La casa era ormai svuotata dal caos dei pacchi incartati, l’uno sull’altro.
Le mura ingiallite dal fumo sparso in quelle camere per anni, era ormai tutto ciò che restava del pugno di ricordi che la perseguitava;
solo un letto sul pavimento, senza lenzuola. Ultimo sforzo da portar via. 
Ma non fu semplice, perché una morsa le prese la gola, e appoggiò le spalle sulla porta della stanza fissando il nido di quella che un tempo fu la sua felicità.
Flash continui di lui, con i suoi capelli dorati, travolto dalle lenzuola di seta che lei aveva sempre cura di fargli trovare.
Una lama incandescente le trafisse all’altezza dello stomaco, e si piegò scivolando fino a terra, seguendo la scia della sua schiena incollata al piano verticale. 
D’improvviso il colore degli occhi verde vivido la travolse, e iniziò a rivivere tutte le scene che con cura cercò negli anni di dimenticare; giochi di mani, gambe, e labbra in un continuo ricercarsi disperato. 
Le notti bianche trascorse a guardarsi, e assaporarsi senza tregua, sfociate in albe che non portarono mai al sonno, rendendo le ore successive un susseguirsi di tempo immortale da vivere.
Il continuo assicurarsi di esserci, l’un l’altra, ritrovarsi a casa.
E di nuovo su quel letto, custode di passioni ardenti ormai perdute. 
Guardò fuori dalla finestra, cercando di comprendere la piega del raggio di sole, e la luce illuminò come unico oggetto, quel materasso il cui smaltimento restò per ultimo: il più difficile. 
Mancava poco all’uscita definitiva da quella casa, e lei scelse di restare ancora seduta di fronte all’oggetto cosi pregno di umanità. 
L’odore della pelle dell’amato la inondava fin dentro le narici, e toccandosi leggermente le braccia, ricordò tutti i morsi dati, per potersi confermare materialmente quell’unione che avveniva quando l’uno restava dentro l’altra. 
Fu soltanto quando il crepuscolo iniziò a modificare la scena dai toni chiari a quelli scuri, che ella nel silenzio di un interno sera, intonò a voce flebile le strofe di una canzone: 

“Io posso scordarti
passando le ore a contarmi le dita
Mi posso stancare
e arrivare alla notte più morta che viva
e poi nel mio letto confondere i sogni nel rosso del vino
Ce la farò a non soffrire più
a non parlare più da sola
Ce la farò a non pensare a te
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