Apro gli occhi. So perfettamente dove mi trovo: sono nella mia camera, e al mio fianco c’è Bianca che dorme.
Sono le 5:30. Devo alzarmi: il turno inizia alle sei e non voglio fare tardi. È il mio ultimo giorno di lavoro.

Da domani cambierà tutto.
Ho trovato un nuovo impiego come magazziniere in un supermercato poco distante. Lo stipendio è più basso, certo, ma Bianca mi ha detto di non preoccuparmi.
«Dopotutto, ha detto, ci basta poco per vivere, io ho te e tu hai me e questo basta».

Quella prospettiva mi rallegra in ogni parte del mio essere.
Stasera andremo in un ristorante per festeggiare. E quando torneremo… faremo l’amore come quando eravamo giovani.
La vita, a volte, sa essere  dolce.
E io ho deciso di lasciarmi andare.

Prima di uscire mi chino e la bacio sulla fronte.
Vorrei svegliarla, dirle quanto sono felice. Dirle quanto le voglio bene.
Ma è meglio di no.
Stasera avrò tutto il tempo per parlarle, per baciarla, per amarla.

Fuori è ancora inverno pieno. La brina imbianca ogni cosa, rendendo il paesaggio immacolato.



 

Arrivo nel parcheggio, scendo dall’auto e mi reco nello spogliatoio per cambiarmi.
Sono pronto. Posso iniziare.

Si comincia con un toro. Un animale possente, fiero.
Lo faccio entrare nel box per immobilizzarlo prima dello stordimento.
Eseguo meccanicamente tutte le operazioni necessarie per chiudere il box.
L’esperienza di una vita non mi fa esitare.

Ho finito. Eppure dentro di me sento che qualcosa non è andato come al solito.
La mia mente, abbagliata dalla felicità imminente, ha commesso un errore…
Sì, un errore. Di poco conto, forse.
Un chiavistello non chiuso bene.
Cosa potrà mai significare un errore così insignificante?

Eppure, qualcosa in me urla di stare attento.
Mi volto.
Il toro è libero.
Mi piomba addosso.

Le sue corna penetrano nelle mie viscere  con violenza, senza pietà.
Mi sbatte contro le pareti del box, furioso.
Con la coda dell’occhio vedo i miei colleghi che si avventano sull’animale, lo colpiscono in più punti.

Cado.
Il mio corpo si abbatte sul pavimento.
Dalla bocca esce un fiotto di sangue.
Dal ventre esce altro sangue, formando una calda pozzanghera intorno a me.

Sono steso, il viso rivolto verso l’alto.
Guardo il soffitto: la struttura metallica.
Che strano… dopo tanti anni in quel luogo, non ci avevo mai fatto caso.

Poi, vedo il volto di Bianca.
Mi sorride e dice:
«Amore, non fare tardi stasera. Ricordati, dobbiamo festeggiare.»

Mi si stringe il cuore.
Scusami, Bianca.
Non tornerò. Né stasera, né mai.
Scusami, tesoro, se ti lascio sola.

La confusione attorno a me sembra placarsi.
La concitazione lascia spazio a una pace innaturale.
Vedo i miei colleghi chinarsi su di me. Parlano, urlano. Qualcuno piange.
Ma non comprendo più il senso delle loro parole.
È come se mi trovassi altrove.

Volto lentamente il viso di lato.

Non distante da me giace il toro, anche lui ferito a morte.
Mi guarda.

È uno sguardo che conosco.
Lo stesso che ho visto tante volte.
Uno sguardo che, a poco a poco, ha reso la mia vita un inferno.

Non c’è odio nei suoi occhi.
Né rabbia.
Solo una comprensione profonda della vita che nessun essere umano potrà mai eguagliare.

Accettazione di un destino.

Questo ultimo viaggio lo faremo insieme.
Finalmente, fratelli. 

Nella morte.


 

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