ASSASSINO

 

 

 

 

 

L’uomo uscì dalla doccia e indossò un malandato accappatoio di cotone dal colore indefinito fra azzurro e pervinca, sdrucito in più punti. Non sembrava interessarsi del degrado e dello squallore che lo circondava, continuò ad asciugarsi con un viso serio poco incline al sorriso. Era alto un metro e settantasei centimetri per settantacinque chili di peso ben distribuito su un fisico atletico senza un'ombra di grasso, solo una massa di muscoli sodi su un corpo asciutto e armonioso. Terminata la fase d'asciugatura si guardò intorno. I suoi occhi scuri brillavano sinistri come l’acciaio di una pistola. I movimenti erano lenti, si muoveva scatti e ad ogni movimento dava l’impressione di fermarsi ad ascoltare rumori inesistenti che solo lui sembrava sentire. Era perennemente in allerta, il suo istinto lo rendeva simile ad un animale predatore, un lupo famelico che fiutava l’aria per sentire la vicinanza di una preda. Erano le sette del mattino, si stava preparando per quella che doveva essere una giornata speciale, il giorno tanto atteso. Si guardò allo specchio per gli ultimi controlli, la barba appena fatta, i capelli che aggiustò, con lievi tocchi, con l'ausilio dell’asciugacapelli. Voleva essere perfetto, era un bel ragazzo e lo sapeva, non c’era donna che incontrandolo non esprimeva con gli occhi, lampi d'avidità sessuale. Terminate le operazioni in bagno si trasferì in camera, per la scelta dei vestiti da indossare. L’abitazione dove viveva era composta solo da una camera da letto, la cucina e il bagno, era dislocato nella parte finale di un gruppo di case popolari nel quartiere di Quarto Oggiaro, la sua palazzina era l’ultima e dava direttamente sull’aperta campagna. Aveva scelto lui con cura quell’appartamento per comodità e per riservatezza. Nessuno faceva domande e, tramite la campagna sottostante, c’era una via di fuga sicura. La cucina era, praticamente, un locale inutile, non mangiava mai in casa, del resto non era capace di far niente ai fornelli e poi non aveva tempo, il suo lavoro prevedeva turni impossibili che lo tenevano quasi sempre lontano da casa.

Aprì l’armadio e scelse un completo giovanile e informale, pantalone chiaro tipo jeans e una camicia a maniche corte color terra bruciata. La sua carnagione abbronzata si abbinava perfettamente agli abiti. Diede un'ultima occhiata nello specchio e rimase soddisfatto del risultato. Accennò ad un sorriso che fece comparire una ruga lunga e sottile, una sorta di cicatrice che partendo dall’angolo destro della bocca, saliva fino all’occhio. Questa riga sulla faccia gli tirava il labbro superiore scoprendo un canino candido e appuntito. Il ghigno di iena poteva incutere meno terrore. Uno dei motivi che gli impedivano di sorridere spesso, vederlo in viso in quell’occasione metteva i brividi. Quel taglio gli dava un aspetto diabolico. Distolse lo sguardo dallo specchio. Era pronto! Mancava il dettaglio finale, ciò che avrebbe reso la giornata indimenticabile. Per procurarsi l’oggetto del desiderio aveva preso tutte le precauzioni possibili. Erano trascorsi quasi due anni dal momento in cui si era impossessato di quell’arma. Il passaggio di proprietà doveva perdersi nei meandri della burocrazia. In nessun modo potevano risalire fino a lui.

Era certo che avrebbero indagato in seguito alle azioni, che stava per compiere, l’arma del delitto non poteva essere scoperta e anche se fosse successo lui era stato previdente, nessun legame con lui era dimostrabile. Adesso era finalmente giunto il momento, pregustava il piacere infinito, di poter adoperare quel magnifico esemplare. Quali magnifiche sensazioni lo attendevano, solo il pensiero lo faceva andare in fibrillazione. Maneggiare quella lama così particolare, sentirla fra le mani, gli avrebbe certamente dato brividi di piacere indescrivibili. Era un coltello sacrificale molto antico forse attribuibile ai Maya, erano gli unici che potevano usarlo sui loro altari piramidali. Data la provenienza, era sicuro che quella lama era stata usata per sacrifici umani, a vederlo non sembrava così micidiale, invece era adatto a tagliare di netto una gola, a squarciare il petto della vittima per prenderne il cuore.

Era eccitato nell’avere quel portatore di morte nelle sue mani, ma lo era ancora di più per la consapevolezza di poterlo usare. Oggi era il gran giorno! Avrebbe provato l’ebbrezza della sua prima volta. La prima vittima, il primo sangue! Sentiva già l’adrenalina aumentare vertiginosamente. Sentiva i battiti del cuore galoppare in modo frenetico come una mandria di cavalli selvaggi nella prateria.

Aveva atteso questo momento per due lunghi anni, scalpitando, oggi si compiva il suo destino e anche quello di molte donne che avrebbero avuto la sfortuna di incontrarlo. L’assassino era pronto per entrare in scena.

 

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