L'uomo con il riporto e la cravatta animata che Nisticò aveva di fronte avrebbe potuto dare un senso alla sua scelta di rinunciare a tutto ciò che aveva costruito fino allora, lontano, e di tornare per ricominciare da zero. O meglio, di ricominciare da zero pur di tornare.
“La città in una luce nuova”: era il titolo del concorso del Comune per progetti di sostenibilità.
Aveva partecipato anche lui, l'architetto Franco Nisticò.
“Anzitutto, assessore La Cagnotta, vorrei ringraziarla per avermi ricevuto...”, esordì Nisticò.
“Preco, caro ciovane, preco. Teve rincraziare la mia collaboratrice, la tottoressa Barozzi, qui presende, che mi ha segnalato il suo procetto molto inderessande.”
Emblema di un rapporto di collaborazione istituzionale molto stretto, la mano dell'assessore planò sulla zona lombo - sacrale della dottoressa Carolina Barozzi, segretaria particolare dell'uomo di governo, provocando un leggero rossore sulle guance di questa, peraltro rimasto privo di apprezzabili conseguenze sull'arto assessorile.
“Allora, qual è il vostro currilucum vita?”, gli chiese l'assessore.
Nisticò rimase serio e iniziò a rispondere: “certo! Mi sono laureato al Politecnico di Milano con il massimo dei voti...”
Lo sguardo della dottoressa Barozzi incrociò quello di Nisticò, per qualche secondo di troppo.
“Ho frequentato un master all’università di Mainz...”
“Bravo, bravo..”, lo bloccò l'uomo, “ma io ho detto il currilucum vita: a chi appartenete? Non conoscete il latino?”
La faccia della donna cercò un rifugio dove chiedere asilo politico.
L'architetto aveva fatto il liceo classico, il latino lo conosceva; tradusse anche quello in versione assessorile.
Significava che il sogno del ritorno si era già infranto.
S. P.