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Il tempo era ridiventato nuvolo. Tanti batuffoli si erano addensati in una zona un tempo celeste e man mano la luce aveva ceduto il passo al buio. Gli alberi avevano smesso di oziare nel silenzio e un vento sempre più impetuoso li aveva fatti ululare quasi fossero canidi innamorati di una luna che non c'era.
Lo zio si dondolava sulla veranda e aspettava che la pioggia cominciasse a precipitarsi sulla terra, quando invece apparve un sole inaspettato e il cielo si inondò di luce, una luce sempre più forte che fece indossare gli occhiali estivi, che erano stati acquistati la stagione prima al mare a uno dei tanti vucumprà tunisini. Il metereologo cominciò a congetturare ipotesi su ipotesi, tanto che un colonnello apparve in televisione con un'edizione straordinaria, cinguettando: "fenomeno strano, molto strano", alimentando ansie invece che rassicurazioni.
Sembrava volesse scoppiare l'apocalisse perchè ogni costruzione umana aveva perso di significato e si era risolta in un nugolo di polvere. La polvere era fluorescente perchè probabilmente aveva respirato le radiazioni della Terra dei Fuochi e si era lasciata cullare e trasportare da un vento subdolo e anonimo.
Il fenomeno era bello e scoperto. L'aria era diventata irrespirabile e lo zio indossò una maschera antigas quando si sentì pizzicare la gola da un velenoso spiffero, una volta gradevole, ora sempre più disgustoso. I veleni nell'atmosfera avevano cambiato le stagioni e prodotto prodigiosi paesaggi mai visti prima, come quadri metamorfici. Le nuvole viola, indaco, kaki. Il vento freddo-caldo e puzzolente.
Seppi che lo zio si era ammalato e che dopo un po' era morto di cirrosi. Egli non beveva, non fumava, non mangiava assai. Solo respirava quell'aria, in quella maledetta veranda.
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