Un cameriere mi piazza davanti una magnifica aragosta adagiata su un letto di insalata. Lo stomaco fa una capriola ma poi mi dico: “Perché no? Mi godrò questo pranzo fino all’ultima maledetta fetta di torta!” e, stranamente, l’aragosta è buona. Anzi, divina.
Dopo poco mi scuso con Paolo e mi avvio verso il cameraman che sta riprendendo parenti sbrodolanti e gatte morte a caccia di mariti. Gli sussurro delle istruzioni e, accertatami che il ragazzo abbia capito, mi dirigo poi verso il dj. Gli mostro il telefono e, dopo poco, il file è stato riversato sul pc di quest’ultimo. Infilo le cuffie e ascolto per pochi istanti. L’audio è perfetto. Svolta questa parte del piano, torno a sedermi: ci sono dei deliziosi asparagi che stanno attendendo di essere gustati.
"Sei felice, amore?"
"Certo, Bea. Abbiamo coronato un sogno che ha fatto la felicità di tutti. Guarda mia madre com’è contenta! A proposito, sono curiosissimo di sapere che sorpresa mi hai fatto!"
"Porta pazienza, Paolo, tutto a suo tempo." concludo enigmatica.
E intanto la giornata prosegue la sua folle corsa verso una catastrofe assicurata. Parlo, ballo, canto, rido, scherzo, mangio e bevo. Mi comporto come un’oca giuliva, ma intanto il mio cervello registra tutto. Ogni sospiro, occhiata, grattata, sussurro, risatina. Nulla mi sfugge.
Il mio bicchiere del vino è costantemente pieno, ma sono ore che bevo solo acqua: per quello che ho in mente, occorre che io sia estremamente lucida. 
Quando mi sento pronta per affrontare la fossa dei leoni, mi alzo e mi dirigo verso la pedana del dj. Con un cenno discreto chiamo anche il cameraman.
Afferro il microfono e, mentre il dj sfuma la musica, sorrido. È arrivato il momento delle rivelazioni:
"Oggi, cari amici e parenti, sarà un giorno memorabile per me e Paolo."
Dal suo posto, Paolo sorride rilassato.
"Sarà davvero memorabile, amici, soprattutto per i miei suoceri, a cui brindo in maniera particolare." e alzo con perfidia il calice verso di loro, che fanno lo stesso.
"Oggi, infatti, sono stati celebrati due matrimoni: uno d’amore e l’altro di ipocrisia."
A quest’ultima parola molta gente aggrotta la fronte.
"D’amore perché io credevo che Paolo mi amasse. Di ipocrisia, perché, dopo otto anni assieme, scopro che non è mai stato così. Pertanto non intendo rimanere sposata per altri cinque minuti con un bugiardo. Potrete venire a ritirare i vostri regali fra 15 giorni, quando tornerò dal mio viaggio di nozze."
Un gelo pesantissimo cala su tutti gli ospiti, mentre la gente si volta a fissare un Paolo incredulo e mortalmente pallido. Sussurri concitati percorrono la sala.
"Voglio condividere con voi quello che ho scoperto poche ore fa. Di cattivo gusto, come le persone che hanno architettato il tutto: i miei suoceri, Paolo e il carissimo amico Luca."
Faccio un cenno al dj, allibito, il quale manda il file.
Luca: "… averlo fatto?E io, allora? Non conto niente per te?!"
Paolo: "Fra noi non cambia assolutamente nulla! Questo matrimonio è una farsa! Sai bene che non mi è mai fregato né di Bea, né di altre donne! Poi come potrei mai amare una con le caviglie grosse e che russa disgustosamente la notte? Tra l’altro a letto è deprimente!"
Luca: "Taci! Come puoi credere che io non soffra quando tu parli di quella tua orribile mogliettina etero?! Quella vecchia stronza di tua madre lo avrebbe accettato se tu solo ti fossi imposto anni fa!"
Paolo: "Non parlare così di mia madre! Te lo proibisco!"
Luca: "È colpa sua se siamo infelici! Quella vecchiaccia malefica mi odia!"
Paolo: "Sai benissimo che i miei sono vecchio stampo!"
