La solitudine e la percezione di essere inutile a me stesso mi stavano tormentando più di quanto avessi mai sentito. 

Era come lo stridore dei rebbi della forchetta sulla superficie lucida di un piatto vuoto. 

Ne ero consapevole, tuttavia non possedendo alcuno strumento utile a modificare tale condizione, avevo deciso, repentinamente, come sovente mi accade di recidere i rami secchi e farne un falò. 

Codardia ovvero incoscienza volontaria? 

Quella sera, questi erano i miei pensieri che, dalla finestra all’ultimo piano dell’hotel Panchito a Malpica de Bergantinos, scagliavo verso la costa della Morte, affinché si schiantassero sulla scogliera e si inabissassero come scorbutici galeoni. 

L’hotel Panchito, con due presuntuose stelle sull’insegna, era antiquato, ma pulito e con tale qualità la presunzione era perdonata. Quella sera, una calda sera d’estate, prima di cena, mi incamminai sulla strada del mare con la guida in mano per consultare il percorso dei giorni successivi. 

La zona, pedonale, era un susseguirsi di locali gremiti di vociare, musica, molta pelle nuda e molti tatuaggi. Il mare spumeggiava sorridente. La vita è proprio bella. Trovai un tavolino libero al Vagalume e ordinai una Estrella Galicia Especial. Benché potessi essere il padre di molti, non attiravo attenzioni, né mi sentivo a disagio. Tale pensiero mi increspò un lieve sorriso. 

Aprii la guida, quando fui distratto da una richiesta: “Tienes que encender porfavor?” 

Sollevai lo sguardo. Avrà avuto venticinque anni. Il piglio arrogante e spregiudicato, seppur elegante e raffinato le conferivano un fascino più adulto. “Lo siento. No fumo!” 

Uno sguardo le cadde sulla mia guida e si allontanò. Qualche attimo dopo si sedette di fronte a me con una sigaretta accesa e un pacchetto di Winston rosse che lanciò sul tavolino con un accendino Bic fucsia. 

Urlò il nome “Tonia” verso il bar e, poco dopo, comparve un essere umano dalla dubbia sessualità che, però, affascinò il mio sguardo. Ordinò. “È un uomo. È bello e bella contemporaneamente. Ma ha un difetto: non sa baciare. È facile leggerti nei pensieri”. Sorrise. 

Ai lati del naso piccolo e dritto comparvero due striature. I suoi occhi neri come le pupille si fissarono nei miei. “Mi chiamo Rocio, Rugiada!” Si presentò in una nuvola di fumo. “Andrea” – le risposi. Non indossava il reggiseno e sotto la camicetta di lino verde si intravedevano i capezzoli e i piercing che li trafiggevano. Il penultimo bottone era un teschietto sogghignante. 

Tonia arrivò con un vassoio su cui imperava una bottiglia di Ribera del Duero, Dominio del Pidio, due calici e un primo giro di tapas. 

“Che ci fai qui, italiano? Malpica non è un posto per turisti. Misero villaggio di pescatori sulla costa mortale dell’Atlantico, estrema punta occidentale dell’Europa.” 

La bocca quasi non si muoveva quando parlava. “Ho studiato architettura a Firenze. Mi sono laureata. E poi sono tornata qui. Mio padre e mia madre sono morti Possedevano una flotta di pescherecci. Ho venduto tutto e vivo. Faccio ciò che voglio. E tu?” 

Versò il vino nei due calici e ne annusò il profumo. “Salud!” La corposità del vino non si addiceva alla situazione. 

“Sono un uomo che non si vuole arrendere al tempo, la solitudine…la calma, le detesto. Ho bisogno di movimento. Hai presente la dinamo della bicicletta? Se gira, illumina”.
“Non hai famiglia?”
“Terminada”- le risposi secco. Capì e non chiese altro.
“Buffo!”
“Cosa?”
“Siamo seduti al Vagalume che significa lucciola. Tu hai in mano la guida del cammino dei due fari, da Malpica a Finisterre. I fari sono come lucciole. Si accendono e si spengono”. Sorseggiò. “Come noi” – aggiunse, con tono grave. 

Terminata la bottiglia ci alzammo a fatica, inebriati dagli oltre quattordici gradi del vino. Giunti ad una parete decorata da un variopinto murales a cui erano appoggiate tre panchine, ci sedemmo in quella libera. 

“Posso baciarti?” – mi chiese. Con gli occhi le indicai le due panchine a fianco su cui altre bocche erano impegnate ben oltre i baci.
Sorrise. Fu il bacio più lungo e dolce che ricordi. Le nostre lingue erano perfette danzatrici al ritmo scandito dall’alternarsi di luce e buio, calma e irrequietezza. 

Il mattino seguente le due appuntite gocce di Rugiada sonnecchiavano sul mio petto. 

Il fasciame dei galeoni stava sgretolandosi ad ogni frustata inferta dalle onde.
Quella scogliera non era né la morte né la fine della terra.

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