Salvatore, Giuseppe, Turi e Ciaula avevano finito di mangiare quel giorno il loro companatico con cipolla cruda e olio bruciato della lucerna. Erano quattro ragazzi che, invece di andare a scuola, lavoravano nella miniera di Gessolungo a Caltanissetta. Avevano rispettivamente otto, nove, dieci e undici anni. É il 12 novembre del 1881 quando la miniera li inghiottì assieme ad altri quindici bambini e a quarantasei minatori.

Uno scoppio di grisou nel cuore della terra mentre il pomeriggio avanzava e si continuava a scavare. Una strage fra le tante nelle zolfare, stragi dimenticate dagli organi d’informazione perché la vita dei minatori siciliani tra il Settecento fino a oltre la metà del Novecento aveva poco valore sia dal punto di vista morale che legislativo. Non solo questa, ma numerose furono le stragi silenziose, come se tutto dovesse avvenire nel silenzio per non compromettere gli interessi economici degli imprenditori dello zolfo e dei proprietari delle miniere.

La Sicilia detiene il primato di questi olocausti delle miniere. Infatti la più grande strage di minatori in Italia è avvenuta in Sicilia il 4 luglio del 1916 nella miniera di zolfo di Cozzo Disi ad Agrigento e portò alla morte ben 89 minatori siciliani, oltre ai numerosi feriti, molti dei quali riamasti invalidi. I ragazzi erano stati assunti con il "soccorso morto" cioè tramite un inconsistente anticipo in denaro che il picconiere (lavoratore a cottimo) versava ai poveri genitori di fanciulli costretti a restare alle sue dipendenze fino all’estinzione del debito. Spesso i bambini dimenticavano la famiglia e subivano anche violenze d’ogni sorta dal loro aguzzino picconiere, cui dovevano peraltro baciare le mani all’inizio e alla fine di ogni giornata di lavoro. "Vassia è il mio padrone ed io asseconderò tutti i suoi desideri, perché mi dà il pane per vivere e di questo ne sarò grato per tutta la vita". E la loro vita durò un soffio di vento in quella miniera maledetta dove alcuni rimasero sepolti e, dopo poco tempo, nessuno ricordò neppure il loro nome alla faccia dei diritti dei fanciulli che in quel periodo non esistevano.

 

 

 

 

 

 

 

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