L'ispettrice fece accomodare i genitori di Giulia.

"Vostra figlia sta bene” cominciò, "ha chiesto di voi. È molto scossa ma sta bene”.

Raccontò loro la tragedia. Aggiunse che "il marito è in fermo di polizia in attesa del giudice”.

Accennò alla famiglia dell'avvocato che era in un'altra parte della questura per evitare incontri.

"Giulia è stata sentita per i suoi rapporti con l'avvocato”. E concluse "È stata imbottita di sedativi, la paura è che voglia farsi del male. Siate molto cauti ed evitate di parlare dei fatti di oggi."

I due poveri genitori erano pallidi, ammutoliti, storditi. "Vogliamo vederla! Dov'è? Possiamo portarla a casa?”.

L'ispettrice li guidò nella stanza dove su un divano stava seduta Giulia.

"Bambina mia!” Gridò la mamma e gli corse incontro stringendola al petto. La baciò sul viso mentre suo padre la accarezzava.

"Sto male mamma. Sono distrutta. Portatemi a casa ho voglia di piangere e vomitare".

Piangeva e tremava, aveva la febbre. Era sotto shock.

 

I giorni passarono lentamente. Giulia cominciò a capire la dimensione della sua tragedia. L'omicidio, il marito, la famiglia dell’avvocato distrutta, la propria vita distrutta, il lavoro perso, la casa odiata.

"Perché non ha ucciso me? Mi avrebbe risparmiato tutta questa sofferenza" ripeteva tra sé.

Del marito non voleva sapere nulla. Il giudice aveva confermato la misura cautelare.

Non tornò nella casa coniugale neanche con la madre. Voleva che quella casa sparisse. Basta!

Carla era l'unica amica che vedeva.

"Mi farebbe piacere passare qualche giorno nella vostra casa in montagna per allontanarmi. Però con te, non voglio stare sola, o almeno non del tutto sola.”

Carla fu subito felice di stare vicino all'amica. Si sarebbe buttata nel fuoco per Giulia. Si conoscevano dalle superiori dove erano state compagne di banco tutti gli anni. Avevano anche condiviso qualche ragazzo.

Le due donne dopo qualche giorno partirono con la macchina di Carla. Si fermarono a fare la spesa, arrivarono e aprirono la casa.

"Grazie per tutto quello che fai per me. Sono stanca. Quando sono nella vecchia camera dai miei genitori vivo la rabbia e la frustrazione del mio fallimento. Sono molto preoccupata del futuro. Ci sono stati momenti in cui avrei chiuso la vita volentieri. La notte non dormo. Spero che questa aria fresca mi calmi. Ho bisogno di piccole cose, di riprendere la mia vita per mano.”

Carla rispose "Non ti preoccupare. Lascia stare i problemi lascia perdere tutto, alleggerisci il tuo animo. Cercherò di non disturbarti la casa è grande. Ma sono qui con te” e con un gesto leggero accennò una carezza al viso di lei.

Il giorno dopo Giulia chiese se aveva delle matite e della carta. Disegnare era una sua grande passione. Le era servita nel passato anche per riprendere fiato da un amore fallito. Si mise in terrazza a disegnare.

La mattina successiva a colazione tra una chiacchiera e l'altra propose a Carla se voleva farle da modella. Certo! Le faceva proprio piacere. Cominciarono subito. Giulia le chiese di mettersi in posa su una sedia, posizionò il corpo di lei. Le piacevano gli occhi di Carla.

Lavorò per un'oretta forse di più, aveva cominciato con gli occhi, poi qualche cenno del collo. Per cominciare a centrare il ritratto. Si fermò. Guardò la sua modella attentamente come cercasse qualcosa. Si avvicinò a Carla per sistemare un lembo di stoffa, una ciocca di capelli fuori posto. La guardò intensamente. Improvvisamente si chinò sulla bocca di lei e la bació.

Dopo un attimo di incertezza Carla corrispose.

 

 

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