Un eroe dei nostri tempi
Il capello impomatato, il baffetto curato, il viso sempre ben rasato, il vestito nero d'ordinanza, la scarpa lucida e appuntita.
Aveva fatto per trent'anni il becchino alle dipendenze della ditta di pompe funebri “Defunti e contenti”.
Demofilo Piacioni aveva visto passare dal suo luogo di lavoro padri e figli, mogli e amanti; sindaci e giunte; mode passeggere e costumi ancestrali; rabbie antiche e nuovi appetiti; slogan di lotta e slang aziendali; perenni devozioni e diuturne raccomandazioni; amori eterni e corna diffuse.
Tutto senza mai fare una piega.
Poi si era stufato.
Ed era diventato influencer.
Legioni di followers lo avevano acclamato, a like unificati, loro idolo e lo imitavano in tutto, a partire dal dress code: i social erano stati inondati da selfie e reel di gente che sembrava un incrocio tra un dandy e Rosario Chiarchiaro, lo jettatore di Pirandello.
Ma Piacioni si era portato nella sua nuova vita un segreto della precedente, che gli procurava notti insonni e attacchi di panico.
Un giorno, in cerca di pace, era andato al cimitero a godersi un'estumulazione.
Gli si avvicinò un ragazzo mingherlino e con le lentiggini.
Gli sibilò: so come è morta mia nonna. So di chi è la colpa.
Piacioni prima sussultò, subito dopo ebbe un balzo felino all'indietro.
Finì in una tomba aperta.
Lo spuntone di roccia tagliente che sporgeva dal loculo si tinse prima del nero della tintura per capelli “Lenipelo”: Demofilo usava tutta la linea di quella marca. Subito dopo, di rosso vermiglio.
Il giorno dopo il titolo Lenipelo, in borsa, fu sospeso per eccesso di rialzo.
Stefano Palmisano