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I cadaveri puzzavano meno. Lando se n’era accorto da un po’. La decomposizione sprigionava un tanfo insopportabile, come sempre, ma durava meno. In breve, al miscuglio di gas metano, zolfo e chissà cos’altro si sostituiva un odore acre, polveroso, da pelle essiccata al sole del deserto. O forse ci si abituava e basta. C’erano sempre più morti in giro. Lando si sedette sul marciapiedi e accese una sigaretta soffiando il fumo verso il cielo grigio – giallastro, intriso d’inquinanti. Al diavolo anche l’inquinamento. Controllò il walkie talkie. Era passata mezz’ora da quando aveva chiamato l’AMSA e si chiese se fosse il caso di sollecitare. Ma no… Meglio rispettare il protocollo. Risparmiare energia voleva dire, anche, limitare le comunicazioni allo stretto indispensabile. O almeno così esortavano le circolari. Un paio di cornacchie si avvicinarono al morto. Zampettarono qua e là, poi gli diedero un paio di beccate affondando i colpi sotto la giacca. Lando raccolse un ciottolo e glielo scagliò contro. Gli uccelli si allontanarono, ma non volarono via. Lo fissavano con occhi neri che sembravano impregnati di consapevolezza. Sapevano che l’uomo avrebbe lasciato perdere. Era solo questione di tempo. Una folata di vento soffiò da Piazza Duomo arruffando loro le penne e sollevando nuvole di polvere. Lando allungò il collo, dando una sbirciatina alle guglie della cattedrale e al cielo. Un altro grosso uccello – un avvoltoio, forse? – roteava maestoso. Ridacchiò. Che cosa si aspettava di vedere, la Madonnina? Era caduta quando… non ricordava. Quando lui era un ragazzo, comunque. Si girò di nuovo verso il cadavere. Teneva la testa ripiegata, come per pudore. Una mano era appoggiata alla vaschetta alla base della fontana. Molti anziani facevano così. Si rintanavano in luoghi che ricordavano loro il passato e si lasciavano morire. Le fontane erano state chiuse prima che Lando nascesse, ma quando il vecchio (notò che aveva i capelli bianchi) era ragazzo... «Allora funzionavano» disse «Chissà che effetto faceva». Gli sembrava che avessero un nomignolo, ma chissà quale. Udì uno sferragliare, poi, in Corso di Porta Vittoria, apparve il camioncino dell’AMSA. «Per la miseria» urlò Lando «Quaranta minuti per venire a portar via un cadavere in Piazza Fontana, nel pieno centro di Milano». «Abbiamo dovuto informare il PM» gridò Davide, aggrappato al mancorrente del mezzo. «E non potevate chiamarlo?». Davide saltò a terra «La rete non funziona. Abbiamo dovuto andarci di persona. Ti è andata bene che il Tribunale è a due passi». «Maledizione» imprecò Lando. La rete fuori uso. Di nuovo. Tempo qualche ora e la gente sarebbe scesa in strada a spaccare tutto quanto. Tutto quanto non era già a pezzi, cioè. «Niente energia» disse Davide avvicinandosi al corpo «Le centrali idroelettriche non funzionano, quelle nucleari non possono andare a pieno regime perché il raffreddamento va a singhiozzo e...». «Non farmi la lezioncina. Dammi una mano e togliamoci di torno». «Tranquillo» disse Davide afferrando il corpo per le gambe «Non ti sei accorto che in città non c’è nessuno? Sono le sei passate e senti che silenzio». Lando tese l’orecchio. Niente. Persino dall’Arcivescovado, di fronte a lui, non giungeva alcun suono. Qualche tempo prima, i milanesi, senza la distrazione della realtà virtuale, si sarebbero accorti di avere sete e fame e avrebbero chiesto un cambio di governo. O un calmiere ai prezzi. O la chiusura di tutte le industrie e la distruzione di tutte le auto, come se si fosse ancora in tempo. O la riapertura di tutte le industrie e il ripristino della libertà di circolazione, come se ormai non facesse più differenza. O la riattivazione dei social. O tutto quanto insieme. Ma ora… «Sono scappati tutti in campagna. Sai come si dice, no? “In campagna c’è sempre da mangiare”» Davide sogghignò «Se sai coltivare la terra. O se è ancora possibile coltivarla». Lando si rese conto che il collega era lacero e dimagrito. Rinsecchito. Si chiese che puzza avrebbe fatto da morto. «Questo qui deve essere uno degli ultimi» disse Davide strattonando il corpo del vecchio «Forza, prendilo per le braccia». Lando ubbidì. Le cornacchie volarono via, come se si fossero rassegnate all’inevitabile: quel cadavere se lo sarebbero tenuto gli uomini. Lando sollevò il morto. Era leggero, come se si stesse già mummificando. Allontanandosi dalla fontana, diede uno sguardo alla bocchetta da cui, in tempi remoti, usciva l’acqua. Aveva la forma di un animale. Un serpente, o qualcosa del genere. «Ehi» chiese a Davide «tu ti ricordi come le chiamavano, una volta, le fontane?». L’altro scoppiò a ridere. Lando cercò di sforzare la memoria, poi lasciò perdere. Non ricordava. Non ricordava proprio.
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Utente Anonimo
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Giuseppe Durante la mia carriera lavorativa ho avuto la fortuna di conoscere circa duemila persone. Con alcuni sono diventato amico. Uno di questi era Oreste il titolare del più grande negozio di elettrodomestici di Cremona e provincia. Il sabato pomeriggio mi piaceva aiutare e lì conobbi Giuseppe, [...]
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Laura Marra: l’artista che ride e dipinge d’immenso Amici lettori eccomi di nuovo a parlarvi di arte al buio, senza trucco e senza inganno, le opere ci sono ma non si vedono e allora fidatevi di me e statemi a sentir, abbiamo con noi Laura Marra artista Genovese. Era da poco iniziato un nuovo [...]
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