Ritrovarono il mio cadavere sulla riva del fiume Sarno. 
Era stato spinto dalla risacca sulle fangose rive che alimentano i fertili campi dell’entroterra campano.
Il vecchio contadino barbuto fu il primo ad avvistarmi. Il grido acuto che emanò, al macabro spettacolo che offrivo, stonava in modo irritante con il suo aspetto virile.
Tutto sommato, mi sarei aspettato di veder arrivare le autorità locali di lì a poco e diventare l’attrazione del giorno per la folla di curiosi che si sarebbero radunati, convocati dal vecchio bifolco dalla voce da soprano. Con mia grande sorpresa, però, non accorse nessuno.
Passò molto tempo prima che qualcun altro mi degnasse delle sue attenzioni.
Un giovane del luogo in bicicletta percorreva la stradina in terra battuta costeggiante il fiume. Percepì la mia presenza durante quella traversata, ma, immagino, non mi ritenne degno di uno sguardo più approfondito e tirò dritto potenziando la pedalata. La mia carcassa seguitava a degradarsi in solitudine. 
Dopo la lunga notte senza stelle ricevetti un’altra visita. Era una coppia di giovani extracomunitari, probabilmente degli operai sottopagati, incaricati alla raccolta dei finocchi nella campagna adiacente il fiume. Alla vista delle mie membra abbandonate arrestarono il loro incedere, tacquero per un tempo indeterminato, senza accennare il minimo movimento, poi presero a scambiarsi qualche commento, girarono la schiena e tornarono spediti sui loro passi. 
Credo questa fu l’ultima visita della settimana, a cui seguirono almeno tre giorni di totale abbandono. 
Una notte di pioggia, una vecchia automobile ammaccata scelse il mio luogo di residenza, a cui ero ormai costretto, come parcheggio. Immagino che i residenti dell’abitacolo avessero scelto quel tranquillo angolo di mondo per espletare delle incombenze di natura sessuale. Non saprei dire se avessero o meno notato la mia presenza, che pur se innocua avrebbe di certo influito negativamente sull’esecuzione della performance erotica. Certo è che la sosta dei miei nuovi ospiti durò poco. Che fosse stata l’immagine della mia salma a turbare la liaison o uno spiacevole conseguenza dell’eccessiva emozione del partner maschile, il tempo di permanenza esiguo mi lasciò nel dubbio.
Sarebbe un prolungamento smisurato, e di certo tedioso per il lettore, continuare nell’elenco dei vari ricevimenti che si susseguirono nella mia dimora campestre.
Le mie spoglie, pur nella loro immobilità, continuarono a deteriorarsi. Tra i consueti sguardi dei passanti occasionali, i miei resti mortali si integravano sempre più all’umido terreno. 
Finii col congiungermi completamente al suolo florido, a diventare parte del nutrimento per i succulenti frutti della campagna campana. I frutti di cui ora si cibano i cittadini di quel paese. I cittadini, i cui sguardi indifferenti mi destinarono a diventare parte del loro sostentamento futuro.

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