Luca: "Certo! Sposarti con Beatrice è giusto! Tutto per l’apparenza, no? Poi, nel tuo privato, mammina ti permette di stare con me! Vecchia ipocrita…"
"Grazie, può bastare così." Faccio fermare il file, mentre in sala la gente è ancora stordita. Paolo ha una mano sugli occhi, mentre i miei mi guardano increduli, per poi fissare, a turno, i genitori di Paolo e, per ultimo, Luca.
"Io e le mie… caviglie grosse ci associamo cordialmente al pensiero di Luca nei confronti della mia ex suocera. Per quanto riguarda te, Paolo, anche tu a letto sei sempre stato una mezza sega, ora capisco il perché."
Le mie parole sferzanti, seppur dette con pacatezza, colpiscono come una mazzata. Il silenzio cristallino viene rotto improvvisamente dallo zio Arturo che, allibito e inferocito, si alza e molla un cazzotto sulla bella faccia di Paolo. Da quel momento si aprono le danze, in senso metaforico. Mia madre afferra la mia ex suocera per capelli e la prende a schiaffi.
Dopo poco il parapiglia diviene generale. Con suprema indifferenza verso i sentimenti altrui, di cui non mi frega molto in questo istante, mi godo lo spettacolo della faccia offesa e sbigottita della mia ex suocera quando mia madre, incitata da zio Arturo, le getta in faccia un bicchiere di vino. Davvero impagabile.
Poi mi incammino verso la stanza messaci a disposizione. La farsa è finita, voglio levarmi di dosso un abito che è stato insudiciato dalle menzogne.
Sto soffrendo? Non precisamente. Ero troppo abituata alla presenza di Paolo, quindi non è che mi si stia dilaniando il cuore. Sotto sotto devo aver sempre saputo che Paolo fosse omosessuale. Non gli ho mai letto passione negli occhi, né quell’urgenza di fondersi con la mia pelle. Non so spiegarmi, ma sentivo che mancava qualcosa.
Cambiata di tutto punto, afferro il mio trolley e mi dirigo verso la sala per sparare l’ultima, perfida cartuccia.
Mmm, niente sangue o coltelli in vista, i camerieri sono stati solerti a far sparire le posate. Peccato. Una forchettata ben assestata sulla mano di mia suocera non mi sarebbe dispiaciuta, ma nella vita non si può avere tutto.
Noto con soddisfazione che Paolo ha un vistoso occhio nero, mentre Luca ha una mascella gonfia. La fidanzata di Luca viene tenuta a distanza, ma se uno sguardo avesse potuto uccidere, Luca sarebbe morto da tempo. La mia ex suocera ha i capelli sfatti e il trucco sbavato, mentre il costosissimo abito in seta è tutto bagnato e macchiato ad altezza seno. Sembra presa da un attacco di lattazione furiosa, tranne che dal suo seno stilla vino, anziché latte. Il padre di Paolo è seduto e si guarda affranto i piedi.
Hanno perso tutto in un attimo: faccia, privacy e sessualità filiale, sbandierata ai quattro venti senza alcuna pietà da quella che credevano essere una nuora perbene.
Sensi di colpa? Niente affatto. Mi hanno preso in giro per otto anni, cazzo. Non mi chiamo certo Madre Teresa di Calcutta io.
Il direttore della sala ricevimenti tenta di calmare gli animi, ancora esagitati. I miei genitori gli stanno parlando concitatamente.
Nessuno mi ha ancora notata, quindi la mia voce tranquilla è come uno sparo nel buio:
"Sarà risarcito di tutti i danni, non si preoccupi. Faccia una stima e gliela mandi. Così come la fattura relativa al pranzo. Quanti eravamo?" fingo di pensarci su, "Centocinquanta o vado errato?" e sorrido glaciale.
I miei ex suoceri, i quali sembrano sul punto di svenire o di avere un infarto, mi guardano quasi con disperazione.
Poi sorrido angelica al direttore: "Potrei avere la torta avanzata? Grazie, era buonissima."
Tutti mi fissano come se fossi un marziano e a me viene quasi da ridere. Quando un cameriere mi porta il vassoio con la torta, mi volto verso il direttore:
"È stato tutto eccellente. Ora devo scappare, sa, fra meno di 24 ore mi aspetta il Kenia."
Così, trolley alla mano, mi avvio verso l’uscita fra un’ala di parenti ammutoliti e che, scommetto, non dimenticheranno mai il mio matrimonio grottesco.
Non mi volto a fissare Paolo o la sua famiglia. La mia vendetta è completa.

 

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