L’aereo atterrò all’aereoporto Chávez di Lima il 27 settembre. Attirò la nostra attenzione una gigantografia in bianco e nero che rappresentava un aviatore a bordo di un monoplano. Sotto l'immagine si leggeva: “1887 – 1910 Cade, con la sua grande anima sola sempre salendo. Ed ora sì, che vola! G. Pascoli” .
Tra coloro che attendevano, una donna, in abiti eleganti, sorreggeva un vistoso cartello con la scritta “CERAMICA”. Era per noi. Florentia, questo il suo nome, era la direttrice del museo Larco. Parlava un fluente italiano spagnoleggiante che mi sollevava i peli della nuca. La sua pronuncia mi provocava lo stesso effetto della cadenza francese su Gomez Addams. 

Deborah mi colpì con un calcio allo stinco destro mentre le porgevo la mano. 

Prima di uscire dal terminal dovevamo soddisfare la curiosità relativa a Giovanni Pascoli. 

Florentia sorrise e iniziò: “L’aereoporto è dedicato ad un temerario aviatore peruviano Jorge Chávez, detto Geo, il quale a bordo di un monoplano Bleriot, la cui riproduzione è lì sospesa” – indicò – “trasvolò per primo le Alpi. Si iscrisse al Gran Premio della attraversata istituito dal Circuito Aereo Internazionale di Milano. Il percorso prevedeva la partenza da Briga in Svizzera con arrivo a Milano. Premio in palio centomila lire. Dei cinque partecipanti, decollò lui solo il 23 settembre 1910, sorvolò il Sempione e, mutando rotta da quella stabilita, imboccò la gola verso Gondo. Sopra Domodossola, probabilmente, a causa delle sollecitazioni subite, le ali si richiusero all’indietro sulla carlinga e l’aereo si schiantò al suolo. Il pilota fu estratto vivo, ma morì il 27 settembre 1910. Aveva 23 anni. Pur non completando il percorso fu il primo al mondo a sorvolare le Alpi. Pascoli lo celebrò come un eroe dell’aviazione. Proprio oggi sono trascorsi 112 anni dalla morte”. 

Il racconto ci affascinò non poco. 

Il cielo, come sempre grigio, ci accompagnò sino al piccolo hotel ove si fermò il taxi. L'insegna era costituita da tre gigli bottonati rossi: due più piccoli ai lati uno più grande al centro. Florentia ci salutò ricordandoci l’appuntamento al museo per il mattino seguente.

 

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