Il museo era un edificio coloniale bianco, in Avenida Bolivar, costruito su un’antica piramide del VII secolo. Seguimmo Florentia tra le sale, mentre spiegava: “La vasta collezione, definita a carattere erotico, limitatamente, rappresenta la compenetrazione nella vita del dualismo non solo sessuale. L’attrazione di forze opposte e complementari volte alla rigenerazione della vita. Ci sono manufatti che rappresentano atti sessuali tra uomini e donne, ma anche con le divinità e i morti. La donna è plasmata come ricevente generatrice di fluidi e creatrice, nell’atto di essere fecondata, di partorire e nutrire. L’uomo è, invece, colui che trasmette proiettando la sua virilità. Non solo. Vi sono anche atti sessuali che non portano alla procreazione, lascio a voi immaginare quali, che simbolicamente collegano il mondo dei vivi a quello dei morti. I vasi e i recipienti sono ironiche raffigurazioni erotiche. Alcuni sono grossi falli e chi beve è costretto a introdursi in bocca il glande”. 

 

Florentia, poi, ci riassunse: “Eusebio il vice direttore del museo sono giorni che si trova sul luogo dell’importante ritrovamento che vi ha condotto qui. Le sue ricerche sono giunte ad una sbalorditiva conclusione paragonabile, forse, allo sbarco dell’uomo sulla Luna. Non ha voluto anticiparmi alcunché”.

Il fuoristrada saliva un impervio e sconnesso tracciato lasciando dietro di se una ampia nuvola di polvere. 

Il sito era all’interno di una grotta all’apice di una collina appuntita e arida che dominava l’oasi di Huacachina. 

Alcune tende offrivano ombra ai ricercatori. Il cielo stava rischiarando. L’autoveicolo si arrestò. Prima di scendere attendemmo che la polvere sollevata diminuisse. Eusebio ci accolse. Era alto, magro, guance incavate, ma sorriso schietto e sguardo vivace. Aveva l’aspetto di uno sciamano. Terminate le presentazioni ci illustrò la scoperta mostrandoci le fotografie. 

“La grotta si è rivelata a causa dell'aridità che da secoli grava la zona. Un lama avventuratosi in cerca di cibo ha causato una frana che ha liberato l’accesso all'anfratto. Il suo pastore che era nei pressi si è addentrato e quando ha visto l’interno ci ha subito informati. È una scoperta incredibile. Ne converrete”. 

Indossato un caschetto con torcia ci addentrammo nello stretto cunicolo. Lo sbalzo di temperatura era notevole. Terminato il passaggio in quel pertugio ci trovammo in un’ampia sala circolare con volta a cupola. L'illuminazione era fornita da un gruppo elettrogeno esterno alimentato da energia solare. Le luci poste lungo il perimetro illuminavano manufatti in ceramica rappresentanti atti sessuali, simili a quelli esposti nel museo. Eusebio volse la nostra attenzione ad alcune incisioni sulla roccia che resero mute le nostre bocche, pietrificate. Vi erano tracciate una stella di David, una chakana, un giglio, un’ape, un puma e un segno ondivago.
Il ciondolo che avevo al collo iniziò a vibrare.
 

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