quei 4 amici che mi leggono penseranno che tutti indossiamo una maschera per apparire come gli altri ci vogliono. Ma la mia non è una maschera metaforica è reale, in carne e ossa. Tutto è cominciato cinque mesi fa quando ricevetti una telefonata da una mia [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

7
8
40

Resa dei conti

01 May 2025

« Rivestiti, dai, rivestiti e vattene in fretta ». Bagno, vestiti raccolti e indossati, scarico, rubinetto aperto e poi chiuso, oggetti raccolti. Si apre la porta ed esce una nuvola di vapore. Il condizionatore ronza furioso nel grande bagno senza finestra. Dalla strada arriva il rumore della [...]

Tempo di lettura: 4 minuti

  • PRFF: I lke.
    Intrigante, scorrevole,asciutto,ritmato con bravura:
    Ci saranno [...]

  • Ecate: .... non mi stupisce che Juana vi sia piaciuta ;-)

4
3
21

La maschera della virtù

01 May 2025

Nino era un bambino, con gli occhi grandi e curiosi come la luna piena. Ogni domenica, si recava all'oratorio con il suo amico Francesco, per giocare e ridere insieme. Ma il parroco, con la sua voce severa come un tuono, li costringeva a partecipare alla messa. Un giorno, mentre il prete parlava [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

5
8
32

Acqua

Dax
30 April 2025

Acqua, La vita è in Lei la terra la brama l'uomo la usa, la sottovaluta, è solo Lei; Ma quando furor di cielo Incontra l'arroganza dell'uomo preso di sé, Che la dimora sua trascura, allora schiuma, e forza Onde che nulla ferma, Rivi e torrenti, diventan giganti dai mille denti. Lacrime e perdita, [...]

Tempo di lettura: 30 secondi

  • Dax: @,Dario Mazzolini.
    Grazie, poi controllo. Dici che l'iniziativa si [...]

  • Ondine: Attuale e limpida come l'acqua :)

5
6
27

Giuseppe

30 April 2025

Giuseppe chiuse la valigia, guardò il suo letto perfettamente rifatto, le mensole con i modellini di aereoplani che aveva collezionato con tanto impegno e il letto di suo fratello Mario. Quella stanza gli era sempre sembrata piccolissima per due persone, ma ora gli pareva bellissima. Si sedette [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

4
4
27

IL CANE DEL PROFESSOR JONES E UN CANE RANDAGIO

29 April 2025

Dexter era un collie di tre anni e viveva in una bella villa con giardino di proprietà del professor Jones. La casa del professore si trovava in periferia di un piccolo paese ed era sempre chiusa con un cancello con sbarre di ferro, dove da fuori si poteva guardare la bellezza del giardino ben [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

  • Dax: Bello, in effetti due temi importanti medsi sullo dtesso tavolo. libertà [...]

  • Ondine: Ciao Luca. Mi e piaciuto tanto, piacevole da leggere e poi ... io amo le piccole [...]

3
12
41

Go to Mars

Storie colorate

29 April 2025

Bisogna ammetterlo che siamo troppo presi a guardare in giù che di rado guardiamo in su, naturalmente siamo troppo con i piedi a terra e poco con gli occhi verso le stelle, anche perché soprattutto nelle grandi città con l'inquinamento al top le stelle fanno flop e non possiamo vederle nella [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

  • Walter Fest: ragazzi eccomi scusate il nuovo ritardo....Rubrus grazie tremila per essere [...]

  • Walter Fest: EDR. grazie tremila pure per te! In realta' nell'opera di rosso ce [...]

6
5
135

L'OBIETTIVO

un sogno irrazionale. O forse no?

28 April 2025

Fuori, il cielo iniziava a trasformare il giorno. Dentro, la Casa sembrava espandersi — a ogni passo — come se io camminassi in me stesso. Mi fermai. Davanti a me, uno specchio incastonato tra due colonne d’avorio. Non rifletteva. Nulla. Nemmeno me. A fianco, una penna continuava a scrivere. Non [...]

Tempo di lettura: 3 minuti

3
13
25

STATHAM... JASON STATHAM

28 April 2025

Non so per quale motivo mi sentivo così, ma ciò che provavo era vero. Avevo realizzato che essere un duro era parte di me e non un coglione dal pugno facile. Io ero un duro davvero. Io ero Jason Statham. Al di là della finzione cinematografica che Hollywood mi aveva cucito addosso ero veramente [...]

Tempo di lettura: 5 minuti

4
6
35

La rinascita di Angelica

27 April 2025

Era bellissima Angelica. Il suo corpo statuario, i suoi profondi occhi neri, un incanto. Era molto corteggiata. Non aveva ancora un legame stabile. Alla soglia dei trenta non si era mai innamorata veramente. Negli ultimi mesi al lavoro subiva la corte di un collega. Una sorta di seduzione che [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

13
8
73

Amante

frammento da una storia

27 April 2025

Questa volta non avevo chance . La convocazione era giunta con la solita telefonata. Ma questa volta il tono della voce ed un paio di imbarazzati silenzi, mi avevano fatto intuire ciò che mi aspettava. Sapevo sin dall'inizio che sarebbe arrivato il giorno in cui le cose mi avrebbero costretto [...]

Tempo di lettura: 1 minuto

  • PRFF: brava Ondine.
    questo gioco meraviglioso che ci siamo scelti ci permette [...]

  • Dax: Storia carina,un po' monodomensionale. in effetti l'idea dell'Harem [...]

Torna su