Ci ricorderemo del 1° ottobre 2022.

Sarà il primo giorno di ritrovata libertà dalle mascherine, chirurgiche e non, che ci hanno tenuto compagnia per più di due anni.

Cade l’ultimo baluardo tra il nostro respiro e quello di chi abbiamo vicino.

Nei teatri, nei cinema, nelle sale da ballo, negli uffici pubblici, ovunque era già così, restava l’obbligo sui mezzi pubblici e nei luoghi di cura e luoghi assimilati ad essi.

Eccetto che in questi ultimi, per i quali l’obbligo sarà prolungato fino a fine anno, cade quindi il tabù anche sui mezzi pubblici e io, sarò “libera” – e quante volte si è parlato di libertà nei due anni trascorsi! – anche sull’autobus, sul treno, sul tram.

Libera di confondere il mio fiato con quello di molte altre persone.

Sarò libera.

Sarò.

Libera.

Ma io ho sempre associato le parole “libera” o “libertà” ad un senso di leggerezza, di respiro largo, di spazio immenso.

Resto perciò perplessa nell’immaginarmi leggera, con i polmoni pieni di aria, persa in uno spazio immenso, mentre compressa tra un viaggiatore ed un altro, cerco di guadagnarmi un posticino in piedi, sull’autobus o in treno, nel tragitto quotidiano casa-lavoro-casa.

E penso che forse abbiamo abusato della parola “libertà”. Perché stavamo combattendo contro un nemico, il Coronavirus, che di certo se ne fregava altamente delle nostre proteste e dei nostri aneliti di “libertà”. 

Colpiva e basta.

E se non ci ha sconfitto, pur lasciando sul campo di battaglia un numero spaventoso di morti, lo dobbiamo anche a quell’odiato triangolino che ci ha coperto naso e bocca e che ci ha accompagnato per tutto questo tempo.

E allora credo lo porterò in tasca, in borsa, ancora per un po’. Qualcuno penserà che io sia ipocondriaca, qualcun altro che sono strana, magari anche un po’ pazza o stupida, chissà. 

Ma voglio sentirmi “libera” di poterlo fare, così, quando scenderò da un qualsiasi mezzo pubblico, respirerò profondamente e mi sentirò leggera, persa in uno spazio immenso… 

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