Finito il mio sfogo mi scusai con Don Eduardo per avergli rigurgitato addosso tutto il mio malanimo. Il mio amico mi sorrise bonariamente.

‹‹¡No te disculpes, hermano! Tutto questo sentire che hai nel tuo cuore dipende tutto dalla tua sensibilità di poeta. So che non sarà semplice per te attraversare questo momento di riflessione su te stesso e quello che ti circonda…››

‹‹… e a volte mi sento così vuoto, incapace di sopportare tutto questo. Inutile. A che serve scrivere storie che forse nessuno leggerà mai, per quanto possano essere belle o avvincenti?›› chiesi a Don Savio.

‹‹La domanda è… allora, perché scrivi?››

‹‹Perché in tutto questo caos è l’unica cosa che mi fa star bene, e forse, per comunicare qualcosa all’esterno della mia stanza dove per troppo tempo ho collezionato le mie solitudini. Ma ci sono alcuni giorni che arrivano all’improvviso e mi sembra tutto così effimero e senza senso›› tentai di spiegare al mio amico mentre mi preparavo un’altra sigaretta.

‹‹In cuor tuo conosci già la risposta. Per quanto riguarda i tuoi numerosi quesiti potrei darti delle risposte che però non lo sono, dipende tutto da quello in cui credi›› proseguì Don Eduardo ricaricando la sua pipa.

‹<Ho una formazione cristiana e poi lo sai, ho una mente abbastanza aperta.››

‹‹Ma a volte non riesci a vedere più in là del tuo naso…›› sentenziò l’uomo.

‹‹A quanto pare›› convenni.

‹‹Poco fa hai parlato dei tuoi demoni e questo mi ricorda un passo del Vangelo che parla del “dito di Dio” con cui Gesù scacciò via dei demoni da un ragazzo o una ragazzo, non ricordo; come sue creature in noi splende la sua luce divina, così come lui esorcizzò il ragazzo, così anche noi possiamo allontanare i nostri demoni, le nostre paure, per dare spazio ai nostri sogni e darci il tempo, tutto il tempo per poterli anche vivere. Ora, se non ti dispiace, vieni con me!›› disse Don Eduardo alzandosi dal suo poi e io dietro di lui.

 

Mi portò nella parte anteriore della terrazza del Buenos Aires Café.

Si mise ad osservare il tramonto davanti a noi, lo guardai per un attimo interdetto, mentre continuava a fare nuvole di fumo bianco, poi senza fissarmi disse: ‹‹Guarda!››

Il sole stava calando lentamente spargendo ovunque colori vermigli, accesi e intensi.

‹‹Conosci la storia delle “Dita di Dio”?›› chiese continuando a fissare il tramonto.

‹‹Si! Me l’hai appena raccontata›› dissi volgendomi verso di lui.

‹‹Quello era un racconto biblico. Quello che sto per narrarti ora ha origine dal mio popolo, per così dire, un’antica leggenda›› spiegò Don Eduardo.

‹‹Le chiamano “Le dita di Dio” o anche “carezze”›› iniziò a raccontare ‹‹Sono la manifestazione visibile del divino, funge da messaggio per tutti quegli uomini che credono in loro e nella sua opera e solitamente queste “dita” appaiono dopo una giornata di pioggia o quando il cielo è particolarmente nuvoloso. Quando questi eventi si notano si dice che è Dio che vuole farci sapere che qualcosa di buono o di bello è stato fatto, e quando proprio come in questo momento i raggi filtrano tra le nubi, be’! Quella è la sua carezza›› disse il mio amico.

‹‹Si, ma!›› dissi.

‹‹Ciò che sto per dirti, Juancito, è che nonostante tutto questo Caos come puoi ben vedere nel mondo c’è sempre qualcosa di buono, qualcosa di bello… come le tue poesie›› concluse Don Eduardo.

Mi voltai un’altra volta verso di lui e in quel momento vidi il mio amico irradiare una grande luce, uno di quei raggi stava proiettando proprio su di noi e nel suo volto vi era tanta pace, un sentimento che ora riuscivo a sentire anche io.

Il sole infine scomparve oltre le colline. Eduardo si volse a guardarmi con un dolce sorriso.

‹‹Ricorda Juancito, questo non sarà il primo né l’ultimo momento di smarrimento che avrai nella tua vita, ce ne saranno altri e tutti questi ti serviranno ad essere più forte e a crescere. Per quanto il tempo possa sembrarti ingiusto, ricorda… Tu sei nato per questo tempo, e devi adoperarlo bene.››

Fui infinitamente grato a Don Eduardo per le sue parole che calmarono il mio animo inquieto.

 

‹‹Per oggi hai riflettuto abbastanza, prendi i tuoi quaderni e torna a casa. Riposa, ne hai bisogno. Segui questo mio piccolo consiglio: allontanati per un po’ dalla città, fai un viaggio, immergiti nella Natura e quando sarai lì, prendi un secchio d’acqua e bagna la terra e poi impastala con le mani e ascolta cosa la ha da dirti la Madre Terra. Ora va’ Hermano, e ricorda… Tu sei nato per questo tempo!›› mi  disse salutandomi con una pacca sulle spalle e abbracciandomi.

Presi le mie cose e andai a casa.

 

Santiago Montrés

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